ONU: “è illegale rimpatriare i rifugiati climatici”

Il gilbertese Ioane Teitiota perde il ricorso contro la Nuova Zelanda a cui nel 2013 aveva chiesto protezione, due anni più tardi rigettata. Ma nella sentenza del Comitato per i diritti umani delle Nazioni Unite c’è una svolta storica

rifugiati climatici
By Photo taken by Government of Kiribati employee in the course of their work – Government of Kiribati, CC BY 3.0, Link

Sentenza storica per il futuro dei rifugiati climatici

(Rinnovabili.it) – Le persone in fuga dagli effetti della crisi climatica non possono essere costrette a tornare a casa dai loro Paesi adottivi. Ad affermarlo è una sentenza delle Nazioni Unite che per la prima volta chiarisce un punto importante nell’ambito del diritto internazionale e dei rifugiati climatici. Una svolta importante ma che per essere capita fino in fondo ha bisogno di un po’ di contesto.

La dichiarazione è parte del pronunciamento del Comitato per i Diritti Umani dell’ONU sul caso di Ioane Teitiota contro la Nuova Zelanda. Nativo delle isole di Kiribati, nel 2013 il 40enne gilbertese assieme alla sua famiglia aveva lasciato il proprio Paese chiedendo protezione al governo neozelandese. Alla base della richiesta, un semplice motivo: il cambiamento climatico.

 

Il piccolo stato insulare è stato il primo Paese a dichiarare l’emergenza climatica. Con un’altitudine massima di appena due metri, l’arcipelago rischia, infatti, di scomparire sotto l’aumento del livello del mare causato dal riscaldamento globale. E come spiegato dallo stesso Teitiota, i primi effetti del climate change si possono toccare già oggi con mano. L’uomo ha infatti dichiarato di aver lasciato la sua casa perché la situazione era diventata sempre più instabile e precaria. L’acqua dolce aveva iniziato a scarseggiare a causa dell’infiltrazione di quella marina e del sovraffollamento dell’Isola, mentre l’erosione costiera riduceva progressivamente gli spazi abitabili. Ecco perché, con la tutta famiglia, aveva deciso di trasferirsi in Nuova Zelanda e chiedere al governo lo status di rifugiati climatici. La prima richiesta ufficiale di questo tipo a livello mondiale.

Il Paese ha però rifiutato la domanda di protezione nel 2015, rimpatriando Teitiota.

 

A nulla è valso il ricorso presso il Comitato per i Diritti Umani dell’ONU: i giudici hanno infatti stabilito che, in questo caso specifico, la vita dell’uomo e della sua famiglia non fosse a rischio imminente. Nonostante la sconfitta di Teitiota, la sentenza porta con sé una svolta giuridica non indifferente. Nel pronunciamento è infatti riportato a chiaro lettere che i Governi non possono rimpatriare i rifugiati climatici.

“La decisione stabilisce un precedente globale – spiega Kate Schuetze di Amnesty International – afferma che uno Stato viola i suoi obblighi in materia di diritti umani qualora restituisca qualcuno in un paese in cui – a causa della crisi climatica – la sua vita è a rischio o in pericolo di trattamenti crudeli, disumani o degradanti”.

“Il messaggio è chiaro – continua Schuetze – gli Stati delle isole del Pacifico non devono essere sott’acqua prima di poter vedere attivati obblighi in materia di diritti umani per proteggere il diritto alla vita”.

La sentenza può essere consultata qui.

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