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Costa Concordia: è l’ora della verità

Tra rinvii polemiche e speranze sono iniziate da pochi minuti le operazioni di recupero del relitto della Costa Concordia. E' alta la tensione su eventuali ed ulteriori criticità ambientali

Costa Concordia

 

(Rinnovabili.it) – E’ passato più di un anno e mezzo dal 13 Gennaio 2012, quando la Costa Concordia si scontrò con gli scogli dinnanzi l’Isola del Giglio e finalmente hanno preso il via le operazioni di rimozione del relitto.

Appoggiata su un fianco, la nave è ormai un’attrazione turistica, parte di un paesaggio che vuole riconquistare la sua natura. Gli interventi per la rimozione del relitto non saranno operazioni semplici e necessiteranno di una particolare attenzione per l’ambiente marino circostante, che non deve subire ulteriori danni.

La nave va rimessa in posizione per poi essere spostata e portata via, liberando così il tratto di mare. “Nessuno di noi nasconde che ci sono molte criticità in questa operazione», ha spiegato il Commissario per l’emergenza Franco Gabrielli ricordando la necessità di verificare giorno per giorno le manovre da effettuare per portare a termine un’operazione complessa come questa.

Il parbuckling della nave, ovvero il suo posizionamento in asse, verrà gestito in collaborazione dal consorzio Micoperi-Titan, la prima società italiana, la seconda statunitense, e dalla società Costa Crociere tenendo però sempre in considerazione le condizioni meteo marine, determinanti per la riuscita delle operazioni.

 

Costa Concordia

 

L’intera manovra dovrebbe essere portata a termine seguendo differenti fasi:

  • Stabilizzazione: la prima fase, terminata a novembre scorso, è consistita nell’ancoraggio e nella stabilizzazione della Costa Concordia per evitare che il relitto si inabissasse e garantendo così sicurezza anche nelle fasi successive delle operazioni. E’ inoltre previsto il posizionamento di blocchi ancorati al fondale e di 12 torrette che serviranno nella fase di ribaltamento della nave. In cima alle torrette usciranno infatti dei cavi metallici che, fatti passare sotto lo scafo, accompagneranno il riposizionamento verticale del relitto.
  • Per essere rimessa in posizione la Concordia avrà bisogno di un falso fondale sul quale contare dopo la rotazione. Preparato il fondale sul lato sinistro della nave verranno istallati 9 cassoni di galleggiamento che sosterranno la nave e la manterranno nella giusta posizione.
  • Arriva ora il momento delicato del parbuckling, ovvero il ribaltamento della nave, che dovrà avvenire molto lentamente e per il quale è prevista una durata di diversi giorni. I cavi di acciaio ancorati ai cassoni galleggianti verranno lentamente sollecitati affinchè favoriscano il riposizionamento della nave senza però deformare lo scafo, che andrà ad appoggiarsi su due piattaforme appositamente realizzate.
  • Per favorire il galleggiamento della nave è previsto il posizionamento sul fianco destro dell’imbarcazione, quello attualmente fuori dall’acqua, di altri 15 cassoni di galleggiamento che daranno ulteriore stabilità alla nave.
  • A questo punto, quando cioè la nave sarà poggiata sul falso fondale, i cassoni verranno svuotati e liberati dall’acqua. In questo modo manterranno in posizione verticale la nave.

 

Vista la complessità delle operazioni e la possibilità di ripetute interruzioni determinate dalle cattive condizioni atmosferiche non è possibile stabilire una data finale dei lavori, anche se il completamento della rimozione del relitto è prevista per l’estate 2014.

Ma tutti questi interventi quante risorse richiederanno? Una domanda che in molti si stanno ponendo e alla quale si può rispondere solo sommariamente chiarendo che rispetto alle stime iniziali il budget è già salito di 100 milioni di dollari arrivando a toccare un totale di 600 milioni.

L’impatto ambientale: l’interesse per la salute del mare circostante è stato sin dell’inizio una delle priorità delle operazioni. Dopo l’incidente uno dei primi e fondamentali interventi si è concentrato infatti sullo svuotamento dei serbatoi di carburante della nave, proprio per eliminare la minaccia di un possibile sversamento in mare. Per garantire il rispetto degli equilibri e’ stato poi deciso di procedere alla rimozione dello scafo intero proprio per garantire la salvaguardia della fauna e della flora oltre che delle attività turistiche. Una volta portato via il relitto una elle operazioni fondamentali consisterà infatti della pulizia del fondale danneggiato e il ripristino della flora locale.

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Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.