Qual è il giusto prezzo in agricoltura?

  (Rinnovabili.it) – Alzi la mano chi, facendo la spesa, si interroga se quello che paga è il giusto prezzo perché il prodotto sia di buona qualità, sostenibile, rientri nei confini della legalità e rispetti i lavoratori. Eppure è una domanda indispensabile soprattutto per chi vuole prodotti biologici ed è attento all’ambiente: dietro a un […]

Qual è il giusto prezzo in agricoltura?

 

(Rinnovabili.it) – Alzi la mano chi, facendo la spesa, si interroga se quello che paga è il giusto prezzo perché il prodotto sia di buona qualità, sostenibile, rientri nei confini della legalità e rispetti i lavoratori. Eppure è una domanda indispensabile soprattutto per chi vuole prodotti biologici ed è attento all’ambiente: dietro a un prezzo troppo basso, infatti, si celano uso sconsiderato di pesticidi, sfruttamento dei braccianti, truffe sul finto biologico e prodotti di qualità scadente. Del giusto prezzo in agricoltura, quindi, è importante parlare: per questo EcorNaturaSì e Legambiente hanno promosso una campagna di trasparenza sui prezzi pagati agli agricoltori insieme a FederBio, Associazione Biodinamica e Goel, una cooperativa calabrese che combatte il caporalato e le mafie.

 

Come ha evidenziato Fabio Brescacin, presidente di EcorNaturaSì, non ci può essere biologico vero se non si affronta l’aspetto economico. Il giusto prezzo è alla base di un’economia sana, specie se – come nel caso del biologico – il prodotto ha costi più alti della media. Come cambiare il sistema? Creando un dialogo tra produttori, commercianti e consumatori, instaurando un rapporto di fiducia e di trasparenza per il raggiungimento di un obiettivo comune. Secondo Brescacin bisognerebbe dettagliare tutti i passaggi dal produttore al consumatore per capire come si arriva al prezzo finale: in questo modo le persone saprebbero cosa c’è dietro al cartellino. Oggi ci si appropria del bio in maniera fraudolenta perché è diventato di tendenza e la gente lo richiede senza però averne piena coscienza, pochi sanno che i costi ambientali di un’agricoltura selvaggia sono pazzeschi in termini di inquinamento, di salute e di dignità del lavoro. Il caporalato – di cui tutti si scandalizzano – è la punta dell’iceberg, frutto anche di una serie di inconsapevolezze. L’unico percorso da seguire è quello della trasparenza e della fiducia di comunità.

 

Perché Legambiente partecipa a questa campagna? Perché senza il giusto prezzo in agricoltura si hanno pesanti ricadute sull’ambiente, sulla salute dei consumatori, sui lavoratori: è una forma di “ecologia umana” come l’ha definita il presidente Stefano Ciafani. La lotta al caporalato non la fanno solo i carabinieri o i magistrati: possiamo farla noi scegliendo sugli scaffali i prodotti e le aziende che rispettano le regole. Le pratiche agricole a rischio hanno un impatto diretto sulla nostra salute: come consumatori possiamo aiutare gli agricoltori ad alzare l’asticella delle tutele. Rispettare l’ambiente conviene anche agli agricoltori, che – non dimentichiamolo – svolgono un importante lavoro di presidio del territorio a contrasto del dissesto idrogeologico.

 

Qual è il giusto prezzo in agricoltura?

 

Vincenzo Linarello è il presidente del gruppo cooperativo Goel, nato quindici anni fa in Calabria per innescare il riscatto contro la ndrangheta dimostrando che l’etica non solo è giusta, ma efficace. In che modo? Delegittimando economicamente la malavita. Goel Bio nasce dalla richiesta di aiuto di un gruppo di agricoltori vessati dalla malavita: una guerra dei nervi che da soli si è destinati a perdere. Goel Bio li ha organizzati in attività fondate sui valori, dimostrando che sottostare alla malavita non conviene: se olive o arance sono pagate 4-5 centesimi al chilo si viene schiacciati ed è impossibile non sfruttare i lavoratori. La legge sul caporalato, spiega Linarello, è un grande passo avanti, ma ha il difetto di agire solo alla fine della filiera. Goel, invece, ha ricostruito tutta la filiera produttiva e l’ha resa efficiente arrivando a pagare 40 centesimi al chilo: il giusto prezzo. Gli agricoltori, da parte loro, si sono dotati di un protocollo severo con ispezioni a sorpresa per verificare il rispetto delle regole. Torniamo così al principio della trasparenza e del dialogo tra le parti, di cui parlava Brescacin: produttori e distributori insieme. Sugli scaffali di NaturaSì i consumatori possono conoscere la storia degli agrumi Goel e le ragioni del loro prezzo.

 

Paolo Carnemolla, presidente di FederBio, ha insistito molto sull’importanza delle regole e sulla necessità di fare chiarezza. Il prezzo basso per i prodotti biologici, ad esempio, non è controllato né certificato, quindi si presta a molte ambiguità: anche se non si tratta di una truffa vera e propria, sicuramente deriva da una gestione incoerente, non è efficiente né sostenibile. La trasparenza deve partire da come si alleva o si coltiva in poi: deve essere corrisposto il giusto prezzo in ogni passaggio. Purtroppo oggi questa trasparenza non c’è perché la certificazione è troppo “sfrangiata”. Occorre fare un disciplinare e partire da chi produce ed ha in mano tutta la filiera.

 

Secondo Carlo Triarico, presidente di Associazione Biodinamica, i prezzi insufficienti non sostengono il bio: gli agricoltori onesti finiranno per essere soppiantati da quelli disonesti, e la prima vittima è proprio il consumatore: dall’agricoltore pagato male si arriva inevitabilmente al consumatore nutrito peggio, poiché l’abbattimento del prezzo è inversamente proporzionale all’uso di pesticidi. Il consumatore deve avere chiaro il concetto che il prezzo basso è una falsa soddisfazione perché significa che il prodotto è scadente, sta al commerciante facilitare la relazione tra questi due anelli della catena.

 

Fermo restando il principio del giusto prezzo dovuto a coltivazioni controllate, ci si chiede anche se l’acquisto di prodotti bio sia per tutte le tasche. Una famiglia monoreddito, ad esempio, se lo può permettere? Abbiamo girato la domanda a Fabio Brescacin.

 

 

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