Il petrolio della Deepwater Horizon ha contaminato anche la fauna terrestre

La marea nera fuoriuscita della piattaforma petrolifera nel 2010 fa ancora danni: uno studio ha trovato tracce di quel petrolio anche negli animali terrestri della Louisiana

Il petrolio della Deepwater Horizon ha contaminato anche la fauna terrestre

 

(Rinnovabili.it) – Sono passati sei anni dalla gigantesca fuoriuscita di petrolio della Deepwater Horizon, la piattaforma della BP che ha riversato nel golfo del Messico almeno 700mila metri cubi di greggio. Oggi abbiamo la certezza che la catastrofe ambientale non ha colpito soltanto gli ecosistemi marini e le aree costiere: i suoi effetti continuano a farsi sentire, anche se sono meno visibili. Un team di ricercatori della Louisiana ha scoperto che quel petrolio sta contaminando la catena alimentare degli animali terrestri. È la prima volta che uno studio scientifico arriva a una simile conclusione.

L’anello di collegamento tra mare e terra identificato dagli scienziati è il passero delle coste. Analizzandone le piume e il contenuto dell’apparato digestivo, sono state rinvenute tracce di carbonio che portano per così dire l’impronta chimica dell’incidente del 2010. Le analisi di laboratorio hanno confermato la provenienza anche grazie al confronto con identiche tracce rinvenute nei sedimenti delle paludi della Louisiana, situate lungo la costa colpita dal disastro. Questi uccelli sono prede naturali di numerose specie di animali terrestri, che in questo modo sono esposti a rischio contaminazione.

 

Il petrolio della Deepwater Horizon ha contaminato anche la fauna terrestre“Questi risultati sono compatibili con l’incorporazione di petrolio proveniente dalla Deepwater Horizon nei tessuti dei volatili – ha commentato Andrea Bonisoli Alquati, a capo del team di scienziati dell’università della Louisiana – Il petrolio non resta dov’è fuoriuscito: è possibile che passi in altri ecosistemi”. Per questo motivo, conclude Bonisoli Alquati, “le future valutazioni di rischio per l’estrazione di idrocarburi offshore dovrebbero includere tanto gli ecosistemi marini quanto quelli terrestri”.

Tra gli altri risultati della ricerca, pubblicata sulla rivista Environmental Research Letters, emerge anche che la riduzione del tasso di riproduzione in questa popolazione di uccelli – già documentato negli anni passati – può con buona probabilità dipendere dagli effetti tossici diretti dell’esposizione al petrolio, piuttosto che da altri fattori ecologici indiretti.

Verifiche biologiche sull’ecosistema marino condotte nel 2012 avevano già accertato che la fauna marina manifestava inequivocabili segni di malattie correlate all’esposizione e all’ingestione di idrocarburi.

Articolo precedenteLivorno smart city, l’Enea dà una mano
Articolo successivoCOP22: i finanziamenti climatici non mettono d’accordo nessuno

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Leave the field below empty!