Ecosistema rischio 2017: dal maltempo danni per 7,6 mld

Legambiente: “A pagare lo scotto di questa Italia insicura sono gli oltre 7,5 milioni di cittadini esposti quotidianamente al pericolo”

Ecosistema rischio 2017

 

Legambiente pubblica Ecosistema Rischio 2017

(Rinnovabili.it) – Cosa succede a non investire nella prevenzione idrogeologica, lasciando che cementificazione e consumo di suolo abbiano la meglio? Che ogni anno, il maltempo, esacerbato dai cambiamenti climatici in corso, allunga la sua lista danni.

È vero, tre anni fa il Governo italiano ha istituito l’unità di missione #italiasicura, redigendo i Piani nazionali per gli interventi e le risorse finanziare da mettere in campo  per la riduzione del rischio idrogeologico. Eppure, in questi tre anni,  il Paese ha compiuto pochissimi progressi.

 

A denunciare un’Italia sempre più fragile e insicura è oggi Ecosistema Rischio 2017, l’indagine di Legambiente sulle attività comunali per la mitigazione e la prevenzione degli effetti di frane e alluvioni. I dati, come spiega Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente,  “evidenziano la forte discrepanza che ancora esiste tra le evidenze, la conoscenza, i danni, le tragiche conseguenze del rischio idrogeologico nel nostro Paese e la mancanza di un’azione diffusa, concreta ed efficace di prevenzione sul territorio nazionale”.

 

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I problemi da affrontare in questo contesto sono di natura diversa: esistono ovviamente territori più fragili di altri, ma anche scelte amministrative e urbanistiche in grado di aggravare i rischi. Legambiente ha intervistato 1.462 amministrazioni di comuni classificati ad elevata pericolosità idrogeologica, scoprendo come esistano “vizi” duri a morire. nella pianificazione urbanistica. È il caso della pratica di cementificazione dei letti dei fiumi: il 9% delle amministrazioni ha dichiarato di aver “tombato” tratti di corsi d’acqua sul proprio territorio, con una conseguente urbanizzazione delle aree sovrastanti, mentre solo il 4% ha eseguito la delocalizzazione di abitazioni costruite in aree a rischio e il 2% la delocalizzazione di fabbricati industriali.

 

I piani urbanistici rappresentano il secondo aspetto del problema. Nel 70% dei comuni italiani intervistati si trovano abitazioni in aree a rischio, da interi quartieri residenziali a impianti industriali, passando per scuole, ospedali e strutture commerciali. Non si tratta solo di scelte passate: nell’ultimo decennio il 9% dei comuni intervistati ha edificato in aree a rischio e di questi 110 hanno costruito case, quartieri o strutture sensibili e industriali in aree vincolate, nonostante il recepimento del PAI (Piani di assetto idrogeologico) nella pianificazione urbanistica.

 

“A pagare lo scotto di questa Italia insicura  – spiega Legambiente – sono gli oltre 7,5 milioni di cittadini esposti quotidianamente al pericolo […]  che vivono o lavorano in aree potenzialmente pericolose e la cui incolumità deve essere la priorità del Paese. Dal 2010 al 2016, stando alle stime del Cnr, le sole inondazioni hanno provocato nella Penisola la morte di oltre 145 persone e l’evacuazione di oltre 40mila persone. Per non parlare dei danni economici causato dal maltempo e che solo nell’ultimo triennio (2013-2016), secondo i dati dell’unità di missione Italiasicura, è di circa 7,6 miliardi di euro”.

Leggi qui il report Ecosistema rischio 2017

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