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Buona fortuna, amata Terra

trump

 

Da poche ore si è insediato il 45° Presidente degli Stati Uniti: Donald Trump.

Sono tante le particolarità dell’uomo “politico”, particolarità che abbiamo imparato a conoscere lentamente nel corso della sua lunga e infuocata campagna elettorale. Posizioni irripetibili e spregiudicate che farebbero tentennare i politici più navigati: sull’assistenza sanitaria, sulla concezione delle donne e del sesso, su internet, sui mussulmani, sulle origini e sulla fede di Obama, sul muro con il Messico, sui disabili.

 

Ma la posizione davvero più insostenibile è quella sulla negazione dei cambiamenti climatici. Poca importa cosa pensa il 97% della comunità scientifica internazionale, o le posizioni di centinaia di governi dislocati in tutti i continenti: per lui quella del climate change è, come letteralmente leggiamo in un suo tweet del 2014 “una stronzata che deve essere fermata, il pianeta sta congelando, le temperature sono ai minimi storici”. E se qualcuno è interessato a conoscere cosa ci sia, sempre sulla base della teoria Trumpiana, all’origine di questa invenzione, potrà leggere, in un altro tweet del neo Presidente, che il climate change è stato inventato dai cinesi per colpire la produzione industriale statunitense.

 

La Clinton aveva sostenuto con forza la necessità di ridurre l’impatto delle attività umane sul clima attraverso un massiccio investimento nelle energie rinnovabili, confermando gli obiettivi già fissati da Obama: tagliare, rispetto al 2005, le emissioni di gas serra del 30% entro il 2030 e di più dell’80% entro il 2050.

La risposta di Trump?
Un attacco frontale alle energie rinnovabili. Secondo lui l’energia pulita è “Un crimine contro l’umanità”. I parchi eolici, ad esempio, sarebbero “disgustosi” e pericolosi per la salute delle persone, “una piaga per le comunità e la fauna selvatica”. In alternativa propone di incentivare l’uso delle energie fossili. Sempre nell’ambito della sua campagna elettorale, il neopresidente ha promesso di abolire il Clean Power Act, il Piano di Obama che impone di ridurre le emissioni alle centrali elettriche americane ed ha liquidato l’accordo di Parigi, già firmato dagli USA e da altri 159 Paesi, come “una delle cose più stupide che abbia mai sentito nella storia della politica”. Come principale propulsione allo sviluppo industriale statunitense, invece, il neopresidente ha indicato lo sviluppo dell’industria petrolifera e l’incremento di tutte le fonti energetiche fossili. Insomma nell’epoca in cui assistiamo ad una frenetica corsa allo sviluppo tecnologico di forme alternative di produzione e conservazione di energia a basso impatto, una brusca inversione ad U della politica ambientale del più grande inquinatore del mondo appare un grande pericolo per il pianeta.

 

Il centro di ricerca indipendente Lux Research ha ipotizzato che se Trump metterà in pratica le sue politiche energetiche, le emissioni degli USA invece di diminuire – come imporrebbe l’accordo di Parigi già siglato – aumenteranno del 16% entro il 2024, cioè la stessa quantità di CO2 emessa, nello stesso periodo, da un’intera nazione come l’Ucraina.
A riprova della profondità delle posizioni presidenziali sulle questioni ambientali è il cambio di direzione annunciato, a sorpresa, in una recente sua intervista rilasciata al New York Times. Forse, in quell’occasione, qualche suo collaboratore di staff ha improvvisato una rapida ricerca sulla rete scoprendo che le teorie “fai da te” del suo capo erano un po’ troppo originali e quindi politicamente pericolose. Quindi, in quell’intervista, Trump ha ammorbidito le sue posizioni sul clima e sul riscaldamento globale. Intervistato, poi, sul legame tra l’attività umana ed il riscaldamento globale, il Presidente ha timidamente ammesso: “Penso che ci sia una qualche connessione” e sull’Accordo di Parigi, dopo aver promesso in campagna elettorale che avrebbe addirittura ritirato la firma di Washington, cambia posizione affermando “Lo sto studiando molto da vicino”. Nelle stesse ore, però, minacciava di tagliare i finanziamenti al dipartimento della Nasa che fa ricerca sui cambiamenti climatici, uno dei poli di eccellenza mondiale in questo ambito. Dal 2017, quindi, la divisione Scienze Terrestri della Nasa potrebbe essere costretta a chiudere i battenti.

 

Insomma dopo un lungo e faticoso percorso delle diplomazie internazionali, percorso che ha portato ad una presa di coscienza condivisa sulle emergenze ambientali del pianeta ed alla conseguente necessità di una rapida transizione energetica, la miopia del nuovo timoniere della più grande potenza del mondo ci spaventa, e ci fa prevedere un dietro front di decine di anni. La speranza è che la pressione della comunità internazionale da una parte, e la convenienza delle nuove tecnologie energetiche dall’altra, possa ammorbidire le politiche ambientali di Trump. E’ un augurio che facciamo a nome del nostro amatissimo pianeta.

Buon lavoro Presidente.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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