COP22: 500.000 firme contro i lobbisti delle fossili a Marrakesh

La petizione di Corporate Accountability International è stata accolta dalla delegazione Usa alla COP22: un (piccolo) passo avanti per chiudere la porta ai lobbisti delle fossili

COP22: 500.000 firme contro i lobbisti delle fossili a Marrakesh

 

(Rinnovabili.it) – Piccoli passi avanti per smantellare il gigantesco conflitto di interessi che grava sulla COP22. Il summit di Marrakesh, infatti, non ospita soltanto delegati di 200 nazioni e Ong, ma anche una nutrita schiera di lobbisti, legati alle industrie delle fossili, che hanno accesso completo alla maggior parte delle trattative, anche quelle a porte chiuse. Ieri gli Stati Uniti hanno “accettato di ricevere” una petizione (tradotto dal linguaggio diplomatico: se ne faranno carico) con cui 500.000 persone chiedono che le lobby non possano influenzare gli incontri.

La petizione è stata lanciata da Corporate Accountability International e chiede che l’UNFCCC, l’organismo delle Nazioni Unite che muove i fili delle COP annuali, si doti al più presto di un serio regolamento per arginare lo strapotere delle lobby. Infatti è senza precedenti il coinvolgimento di multinazionali e gruppi di interesse che negli anni hanno strenuamente messo i bastoni tra le ruote all’azione sul clima e garantito finanziamenti ai negazionisti climatici sparsi in tutto il globo.

 

COP22: 500.000 firme contro i lobbisti delle fossili a MarrakeshUna presenza davvero paradossale, se si considera che l’unico vero interesse di cui sono portatori è l’estrazione e il consumo della maggior quantità di combustibili fossili possibili. Tra nomi principali delle corporation rappresentate dai lobbisti figurano ExxonMobil, Chevron, BP, Shell, Total, BHP Billiton, Peabody, Glencore. E poi gruppi come la World Coal Association, il Business Council of Australia, Business Europe e Business Roundtable potranno rappresentare i loro interessi grazie allo stato di “osservatori” loro accordato.

La svolta è arrivata anche grazie alle pressioni di un gruppo di paesi con economie in via di sviluppo, guidati da Ecuador e Venezuela. Da mesi questi Stati si battono per evitare che aziende che in molti casi hanno un bilancio maggiore del PIL di alcuni Stati (e che finanziano studi a favore del negazionismo climatico) riescano ad aver voce ai summit sul clima. Ci provarono già lo scorso maggio, ma la loro richiesta – che proviene dai rappresentanti del 70% della popolazione mondiale – era stata bloccata per volontà proprio degli Usa, insieme ad UE e Australia.

Articolo precedenteTrump prepara un ritorno al futuro per l’EPA
Articolo successivoNessun grande Paese ha preso il climate change sul serio

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Leave the field below empty!