L’Italia non può svendere l’acqua ai privati

Nel 2011, Berlusconi venne fermato da 27 milioni di Sì al referendum. Cinque anni dopo, il governo Renzi ritenta la privatizzazione dell’acqua

L'Italia non può svendere l'acqua ai privati

 

(Rinnovabili.it) – Non permetteremo a Renzi e Madia di realizzare la privatizzazione dell’acqua voluta da Berlusconi e Ronchi. Con questa convinzione, la società civile affila le sue armi comunicative, nella difficile impresa di dover respingere una seconda volta il tentativo di mettere sul mercato la risorsa primaria per il nostro sostentamento. Una risorsa la cui gestione pubblica era stata richiesta da 27 milioni di italiani con il referendum del 2011. A quasi cinque anni da quel giorno, il governo ha ripreso in mano il dossier, ma le prospettive sono nefaste. Ne abbiamo parlato con Marco Bersani, portavoce del Forum italiano dei movimenti per l’Acqua, proprio in occasione della Giornata Mondiale indetta dalle Nazioni Unite.

 

In questi giorni si è tornato a parlare di acqua nel nostro Paese, ma non per il World Water Day. Che cosa è successo? 

L'Italia non può svendere l'acqua ai privati 51
Marco Bersani, portavoce Forum dell’Acqua

Sono accaduti due fatti di estrema gravità. Il primo riguarda la legge d’iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua, presentata dal Movimento per l’Acqua nel 2007, con oltre 400.000 firme di cittadini. Quella legge, dimenticata nei cassetti per diversi anni, è finalmente tornata in discussione, ma il testo uscito dalla Commissione Ambiente è stato letteralmente stravolto da alcuni emendamenti del Partito Democratico, che espungono tutte le norme che andavano verso la piena gestione pubblica del servizio idrico.

Il secondo riguarda il Testo Unico per la gestione dei servizi pubblici locali, decreto attuativo della Legge Madia 2014: si tratta di un vero manifesto liberista, che impone la gestione di tutti i servizi pubblici attraverso società per azioni, che mette fortissimi vincoli alla gestione pubblica e che, addirittura, ripristina i profitti nella tariffa, utilizzando la stessa dicitura abrogata dal referendum del 2011. Si tratta di un attacco all’acqua e ai beni comuni, ma anche agli strumenti utilizzati dai cittadini per poter incidere sull’agenda politica: legge d’iniziativa popolare e referendum.

 

Perché il Movimento è convinto che la gestione del servizio, come immaginata dal governo, non funzionerebbe? 

Perché i dati di questi anni dimostrano come le gestioni in cui intervengono i privati comportano riduzione dell’occupazione, riduzione della qualità del servizi, riduzione degli investimenti e aumento delle tariffe, nessuna attenzione al risparmio della risorsa: d’altronde, da quali altri fattori, se non da quelli elencati, può derivare il profitto dei privati? Forse è il caso che il governo adotti una prospettiva meno “provinciale” e si accorga di come, negli ultimi 10 anni, in tutto il mondo siano avvenute oltre 140 ripubblicizzazioni del servizio idrico, la gran parte delle quali negli Usa, in Francia e in Germania.

 

L'Italia non può svendere l'acqua ai privati 4Lo scorso anno, una battaglia della società civile ha portato a una forte presa di posizione dal parte del Parlamento europeo sul diritto umano all’acqua. Quali rischi corriamo se queste indicazioni non verranno recepite? 

L’acqua e tutti i beni comuni sono sotto attacco, perché divenuti obiettivo dei grandi capitali finanziari che vogliono investire in servizi profittevoli e sicuri. Quindi la battaglia per l’acqua pubblica è fatta di passi in avanti e di resistenza agli attacchi. La posizione del Parlamento Europeo è un risultato importante, ma perché divenga effettivo il Parlamento dovrà anche bocciare il TTIP, il trattato di libero scambio Usa-Ue, che minaccia tutti i diritti e i beni comuni.

 

Quale sarà il percorso della società civile nel prossimo futuro per far valere le ragioni del referendum? 

Ad aprile partirà la stagione dei referendum sociali (scuola, ambiente, beni comuni, lavoro): dentro quel percorso, lanceremo un grande petizione nazionale per il ritiro del decreto Madia, per l’approvazione del testo originario della nostra legge d’iniziativa popolare, per l’inserimento del diritto all’acqua in Costituzione. Se il governo si illudeva di trovarci rassegnati, ha senz’altro sbagliato i conti: non permetteremo a Renzi/Madia quello che abbiamo impedito a Berlusconi/Ronchi.

Articolo precedenteIl riciclo della carta debutta a teatro
Articolo successivoAcqua: l’aumento della domanda apre le porte a una crisi globale

2 Commenti

  1. Se solo ci si limitasse a recepire la risoluzione del parlamento europeo dell’8 settembre 2015 che in seduta plenaria, ai punti 28 e 46 soprattutto, sollecita a non interrompere il ciclo di restituzione dell’acqua al sindaco mediante politiche di austerity artificiose, quindi acqua pubblica e fuori dalle grinfie dell’aeegsii, e sollecita, altresì, la banca europea ad intervenire in favore di quei sindaci in difficoltà economiche con mutui a tasso agevolato e a lungo termine per l’efficientamento delle reti e delle infrastrutture idriche.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Leave the field below empty!