Protocollo Terra dei Fuochi: per Legambiente ancora non ci siamo

Per l’associazione ambientalista le azioni previste dal protocollo d’intesa Terra dei Fuochi, firmato ieri dal Consiglio dei Ministri straordinario, non sono sufficienti per aiutare davvero la Campania

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Legambiente: “In nome del popolo inquinato chiediamo ecogiustizia e maggiori controlli su tutta la Terra dei Fuochi”

 

(Rinnovabili.it) – Subito ecogiustizia e azioni concrete per la Campania, vittima di illegalità ambientali e degli ecomafiosi. Questo il commento a caldo sul protocollo d’intesa Terra dei Fuochi del Presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, e del Presidente di Legambiente Campania, Maria Teresa Imparato, ieri a Caserta per manifestare, di fronte alla Prefettura, contro le misure prese dal Consiglio dei Ministri Straordinario, che, a loro avviso, per come sono state strutturate, non saranno risolutive per la Campania. Per l’associazione ambientalista, infatti, le azioni previste dal protocollo d’intesa non solo non sono sufficienti, ma sono anche già state adottate in passato, come la militarizzazione dei siti di stoccaggio dei rifiuti e l’utilizzo dei droni per esempio, con non poche polemiche. “Se si vuole davvero aiutare la Campania – hanno detto i due presidenti – è ora di passare dalle parole ai fatti attraverso uno sforzo straordinario e comune, smettendola con i teatrini politici”.

 

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Quello che chiede Legambiente è sia l’aumento dei controlli su tutto il territorio della Terra dei Fuochi, non solo negli impianti, al fine di contrastare il fenomeno degli incendi all’aria aperta e le conseguenze che essi comportano sulla salute dei cittadini e dell’ambiente, sia le bonifiche dei territori, che ancora non sono avvenute a causa, secondo l’associazione, dell’assenza di una politica trasversale. Per avere un’idea sulla gravità di una situazione che ha portato, di fatto, a dare alla Campania il ruolo di “pattumiera d’Italia”, Legambiente ricorda che dal 1991 al 2013 ha censito 82 inchieste per traffico di rifiuti, che hanno coinvolto 443 aziende (“La stragrande maggioranza di queste ultime – specifica – con sede sociale al centro e al nord Italia”) e si sono concluse con 915 ordinanze di custodia cautelare e 1.806 denunce. “In questo ventennio – riferiscono Ciafani e Imparato – lungo le rotte dei traffici illeciti, è viaggiato di tutto: scorie derivanti dalla metallurgia termica dell’alluminio, polveri di abbattimento fumi, morchia di verniciatura, reflui liquidi contaminati da metalli pesanti, amianto, terre inquinate provenienti da attività di bonifica. E ancora rifiuti prodotti da società o impianti, noti nel panorama nazionale, come quelli di petrolchimici storici del nostro Paese: i veleni dell’Acna di Cengio, i residui dell’ex Enichem di Priolo, i fanghi conciari della zona di Santa Croce”.

 

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Da qui la proposta di Legambiente di intensificare le attività di intelligence e di controllo, fermare l’escalation dei roghi tossici e risanare tutto il territorio della Terra dei Fuochi. “Alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti – sottolineano – chiediamo di riaprire l’indagine sugli incendi degli impianti di gestione rifiuti dietro ai quali, soprattutto in alcune zone calde della Penisola, si potrebbe nascondere ancora una volta la mano delle ecomafie”.

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