Mozambico: dopo i cicloni arriva la trappola del debito climatico

Il Mozambico, dopo i cicloni Idai e Kenneth, dovrà affrontare l’indebitamento causato dal prestito “per la ricostruzione” del Fmi di 118 milioni

cicloni mozambico

Un prestito del Fondo Monetario Internazionale per il Mozambico: oltre ai disastri provocati dai cambiamenti climatici, l’indebitamento

(Rinnovabili.it) – Il Mozambico è nei guai, ma non solo per i due cicloni (Kenneth e Idai) che hanno devastato il Paese nei giorni scorsi. A pesare sulle sorti dello Stato africano sarà anche la ricostruzione sostenuta economicamente da un prestito senza interessi del Fondo monetario internazionale (Fmi).

 

Qual è il problema? Si tratta di un prestito di 118,2 milioni di dollari erogato dal Fmi alle banche del Mozambico ma gli attivisti internazionali avvertono che tale misura si risolverebbe in un boomerang economico e sociale senza precedenti: il paese si indebiterebbe ancora di più e non potrebbe far fronte a tutti i danni causati da Idai e Kenneth. Il ‘sistema di aiuti internazionale’, d’altra parte, si poggia sul prestito bancario e l’immissione di denaro alle banche del Paese che ha subìto un disastro o che si trova in condizioni di crisi economica. In altre parole, le vittime del disastro si troveranno indebitate per un problema che, con tutta probabilità, è stato acuito dai Paesi più ricchi e inquinanti. Infatti, nonostante non esista ancora uno studio che correli questi due cicloni al climate change, gli scienziati hanno più volte rimarcato come il riscaldamento globale stia intensificando gli eventi meteo estremi (leggi anche Eventi estremi, la responsabilità umana non si può più nascondere).

 

Julie-Anne Richards, attivista indipendente e consultant nella climate change advocacy britannica, ha denunciato come «parte del problema generale legato ai cambiamenti climatici rappresenta un’ingiustizia» dal momento che «le persone che non hanno causato tale problema sono quelle che dovranno affrontarne il peso e l’impatto peggiore». «Chiedere ai più poveri, ai più vulnerabili – ha proseguito la Richards – di sostenere un prestito bancario, dunque anche il debito conseguente, è un doppio oltraggio». Gli attivisti di ‘Jubilee Debt Campagin’, inoltre, stanno spingendo, con azioni, dossier e denunce, affinché l’Fmi cancelli il debito dai paesi più colpiti dal passaggio del ciclone Idai.

 

I numeri dei cicloni: non solo Mozambico

Prima di Kenneth, nella notte fra il 14 e il 15 marzo, è arrivato il ciclone Idai nell’area del Mozambico attorno alla città di Beira. Le piogge e il vento, che soffiava a 170 km/h, hanno causato ingenti d’anni e «devastato la vita di oltre 2,6 milioni di persone in Mozambico, Malawi e Zimbabwe», stando al rapporto dell’Oxfam.
Kenneth ha quindi trasformato quegli ingenti danni in una «catastrofe su larga scala» per il Mozambico. Il secondo ciclone ha portato piogge torrenziali, mareggiate e fiumi esplosi mettendo «a rischio 160.000 persone», denuncia l’Oxfam. L’Onu ha parlato di «una delle peggiori catastrofi metereologiche in Africa» e i numeri del disastro avrebbero potuto essere ben maggiori dato che sono oltre 700.000 le persone che vivono nel tragitto in cui è passato il secondo ciclone.

 

>>leggi anche Stato del clima, WMO: 62mln di persone colpite da eventi estremi<<

 

Secondo ‘Medici con l’Africa – Cuamm’ tra i danni più gravi a cui dare risposta urgente ha individuato:« la distruzione e interruzione dell’approvvigionamento idrico oltre al grave danno causato alle strutture igienico-sanitarie con la prevalenza di acqua non potabile che sta mettendo la popolazione a rischio di contrarre malattie trasmesse dall’acqua (come ad esempio il colera); la distruzione di case che espone la popolazione alla possibilità di venire sfollata a tempo indeterminato; i danni causati alle strutture sanitarie, inclusa la perdita di materiali e forniture. Secondo le autorità locali, almeno 24 unità sanitarie sarebbero state colpite nelle province di Sofala, Manica, Zambezia e Inhambane. Il pronto soccorso dell’Ospedale Centrale di Beira è stato gravemente danneggiato ed è attualmente non operativo».

Articolo precedenteFrancia: la legge sulla transizione energetica mira alle 0 emissioni
Articolo successivoGlifosato non cancerogeno: l’Agenzia ambientale USA contraddice nuovamente l’OMS

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Leave the field below empty!