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EurOCEAN 2014: il Mare nostrum diventa Europeo

Decise le nuove linee strategiche della ricerca europea sui mari e gli oceani con la presentazione della “Dichiarazione di Roma”, un documento strategico per una corretta gestione delle risorse marine

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(Rinnovabili.it) – Sono state intense e ricche di confronti tra i partecipanti, provenienti da tutta Europa, le due giornate e mezzo della conferenza internazionale EurOCEAN 2014, articolata in quattro sessioni parallele e una seduta plenaria, per accendere i riflettori sulla sulle potenzialità della “Blue Growth”, la capacità di creare crescita, occupazione e innovazione, sfruttando, in maniera sostenibile, i mari e gli oceani europei.  

L’evento è stato organizzato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e dalla Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione Europea, in collaborazione con la Commissione Europea, l’European Marine Board, l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS) e il Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare (CoNISMa).

“Le risorse dei mari e degli oceani influenzano la vita, la salute e il benessere di migliaia di cittadini europei. Per questa ragione, il nostro governo ha avviato una forte politica per sostenere l’economia blu e la cooperazione nella regione del Mediterraneo, che è anche una delle priorità del programma della nostra Presidenza del Consiglio dell’Unione Europea” ha dichiarato in apertura dei lavori Stefania Giannini, Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, di fronte a una platea di scienziati, ricercatori, stakeholder ed esponenti del mondo politico provenienti da tutta Europa.

 

 

L’Italia è chiamata ad assumere un ruolo centrale in questa importante e difficile sfida che è allo stesso tempo politica, tecnologica, economica e scientifica”, ha affermato Luigi Nicolais, Presidente del Cnr, che ha aperto la prima giornata di lavoro.

Mari e gli oceani rappresentano una fonte essenziale di cibo, energia e materie prime e possono costituire un importante motore di crescita, innovazione e occupazione per l’Europa. Tuttavia, le risorse marine devono essere preservate e valorizzate per garantirne il buono stato ecologico e favorirne uno sfruttamento sostenibile e rinnovabile.

Precisa Enrico Brugnoli, direttore del Dipartimento Scienze del Sistema Terra e Tecnologie per l’Ambiente del Cnr: “Sono oltre 5.4 milioni di posti di lavoro e un valore aggiunto di quasi 500 miliardi di euro annui: questi sono i numeri dell’economia europea del mare, la cosiddetta “economia blu”, che rappresenta il 75% del commercio esterno dell’Ue, basato sul trasporto marittimo”.

 

tavola rotonda bis

Ed è proprio l’Italia che può e deve svolgere un ruolo centrale per lo sviluppo dell’economia blu del Mediterraneo, sia per la sua posizione geografica sia per il suo ruolo nell’Unione Europea, come ribadisce Nicolais: “Il nostro ruolo nel Mediterraneo ci sprona a farci da interpreti e portavoce dell’integrazione delle politiche sul mare per aumentare la sicurezza, la crescita, la valorizzazione, la tutela e l’utilizzo. Per questo serve un impegno straordinario di intelligenze, competenze e risorse”.

Per riuscire ad attuare tutto questo è necessario coinvolgere più attori cercando di ampliare le conoscenze sia in ambito scientifico sul funzionamento degli ecosistemi marini, sia in ambito economico e politico con lo scopo di creare una visione globale e condivisa delle risorse e del territorio marino Europeo.

Con queste premesse e questi scopi gli scienziati e i politici europei si sono confrontati nelle sale convegni della sede del CNR a Roma per suggerire le nuove strategie comuni per incrementare le conoscenze scientifiche marine, per investire (in termini economici e di risorse umane) in questo cruciale segmento economico e, soprattutto, per mappare i fondali marini (sia costieri che profondi), gestire i rischi legati all’ambiente marino e per promuovere  lo sfruttamento sostenibile delle risorse biologiche e minerarie.

 

 

La discussione è stata incentrata sull’innovazione della “Blue economy”, su cosa realmente intendiamo per “Blue growth”, sui servizi e benefici che si possono ottenere dell’ecosistema marino e sull’importanza della trasparenza nella “governance” dei mari e degli oceani.

Nella tavola rotonda della sessione plenaria, moderata da Quentin Cooper, BBC, alla quale hanno partecipato funzionari della Commissione Europea (DG Maritime Affairs and Fisheries) e un panel di scienziati Europei di altissimo livello, tra cui Alex Rogers, University of Oxford, Katja Philippart, Istituto Olandese per la Ricerca del Mare, Melanie Austen, Plymouth Marine Laboratory, Jeff Ardron, Institute for Advanced Sustainability Studies, Germania e per l’Italia Fabio Trincardi, direttore dell’Istituto di Scienze Marine del CNR, sono state affrontate le problematiche tecniche relative allo studio degli oceani e dei mari evidenziando le diverse lacune (“gaps”) ancora presenti e suggerendo le linee guida per colmarle.

 

Durante le diverse sessioni parallele di questi due giorni di congresso sono emerse alcune delle esigenze prioritarie da perseguire con convinzione:

– divulgare le scoperte scientifiche e migliorare la ricerca cercando di essere il più innovativi possibili sfruttando anche le nuove tecnologie,

– investire nella ricerca applicata e tradizionale promuovendo l’interdisciplinarietà,

– migliorare la “Marine Strategy Framework Directive” Europea, facilitando il dialogo tra la tecnici, burocrati e ricercatori,

– gestire meglio le risorse dei nostri mari e oceani, migliorando l’integrazione e il dialogo tra i diversi settori utilizzando differenti piattaforme di interazione (politica-scienza; pubblico-privato; ricerca-industria).

 

Anche dalla tavola rotonda dedicata al Mar Mediterraneo i messaggi sono chiari, “dobbiamo fornire dati real-time, educare giovani talenti, trasmettere le proprie conoscenze con ogni mezzo (tecnologico e non) ai cittadini europei e fare innovazione proponendo nuovi strumenti per monitorare i nostri mari” come sottolinea Fabio Trincardi (ISMAR-CNR) responsabile del più grande progetto nazionale dedicato al mare, uno dei Progetti Bandiera del Programma Nazionale della Ricerca finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca (progetto RITMARE).

A segnare un primo importante risultato di questa conferenza EurOCEAN è stata la “Dichiarazione di Roma” (Rome Declaration), un documento presentato alla fine dei lavori e orientato a definire le direzioni strategiche della futura ricerca europea sui mari e gli oceani.

 

Rome declaration

 

Nel dettaglio, la Dichiarazione di Roma ha definito 4 principali obiettivi da raggiungere:

1) Valorizzare l’oceano promuovendone una maggior consapevolezza e comprendendone la fondamentale importanza nella vita quotidiana dei cittadini europei;

2) Capitalizzare la leadership creando i presupposti per candidare l’Europa come leader globale nel settore delle scienze marine e delle tecnologie marine;

3) Aumentare la conoscenza dei mari e degli oceani attraverso l’osservazione (monitoraggio) e la ricerca di base e applicata;

4) Rompere le barriere promuovendo l’approccio inter e multidisciplinare, creando opportunità di carriera in un ambiente in grado di supportare l’eccellenza scientifica e un interesse economico (i “blue jobs”).

 

Da queste giornate dedicate al pianeta blu è finalmente emersa la necessità di una visione comune per sviluppare e sostenere la “Blue growth” in Europa. Un elemento fondamentale per trasformare gli 81 mila chilometri di costa dell’Europa, di cui 8 mila dell’Italia, in una fonte di ricchezza e di benessere per tutti, in un’ottica di sostenibilità ambientale e di totale rispetto della parte sommersa del nostro pianeta.

 

di Marco Faimali & Chiara Gambardella – CNR-ISMAR 

 

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


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Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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