Le “noccioline” di polistirolo espanso diventano batterie ricaricabili

Alcuni scienziati americani sono riusciti a trasformare le sfere di polistirolo che riempiono gli imballaggi in componenti per batterie ricaricabili più performanti di quelle ora in commercio

Le “noccioline" di polistirolo espanso diventano batterie ricaricabili

 

(Rinnovabili.it) – Le palline di polistirolo utilizzate come protezione negli imballaggi presentano un problema non indifferente: sono di difficile smaltimento. Il riciclo del polistirolo espanso (EPS), sebbene possibile, deve affrontare ancora grandi ostacoli legati perlopiù alla voluminosità e non degradabilità di questa plastica. Ma alle destinazioni più comuni per questo rifiuto, ovvero materiale da stampaggio, impianti d’incenerimento o discarica, se ne aggiunge oggi una quarta: la produzione di batterie ricaricabili. Il merito è di un team di ricercatori dell’Università di Purdue, nell’Indiana, che ha trovato un modo efficiente per dare una seconda vita sostenibile alle noccioline di polistirolo espanso.

 

Guidati dal Prof. Vilas Pol, gli scienziati della Purdue hanno realizzato dai rifiuti di EPS un nuovo tipo di anodo a base di carbonio da impiegare nelle batterie agli ioni di litio. I ricercatori hanno trasformato il materiale da imballaggio riscaldandolo ad una temperatura compresa tra 500 e 900 ° C, attraverso due processi paralleli che richiedevano o meno l’aggiunta di un catalizzatore.  A seconda del materiale di partenza delle palline  -polistirene e bio-polistirolo ottenuto dal mais – il risultato è stato micro-fogli e nanoparticelle di carbonio. E in entrambi i casi si sono rivelati eccellenti anodi.

 

Questo dipende in parte dal ridotto spessore (circa un decimo dei tradizionali elettrodi in grafite) che consente tempi di carica più rapidi. Gli scienziati affermano che gli anodi così ottenuti funzionano talmente bene da superare quelli in commercio, con una capacità massima specifica di 420 mAh / g, in contrapposizione al teorico 372 mAh / g massimo della grafite. “Il processo è poco costoso, più rispettose dell’ambiente e potenzialmente pratico per la produzione su larga scala”, spiega il team. “Le analisi microscopiche e spettroscopiche hanno dimostrato che le microstrutture responsabili di queste prestazioni elettrochimiche superiori si mantengono tali anche dopo molti 300 cicli di carica-scarica”. I nuovi elettrodi dovrebbero essere pronti all’uso commerciale nelle batterie ricaricabili entro due anni.

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