Cambiamento climatico: le aziende che non si adattano sono destinate a fallire

Secondo il governatore della Banca d’Inghilterra “la necessità di raggiungere emissioni nette pari a zero arriva in un momento in cui è necessario anche un forte aumento degli investimenti a livello globale”

cambiamento climatico
Credit: Marco Verch (Creative Commons 2.0.)

Investire nell’adattamento climatico è per le aziende l’unica soluzione per garantirsi una crescita futura. Chi rimane indietro è destinato a chiudere

(Rinnovabili.it) – Necessario a ridurre concretamente i rischi derivanti dalla crisi ambientale, l’adattamento climatico e, in generale, qualsiasi azione per il clima, si dimostra  fondamentale anche alla crescita economica globale. La “teoria”, già sostenuta, tra gli altri, dalla Global Commission on Adaptation – che recentemente ha pubblicato un approfondito report contenente gli investimenti necessari e conseguenti ritorni economici – è ora confermata anche dal governatore della Banca d’Inghilterra Mark Carney, secondo il quale le aziende e le industrie che non si stanno muovendo verso la transizione energetica ed il raggiungimento dell’obbiettivo delle emissioni zero sono inevitabilmente destinate al fallimento.

 

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Ci saranno industrie, settori e aziende – ha spiegato Carney in un’intervista rilasciata al The Guardian – che faranno molto bene durante questo processo perché saranno parte della soluzione. Ma ci saranno anche quelle che resteranno indietro. E le aziende che non si adatteranno – ha sottolineato Carney – finiranno in bancarotta, senza dubbio alcuno”. Lungi dal danneggiare l’economia globale, l’azione per il clima sostiene, al contrario, la crescita economica: “la necessità di raggiungere emissioni nette pari a zero – ha spiegato Carney – arriva in un momento in cui è necessario anche un forte aumento degli investimenti a livello globale per accelerare il ritmo della crescita e contribuire all’aumento dei tassi di interesse globali. È l’unica soluzione per farci uscire da questa trappola a bassa crescita e basso tasso di interesse in cui ci troviamo oggi”.

 

 

Il rischio fallimento vale ovviamente sia per le aziende che per i loro investitori e finanziatori: Carney porta ad esempio le compagnie carboniere statunitensi – che già hanno perso il 90% del loro valore  e il rischio concreto corso dalle banche che vi hanno investito: ”proprio come in qualsiasi altro grande cambiamento strutturale – ha ammonito il governatore della Banca d’Inghilterra – le banche sovraesposte in settori ormai al tramonto subiranno gravi conseguenze”. Come a dire: se aziende ed imprese non lo vogliono fare per il pianeta, lo facciano almeno per l’economia globale ed i loro propri interessi perché – ha eloquentemente chiosato Carney citando l’amministratore delegato di Morgan Stanley James Gorman – “se non avremo più un pianeta, non avremo nemmeno più un sistema finanziario”.

 

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