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Quello appena trascorso è stato (probabilmente) il mese più caldo di sempre

Secondo i dati preliminari del Programma Copernicus sul Cambiamento Climatico e della World Meteorological Organization, il luglio 2019 ha sorpassato di poco il precedente record fissato dallo stesso mese nel 2015.

mese più caldo
L’ondata di calore in Europa fotografata dai rilevamenti del Programma Copernicus il 26 luglio 2019

Ondate di calore, incendi, scioglimento dei ghiacci artici alla base (e tra le conseguenze) del mese più caldo di sempre

 

(Rinnovabili.it) – Quello appena trascorso è stato molto probabilmente il mese più caldo nella storia recente dell’umanità: l’ipotesi è sostenuta dalla World Meteorological Organization, l’Istituto di analisi climatiche e meteorologiche delle Nazioni Unite, sulla base dei dati forniti dal Copernicus Climate Change Programme, il programma di previsioni meteo dell’Unione europea.

 

Secondo il WMO, il luglio appena trascorso avrebbe eguagliato se non addirittura separato il mese più caldo mai registrato da quando esistono le stazioni di rilevamento. Il precedente record è detenuto dal luglio del 2016, quando però le alte temperature furono sostenute da una forte influenza de El Nino, la perturbazione atlantica che ogni circa 4 anni stravolge il clima nelle zone temperate. Il record di luglio 2019, al contrario, sarebbe ancora più preoccupante proprio per l’assenza di un forte El Nino

 

“Il WMO prevede che il 2019 sarà tra i primi cinque anni più caldi mai registrati e che il 2015-2019 sarà il più caldo di qualsiasi periodo quinquennale equivalente mai registrato – ha commentato Petteri Taalas, segretario generale del WMO – Il tempo per controllare i pericolosi aumenti di temperatura e i molteplici impatti sul nostro Pianeta sta per scadere”.

 

Le ondate di calore che hanno colpito l’Europa prima e la Groenlandia, l’Artico e la Siberia poi sono state alla base delle temperature record registrate sia a giugno che a luglio. Lo scorso mese è risultato il giugno più caldo di sempre, con temperature globali di 1,2°C superiori alle medie (in Europa si sono toccati i +2°C di media rispetto alle temperature stagionali). In Francia, Germania, Belgio, Olanda, Finlandia e nel Regno Unito, le stazioni meteorologiche hanno registrato nuovi record assoluti.

 

Il caldo torrido si è spostato poi verso Nord, colpendo le regioni artiche: in Groenlandia, l’ondata di calore ha contribuito al disgelo della superficie ghiacciata che, secondo gli esperti del WMO, potrebbe raggiungere minimi storici equivalenti a quelli toccati nel 2012. Anche il Polo Nord ha sofferto il caldo dello scorso luglio: la Stazione del Nord, situata a 900 km dal Polo, ha registrato la temperatura record di 16°C, mentre in Groenlandia, una stazione di rilevamento situata a 3.200 metri di altezza, ha toccato per la prima volta gli 0°C.

 

Alte temperature che stanno causando grandi incendi in aree generalmente umide e poco soggette al fenomeno: nelle scorse settimane, diversi focolai in Alaska, Groenlandia e in Siberia hanno portato all’estinzione di migliaia di ettari di foreste vergini. La situazione più preoccupante resta quella siberiana, dove, secondo stime governative, sarebbero andati in fumo oltre 33 mila chilometri quadrati di foreste, con 745 roghi attivi. Il denso fumo proveniente dalla steppa siberiana è stato osservato persino dai satelliti, mentre Vladimir Putin ha annunciato l’invio di forze speciali per contenere gl’incendi che minacciano i siti abitati.

 

Secondo il Programma Copernicus, i roghi scoppiati nel Circolo polare artico lo scorso luglio avrebbero causato oltre 75 megatoni di emissioni di CO2, una quantità superiore a quelle causate dal consumo annuo di carburanti fossili di un intero Stato come la Colombia.

 

“Queste intense e diffuse ondate di calore portano il marchio del cambiamento climatico causato dall’uomo – ha commentato il Direttore del Dipartimento per il Clima e l’Acqua del WMO, Johannes Cullmann – Tutto ciò è coerente con i dati scientifici che dimostrano come eventi di calore sempre più frequenti, prolungati e intensi siano motivati dalle concentrazioni di gas serra che comportano un innalzamento delle temperature globali”.

 

“Abbiamo sempre vissuto estati calde, ma questa non è l’estate della nostra giovinezza e nemmeno quella dei nostri nonni – ha commentato il Segretario delle Nazioni Unite, il portoghese Antonio Guterres, durante la presentazione dei dati del WMO a New York – Il periodo tra il 2015 e il 2019 sarà probabilmente il quinquennio più caldo della storia. Solo in quest’anno abbiamo visto temperature record da Nuova Delhi ad Anchorage, da Parigi a Santiago, Da Adelaide fino al Circolo Polare. Se non agiamo subito contro il cambiamento climatico, questi eventi climatici estremi saranno solo la punta dell’iceberg. E, infatti, l’iceberg si sta sciogliendo rapidamente. Prevenire l’irreversibile distruzione del clima è la corsa delle nostre e per le nostre vite. Ed è una corsa che possiamo e dobbiamo vincere”.

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Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.