Rinnovabili • climate change

Climate Change: che cosa significa la frase “Rimangono solo 12 anni per salvare il Mondo”

Il tema dei cambiamenti climatici è entrato in maniera dirompente nel dibattito. Media ed attivisti ripropongono spesso questa parola d’ordine, ma ne conosciamo il significato?

climate change
Credit: geralt – Pixabay License

(Rinnovabili.it) – Il climate change è un fatto destinato ad influenzare sempre più l’esistenza umana nei prossimi anni. Movimenti giovanili d’opinione come FridaysForFuture ed ExtinctionRebellion, insieme a figure come quella dell’attivista svedese Greta Thünberg, hanno contribuito a porre l’emergenza climatica al centro dell’agenda politica globale e del dibattito pubblico. Si tratta di un discreto passo avanti, considerando che fino a pochi mesi fa di questo argomento dibattevano solamente gli addetti ai lavori.

 

L’origine della frase ricorrente

Talvolta durante le manifestazioni per la difesa dell’ambiente, capita di leggere frasi ricorsive scritte in varie lingue in cima ai cartelli di cartone colorati portati dai ragazzi. Quasi tutte hanno un denominatore comune: “Bisogna agire adesso!”, “Rimangono solo 12 anni per salvare il Pianeta”. È la cosiddetta “12 years narrative”: un insieme di frasi opportunamente semplificate, adatte ad ambienti non accademici e vagamente sloganistiche, ma che tuttavia – come vedremo – sono dotate di significato e di legittimità scientifica.

 

Va sottolineato che questa narrazione non è confinata alle manifestazioni ed agli scioperi per il clima e non sta solamente sulle bocche dei millennials che le animano. La grande stampa globale, così come i più importanti opinion makers social e televisivi l’hanno abbracciata sistematicamente, senza chiedersi troppo che cosa significasse. Lo stesso Senatore Democratico USA Bernie Sanders l’ha addirittura posta (encomiabilmente) al centro della sua campagna per la corsa alle Presidenziali 2020, sostenendo: “se vogliamo continuare a vivere su un Pianeta sano ed abitabile, rimangono meno di 11 anni per completare la transizione energetica da fossile a rinnovabile, migliorare l’efficienza ed agire contro il climate change”.

 

Ma qual è la ratio? Su quale criterio poggia questo usato ed abusato concetto degli 11 (o 12) anni rimasti? C’è un timer da qualche parte?

In realtà questa idea comincia a circolare nell’Ottobre 2018, quando l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC)  realizza il suo quindicesimo Special Report (SR15), intitolato “Global Warming of 1.5 °C”. Nel rapporto, l’Istituzione Scientifica delle Nazioni Unite spiega quali sono le azioni globali da intraprendere per mantenere il riscaldamento globale al di sotto degli 1.5 °C rispetto ai livelli preindustriali (l’obiettivo primario dell’Accordo di Parigi del 2015).

 

I numeri principali di SR15, Global Warming of 1.5 °C, 2018

Il report, basato su più di 6000 studi scientifici, redatto da 133 tra i massimi scienziati provenienti da 40 Paesi del Mondo e validato da 1133 reviwers, conta in tutto 630 pagine; tuttavia le conclusioni che ne derivano possono essere riassunte piuttosto brevemente:

  • date le condizioni attuali di crescita economica globale, sfruttamento del suolo e del sistema energetico, il superamento degli 1.5 °C di global warming è “virtualmente certo” e giungerà entro un periodo di tempo cha va dal 2030 al 2052;

  • per evitare che questo accada, sarebbe necessario entro il 2030 un taglio di emissioni di gas serra del 55% rispetto ai valori del 2017 (53.5 GtCO2eq) e del 100% (il che significa arrivare a 0 GtCO2eq nette emesse), entro il 2050;
  • concretamente ciò si tradurrebbe in una riduzione drastica del peso del carbone e del petrolio sull’energy mix mondiale (rispettivamente del 59-78% e del 47-79% entro il 2030).

 

Ecco quindi la ricorsività dell’anno 2030 – che è un target di medio periodo posto come riferimento da IPCC – e di conseguenza l’origine dei 12 anni rimasti (nel 2018 ne mancavano appunto 12, ora 11).

Si noti che il traguardo oggetto del report di IPCC è in realtà l’eliminazione totale delle emissioni climalteranti posto invece sul lungo periodo (2050). L’anno 2030 sarà però un termometro fondamentale per capire a che punto saremo arrivati. In effetti l’enorme trasformazione dei settori Industria, Trasporti ed Energia necessaria per non rendere inabitabile il Pianeta che popoliamo dovrebbe partire immediatamente e svilupparsi esponenzialmente proprio nel decennio ’20-’30.

 

Su che base scientifica proprio il 2030?

I complessi modelli climatici che permettono agli scienziati di elaborare stime per il futuro con elevati gradi di precisione, si basano niente altro che sulla termodinamica e mettono in diretta relazione le emissioni di anidride carbonica (CO2) e degli altri Greenhouse Gases (GHGs), con l’aumento del calore immagazzinato dalla Terra tramite Effetto Serra. Quanta più CO2 emettiamo, tanto più aumenta l’azione dell’effetto serra e conseguentemente il calore immagazzinato in atmosfera. Nota l’entità del riscaldamento, si misura il conseguente innalzamento della temperatura globale media. In questo modo è possibile valutare con un ridotto errore relativo la quantità di CO2 che può ancora essere emessa prima che si ecceda un certo valore di global warming (stabilito in 1.5 °C rispetto al periodo 1850-1900). Questo margine è il cosiddetto Carbon Budget: una specie di voucher rimasto da spendere al Pianeta in termini di emissioni ed inquinamento.

 

A questo punto l’IPCC stima la quota limite di energia da fonte fossile – carbone, petrolio e gas naturale – corrispondente al carbon budget residuo che può essere ancora prodotta. Essa non va superata, ovvero: anche un solo kWh in più da fonti non carbon-free, renderebbe più probabile e più vicino nel tempo il superamento del vincolo dell’Accordo di Parigi di 1.5 °C. IPCC considera infine diverse vie (dette glide-paths), attraverso cui raggiungere questo obiettivo, la più realistica delle quali è appunto quella che considera il 2030 come anno di riferimento per la drastica trasformazione del sistema energetico ed economico necessaria.

 

Usare ma non abusare

La Fisica fin qui vista viene di norma tradotta per i non addetti ai lavori in “entro il 2030 occorre dimezzare le emissioni”, metabolizzata dal dibattito ed ancora semplificata in “non c’è più tempo: rimangono solo 12 anni”. Avendo ora ben chiara la Scienza che sta alla base della “narrazione dei 12 anni” ci si rende conto di quanto essa possa essere immediata e quindi potente mediaticamente, ma anche paradossalmente controproducente.  In definitiva, la frase ha senza dubbio un granello di verità, ma rischia da un lato di banalizzare il concetto e dall’altro di contribuire a creare la concezione assolutamente errata che in qualche modo la vita sul Pianeta andrà avanti senza alcun problema per i prossimi 11-12 anni, al termine dei quali il Mondo finirà. Questa ambiguità si presta anche ad esser caricaturata da una certa opinione pubblica che promuove il negazionismo climatico.

Insomma: maneggiare con cautela e soprattutto, con consapevolezza.

 

Schermata 2019-09-05 alle 16.42.13

Rinnovabili •
About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • filiere delle rinnovabili

Decreto FERX, gli stakeholder chiedono più chiarezza e trasparenza

Il Ministero dell'Ambiente pubblica gli esiti della consultazione pubblica sul Decreto Ministeriale FER X, chiusa lo scorso settembre. Dai 46 soggetti partecipanti emerge l'esigenza di conoscere per tempo tutte le informazioni utili alla programmazione degli investimenti nelle rinnovabili. Chiesti chiarimenti sul processo autorizzativo e sulle tempistiche

decreto ferx
Foto di Rabih Shasha su Unsplash

Decreto FERX, nuovi spunti di riflessione

Servono maggiori informazioni sui coefficienti sul prezzo d’aggiudicazione, sui criteri di priorità, sulla documentazione per l’accesso al meccanismo e sulle tipologie di interventi ammessi. In particolare quando si tratta di progetti di “rifacimento” e “potenziamento”. Queste alcune delle principali richieste emerse dalla consultazione pubblica sul Decreto FERX. La scorsa estate il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica aveva pubblicato lo schema del provvedimento per una raccolta di pareri da parte degli stakeholder, con l’obiettivo di condividerne le logiche. Oggi il MASE rende noti gli esiti di tale consultazione puntando i riflettori sugli spunti e le richieste emerse da parte dei 46 soggetti partecipanti. 

Gli esiti della consultazione pubblica

Ricordiamo che il Decreto FERX nasce con lo scopo di definire un meccanismo di supporto espressamente dedicato ad impianti a fonti rinnovabili con costi di generazione vicini alla competitività. Come? Tramite contratti CfD a valere sull’energia elettrica prodotta dagli impianti. Con un accesso diretto per quelli di taglia inferiore al MW, e tramite aste al ribasso per quelli di taglia uguale o superiore al MW. Ed è proprio su queste due modalità che arrivano le prime considerazioni.

Per la maggior parte dei soggetti che hanno risposto alla consultazione, il contingente di 5 GW per gli impianti FER ad accesso diretto non sarebbe sufficiente, soprattutto vista la grande attenzione che stanno ricevendo al livello di investimento i sistemi di piccola taglia.

Per quanto riguarda l’accesso tramite asta, invece, il parere generale condivide i contingenti individuati, che secondo l’ultima bozza pubblicata oggi sarebbero: per il fotovoltaico 45 GW; per l’eolico di 16,5 GW; per l’idroelettrico di 630 MW; per i gas residuati 20 MW. “Tuttavia – si legge nel documento del MASE – congiuntamente alla risposta positiva sono state proposte diverse modifiche (aumento di uno specifico contingente, creazione di nuovo contingente, meccanismi di riallocazione della potenza non assegnata, ridefinizione dei contingenti al fine di favorire lo sviluppo dei PPA, etc.)”. Tra gli spunti emersi c’è la proposta di contingenti separati tra il fotovoltaico a terra e sul tetto.

Proposti nuovi requisiti di accesso e tempistiche

In tema requisiti d’accesso, alcuni soggetti chiedono l’incremento della soglia di potenza per l’accesso diretto, l’aggiunta dei criteri ESG, la reintroduzione del requisito specifico che attesti la capacità finanziaria ed economica di chi partecipa al meccanismo del Decreto FERX.

Con riferimento ai tempi massimi individuati per la realizzazione degli interventi, la consultazione ha evidenziato un forte distaccamento con le aspettative degli operatori. Per quanto detto diversi soggetti propongono per una o più fonti l’innalzamento dei tempi previsti, chiedendo di tenere in considerazione parametri quali, la potenza e/o la tipologia d’intervento, l’ottenimento dei titoli autorizzativi, i tempi di realizzazione della connessione e quelli dovuti agli approvvigionamenti, che sottolineano, potrebbero oltretutto determinare un aumento dei costi, visto anche i meccanismi incentivanti”, si legge ancora nel documento.

Per i tempi di comunicazione della data d’entrata in esercizio dell’impianto, emerge nel complesso l’esigenza di un prolungamento, aggiungendo da più 60 giorni a 12 mesi. Viene anche evidenziata una certa contrarietà all’obbligo per gli operatori di impianti rinnovabili non programmabili che stipula un contratto CfD ad abilitarsi alla fornitura dei servizi di dispacciamento.

About Author / La Redazione

Rinnovabili • batteria ibrida al sodio

Dalla Corea la batteria ibrida al sodio che si ricarica in pochi secondi

Un gruppo di scienziati del KAIST ha sviluppato una batteria a ioni di sodio ad alta energia, ad alta potenza e di lunga durata

batteria ibrida al sodio
Foto di danilo.alvesd su Unsplash

Quando le batteria a ioni sodio incontrato i supercondensatori a ioni sodio

Arriva dalla Corea del Sud la prima batteria ibrida al sodio in grado di battere la tecnologia a ioni di litio a mani basse. Con ottime prestazioni lato di capacità di accumulo, potenza, velocità di carica e durata, come dimostra l’articolo pubblicato sulla rivista scientifica Energy Storage Materials (testo in inglese).

Nel 2020 le batterie a ioni sodio (Na+) hanno raggiunto prestazioni comparabili a quelle degli ioni di litio in termini di capacità e durata del ciclo in condizioni di laboratorio. Da allora il segmento ha continuato a macinare grandi progressi, spinto dall’esigenza globale di trovare una tecnologia di accumulo più economica delle ricaricabili al litio e meno dipendente dalle attuali catene di approvvigionamento dei materiali critici. L’ultimo grande risultato nel campo è quello segnato da un gruppo di scienziati del KAIST, il Korea Advanced Institute of Science and Technology.

leggi anche Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Il team guidato dal professor Jeung Ku Kang del Dipartimento di Scienza e Ingegneria dei Materiali ha messo a punto una batteria ibrida agli ioni di sodio dalle prestazioni eccellenti e in grado di ricaricarsi in pochi secondi. Il segreto? Un’architettura che integra materiali anodici propri delle batterie con catodi adatti ai supercondensatori.

Batteria ibrida al sodio, prestazioni record

In realtà non si tratta di un approccio nuovo. Gli stoccaggi ibridi con Na+ sono emersi negli ultimi anni come una promettente applicazione nel campo dell’energy storage in grado di superare i punti deboli degli accumulatori a ioni di sodio più conosciuti.

Tradizionalmente questo metallo è usato e studiato in due tipi di dispositivi di stoccaggio: batterie e condensatori. Le prime, come spiegato poc’anzi, forniscono oggi una densità di energia relativamente elevata ma sono caratterizzate da una lenta cinetica di ossidoriduzione, che si traduce in una bassa densità di potenza e una scarsa ricaricabilità. I secondi invece hanno un’elevata densità di potenza dovuta all’accumulo di carica tramite rapido adsorbimento di ioni superficiali, ma una densità di energia estremamente bassa.

Tuttavia unire le due tecnologie impiegando catodi di tipo condensatore e degli anodi di tipo batteria, non ha dato subito i risultati sperati. La causa è da ricercare soprattutto nello squilibrio cinetico tra i due tipi di elettrodi.

Nuovi materiali per catodo e anodo

Per arginare il problema il team sudcoreano ha utilizzato sviluppato un nuovo materiale anodico con cinetica migliorata attraverso l’inclusione di materiali attivi fini nel carbonio poroso derivato da strutture metallo-organiche. Inoltre, ha sintetizzato un materiale catodico ad alta capacità e la combinazione dei due ha consentito lo sviluppo di un sistema di accumulo di ioni sodio che ottimizza l’equilibrio e riduce al minimo le disparità nei tassi di accumulo di energia tra gli elettrodi.

leggi anche Da CATL la prima batteria con degrado zero dopo 5 anni

La cella completamente assemblata supera per densità di energia le batterie commerciali agli ioni di litio e presenta le caratteristiche della densità di potenza dei supercondensatori. Nel dettaglio la batteria ibrida al sodio si ricarica rapidamente e raggiunge una densità di energia di 247 Wh/kg e una densità di potenza di 34.748 W/kg. Inoltre gli scienziati hanno registrato una stabilità del ciclo con efficienza Coulombica pari a circa il 100% su 5000 cicli di carica-scarica.

Rinnovabili •
About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

Rinnovabili •
About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.