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Nessun passo avanti per l’EGA, l’invisibile accordo sui beni ambientali

Resistenze interne, in particolare quelle della Cina, ritardano l’accordo di liberalizzazione dei “beni ambientali”, che da oltre 2 anni si muove nell’ombra del WTO

Nessun passo avanti per l'EGA, l'invisibile accordo sui beni ambientali

 

(Rinnovabili.it) – Li hanno chiamati, con un sorriso a mezza bocca, “buoni progressi”. In realtà, sono stati praticamente nulli i passi avanti compiuti sull’EGA, questo fine settimana a Ginevra. Dietro la sigla, forse ai più sconosciuta, si cela un patto commerciale dall’ampia portata: l‘Environmental Goods Agreement o Accordo sui beni ambientali su cui l’Unione Europea e altri 16 stati membri dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO) stanno lavorando da oltre due anni nel quasi più assoluto silenzio mediatico.

 

Una volta in vigore, l’EGA liberalizzerebbe il commercio dei beni ambientali (etichetta applicata in maniera indiscriminata ad un’ampia lista di prodotti, dalle bici ai pannelli solari), tagliando dazi e tariffe d’importazione. Ai colloqui negoziali, iniziati formalmente a luglio 2014, prendono parte 46 Stati che oggi costituiscono la maggior parte del commercio mondiale di environmental goods, comprendendo oltre i ventotto dell’UE anche USA, Cina, Australia, Canada, Israele, Giappone. Da sabato 3 a domenica 4 dicembre, ministri e alti funzionari del gruppo EGA si sono riuniti in Svizzera, nella sede della WTO, per l’ultimo round di colloqui, con l’obiettivo di concludere il patto entro la fine dell’anno. Ma i negoziati hanno mostrato ancora una volta tutte le difficoltà intrinseche a questo tipo di accordi commerciali, e le possibilità di concludere entro il 2016 sono sfumate.

 

I problemi nascono dalle differenti liste di beni che ogni partecipante ha portato ai colloqui e su cui è necessario ricevere il benestare degli altri membri. Il braccio di ferro è tra Cina da una parte, ed Europa, Usa e Giappone dall’altra. Dopo esser rimasta in silenzio per lungo tempo, Pechino è arrivata agli ultimi incontri con un lungo elenco di richieste (per lo più respinte), bollando la lista di 300 beni ambientali dei co-presidenti dell’EGA, vale a dire Stati Uniti e Unione Europea, “inaccettabile, ingiusta e sbilanciata”. Una quindicina di prodotti “Made in China” sono nel mirino delle controparti, preoccupate di veder spazzar via le proprie produzioni dal low cost del gigante asiatico. Tokyo, ad esempio, ha alzato un muro alla richiesta cinese di inserire il legno di conifere, mentre l’Unione Europea ha ribadito di non esser disposta ad accettare le biciclette cinesi se la Cina non cederà sui componenti migliori nella realizzazione, come la fibra di carbonio.

 

Posizioni arroccate che per ora non solo frenano i progressi del patto ma rischiano di farlo saltare completamente. Per il commissario europeo del commercio Cecilia Malmstrom la responsabilità è solo della Cina “arrivata con la sua lista ed una serie di nuovi elementi di prospettiva, quando il processo era ormai molto avanti”.  Il Ministero del Commercio cinese ha replicato in un comunicato che la nazione ha fatto grandi sforzi per mostrare la flessibilità necessaria a risolvere le principali preoccupazioni dei partecipanti, ma l’incontro è fallito a causa di “divergenze su questioni chiave”.

Qualcosa si salva: Malmstrom, che condivide il ruolo del chair con l’americano Michael Froman, ha spiegato che la due giorni ha contribuito a stabilizzare il testo dell’accordo e a produrre “un elenco di prodotti rivisto che bilancia priorità e sensibilità”.

 

Ma la delusione è palese. In gioco c’è parecchio e per tutti i partecipanti: l’Environmental Goods Agreement porterebbe alla rottamazione delle tariffe d’importazione sull’export per un valore complessivo di oltre mille miliardi di dollari. E il problema non riguarda solo gli appetiti economici. Il fallimento delle trattative sminuisce anche la WTO, l’ombrello sotto il quale si sta negoziando l’accordo, ipotecando il successo di trattati molto più complessi nati dopo il fallimento del “Doha Round”.

 

I sostenitori dell’EGA ci tengono a sottolineare come il patto sia anche uno strumento fondamentale per il successo dei colloqui climatici, riguardando beni definiti “cruciali  per la tutela dell’ambiente e mitigazione dei cambiamenti climatici”. Sui reali benefici, tuttavia, sono molti i punti che rimangano oscuri. A parte la segretezza con cui i negoziati sono condotti -prassi ormai consolidata nei trattati di liberalizzazione commerciale – l’EGA non ha ancora stabilito una definizione univoca per “bene ambientale” e neppure specifici criteri di selezione. Cosa contengono le liste? A parte qualche indiscrezione sugli elementi di discordia, non se ne conosce il contenuto. Transport & Environment è riuscita ad ottenere l’elenco originale dei 650 beni in discussione (ora sono stati portati a 300) identificando circa 120 elementi privi di alcuna giustificazione ambientale per l’abbassamento delle tariffe, tra cui prodotti contenenti amianto, motori di aviazione, turbine per il gas. Dove l’ambiente rimane un concetto astratto.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


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Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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