I Sioux hanno vinto: bloccato il Dakota Access

Il Genio militare degli Stati Uniti ha negato il permesso di far passare su alcuni terreni di sua proprietà l’ultimo tratto del DAPL, megaprogetto da 4 miliardi di dollari

I Sioux hanno vinto: bloccato il Dakota Access

 

(Rinnovabili.it) – Il Genio militare degli Stati Uniti ha negato il permesso di far passare su alcuni terreni di sua proprietà l’ultimo tratto dell’oleodotto Dakota Access. Una decisione che consegna una vittoria insperata al movimento di protesta contro il megaprogetto quasi ultimato. Più di 1800 km del DAPL sono già stati posati: manca soltanto un breve ma importante tratto, quello che doveva correre sotto il lago Oahe, bacino idrico formato da una diga sul fiume Missouri. Ma i militari per il momento sembrano irremovibili.

Proprio su quel lago si erano concentrate le proteste nell’ultimo periodo. D’altronde è la tutela dell’acqua pubblica uno dei temi centrali del movimento ambientalista nato attorno alla tribù Sioux Standing Rock, che in 6 mesi ha richiamato attivisti da tutto il paese e non solo, fino a coinvolgere persino alcune migliaia di veterani dell’esercito americano. Secondo gli Standing Rock la pipeline rischia di inquinare irrimediabilmente le acque da cui dipendono i circa 8.000 membri della tribù e milioni di altri cittadini americani che abitano più a valle, oltre la riserva. Inoltre la tribù afferma che l’oleodotto attraversa terre che considera sacre e vìola quindi il National Historic Preservation Act.

 

I Sioux hanno vinto: bloccato il Dakota AccessCosa succederà adesso? Una delle ipotesi sul tavolo è la modifica del percorso del Dakota Access, ma la compagnia che lo gestisce, Energy Transfer, pare non sentire da questo orecchio. Eppure in passato non ha avuto problemi a modificare il percorso del DAPL. Il piano originale infatti prevedeva che l’oleodotto passasse vicino alla città di Bismarck, ma le proteste degli abitanti (dove le minoranze sono meno dell’8% della popolazione) avevano presto convinto l’azienda a cambiare idea. E l’oleodotto è stato spostato a ridosso della riserva dei nativi americani, da cui probabilmente non si aspettava una reazione così organizzata.

La vittoria di oggi resta comunque fragile. La settimana scorsa, infatti, il presidente eletto Donald Trump ha espresso per la prima volta il suo supporto per il progetto (in palese conflitto di interessi, visto che ha investito centinaia di migliaia di dollari in Energy Transfer la quale, in cambio, ha finanziato la sua campagna elettorale). Energy Transfer poi potrebbe ricorrere in tribunale e cercare di invalidare la decisione dell’esercito per vie legali. E le proteste potrebbero non bastare più: le autorità infatti hanno il mandato di sgomberare il campo base, cuore delle manifestazioni e presidio permanente fin da aprile.

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