Presto mancherà l’acqua per produrre energia da fossili e nucleare

Gli impianti a carbone, gas e le centrali nucleari utilizzano enormi volumi d’acqua dolce per il raffreddamento. Ma entro il 2030 l’aumento delle temperature e la siccità li renderanno indisponibili

acqua

 

L’acqua per raffreddare le centrali fossili sarà indisponibile nel 2030

 

(Rinnovabili.it) – Ad accelerare la chiusura delle centrali a carbone, a gas e degli impianti nucleari saranno gli stessi effetti del cambiamento climatico che il modello energetico basato sui combustibili fossili ha contribuito a generare. Secondo una nuova ricerca pubblicata dall’Università di Leiden su Nature Energy, la produzione elettrica europea potrebbe subire gravi intoppi proprio a causa dei cambiamenti strutturali che siccità e riscaldamento globale stanno provocando nelle risorse idriche.

Questi impianti, infatti, utilizzano quantità significative di acqua dolce per il raffreddamento, basti pensare che una centrale a gas di grandi dimensioni può consumare una piscina olimpionica al minuto. Se una tale mole d’acqua diventa indisponibile o se risulta troppo calda, la produzione elettrica deve essere ridotta o cessare completamente. Le notizie che circolano in Italia in questi giorni, ma che coinvolgono tutta la fascia mediterranea dell’Europa, tracciano un quadro preoccupante, nel quale la riduzione delle risorse idriche e l’aumento delle ondate di caldo estreme saranno un problema con cui fare i conti regolarmente durante i periodi estivi. Ciò significa che la pressione sui sistemi elettrici non potrà che aumentare: se non si investe rapidamente denaro nella transizione verso le rinnovabili, sarà impossibile tappare tutti i buchi che gli impianti fossili lasceranno quando saranno costretti a diminuire o cessare la produzione per l’impossibilità di utilizzare l’acqua. Tradotto, i blackout che siamo abituati a considerare un problema strutturale del cosiddetto “terzo mondo”, potrebbero colpire anche casa nostra.

 

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I ricercatori dell’Università di Leiden hanno analizzato oltre 1.300 centrali elettriche, prelevando acqua da 818 bacini idrici. Lo studio ha dimostrato che il numero di regioni con una rete elettrica vulnerabile a causa dell’alta dipendenza dalla disponibilità dell’acqua aumenterà sensibilmente entro il 2030. Neanche a dirlo, le aree più a rischio di carenze idriche si trovano principalmente nella fascia mediterranea e particolarmente in Spagna, Italia, Francia meridionale e Grecia. Tuttavia, anche le aree lungo il Reno in Germania, così come Bulgaria e Polonia, dovranno far fronte ad un peggioramento della situazione.

L’unica soluzione, per gli esperti, è ridurre la dipendenza dall’acqua per la produzione elettrica. E questo si può fare soltanto con una chiusura degli impianti vecchi e inquinanti, per sostituirli con fonti rinnovabili. Altre vie non ce ne sono: soluzioni soft non ne esistono più.

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3 Commenti

  1. Quanta energia sprecata per raffreddare una macchina che, volendo, potrebbe produrre calore (oltre che elettricità). Invece inquinano termicamente le acque per “comodità”.
    La produzione diventerà, per forza di cose, sempre più rinnovabile e distribuita.

  2. Infatti, basta investire danaro nella desalinizzazione dell’acqua marina creando le adeguate infrastrutture come hannno dimostrato 2 premi nobel dell’Università di Manchester utilizzando il grafene…..in questo modo si risolve anche il problema della siccità……

  3. Analisi sbagliata, anzi sbagliatissima, le centrali a gas di nuova generazione, CCGT greenfield non usano acqua per il raffreddamento ma aria. I fossili sono e saranno necessari per il backup della rete, usciranno i carboni più inquinanti e i gruppi a gas più obsoleti verranno sostituiti con nuovi più efficienti. Smart grid, demand site, vettore elettrico, efficienza, autoproduzione, capacity market, storage, decarbonizzazione sono il futuro e lo stiamo costruendo in questi anni.

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