La Norvegia apre alle trivellazioni l’Artico più incontaminato

In controtendenza con le richieste dell’accordo sul clima, la Norvegia decide di offrire a 13 compagnie zone di mare inesplorate per le trivellazioni

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(Rinnovabili.it) – Nei fiordi norvegesi circolano le prime navi elettriche e anche su strada la mobilità è all’avanguardia, se è vero che il Paese ha venduto più veicoli elettrici che a benzina nel mese di marzo. In più, il governo ha intenzione di investire 800 milioni nelle autostrade ciclabili. Eppure, ieri, la Norvegia ha assegnato 10 nuove licenze per trivellazioni in Artico a 13 società. L’area del pianeta è ancora per gran parte incontaminata, ma soffre più di altre gli impatti del riscaldamento globale. Fortunatamente, molte compagnie petrolifere hanno fatto fagotto pochi giorni fa dalla zona del mare di Chukchi, sopra l’Alaska, dove ormai era divenuto troppo costoso cercare il petrolio.

Tuttavia, il governo norvegese ha assecondato le brame delle aziende, aprendo loro le porte di una parte del Mare di Barents finora rimasta inesplorata. La produzione petrolifera della Norvegia si è dimezzata dal 2000 ad oggi e il crollo dei prezzi del greggio ha tagliato le entrate dello Stato. Questa nuova spinta alle trivellazioni è un tentativo di rivitalizzare un settore morente.

 

La Norvegia apre alle trivellazioni l'Artico più incontaminatoTre delle 10 licenze, che in tutto riguardano 40 “blocchi” di mare, si trovano vicino alla frontiera marittima con la Russia, in una zona a lungo contesa tra i due Paesi prima che raggiungessero un accordo nel 2010. Due di questi blocchi sono stati assegnati alla compagnia nazionale Statoil, mentre il terzo se l’è accaparrato la Det Norske, partecipata a maggioranza dalla russa Lukoil.

Le zone di mare offerte alle compagnie sono state progressivamente liberate dai ghiacci dall’azione della corrente del Golfo, e sono considerate promettenti. Statoil prevede di iniziare a perforare nel 2017.

La decisione del governo ha sconvolto i gruppi ambientalisti, preoccupati per la vicinanza tra le aree di trivellazione e i banchi di ghiaccio.

«Non possiamo rischiare un altra Deepwater Horizon nel Mare di Barents», ha detto Truls Gulowsen, capo di Greenpeace Norvegia, che ha osservato anche come la COP 21 abbia fissato degli obiettivi sul contenimento delle temperature globali. L’azione della Norvegia va in direzione opposta a quelle decisioni.

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