Rifiuti speciali: poca prevenzione, l’Italia aumenta la produzione

I dati ISPRA mostrano un buon lavoro sul fronte del riciclo, ma occorre investire di più su quello della “prevenzione” dei rifiuti speciali

Rifiuti speciali

 

L’Italia produce 135,1 milioni di tonnellate di rifiuti speciali l’anno

(Rinnovabili.it) – Si chiamano rifiuti speciali ma di speciale hanno solo la distinzione da quelli prodotti a livello urbano. Sono gli scarti generati da attività industriali, commerciali e sanitarie, che richiedono una gestione differente rispetto ai rifiuti urbani, sia in termini di regimi autorizzativi che di obblighi di comunicazione. In Italia ne produciamo quasi 135,1 milioni di tonnellate l’anno. Dopo anni di flessione, il dato sta progressivamente aumentando, in linea con la ripresa economica. La spinta verso l’alto arriva soprattutto dalla categoria dei “pericolosi”, quelli che contengono al loro interno un’elevata dose di sostanze inquinanti e che devono essere trattati per essere resi innocui. A tenere il conto è l’ISPRA che ogni anno, grazie al contributo delle Agenzie regionali e provinciali per la Protezione dell’Ambiente, fornisce un quadro di informazioni oggettivo e puntuale sul comparto. E nel suo 17esimo Rapporto Rifiuti Speciali (pdf) sottolinea come gli scarti generati da attività produttive, commerciali e di servizio, siano ormai quattro volte superiori a quelli urbani.

 

Che fine fanno una volta raccolti? Buona parte viene riciclata, il resto esportata all’estero o conferita in discarica. Per i rifiuti speciali “non pericolosi” le attività di recupero della materia ci rendono primi in Europa: dei 125 milioni di tonnellate prodotte, 89,4 milioni vengono riciclati. Performance che dovrebbero ulteriormente aumentare con la pubblicazione dei singoli decreti di End of Waste per tipologia di rifiuto, i provvedimenti che definiscono i criteri in base a cui un prodotto passa dall’esser considerato rifiuto a fonte di materia prima seconda. “Il riciclaggio di qualità –si legge nella nota stampa dell’Istituto – consente di reimmettere materiali nei cicli produttivi, riducendo al contempo il ricorso allo smaltimento, in particolare a quello in discarica”. Per quest’ultima voce, la situazione è paradossale: se da un lato il Paese sta progressivamente diminuendo il numero di discariche operative, dall’altro sta incrementando la quantità di rifiuti speciale conferitivi (un più 7,9% dal 2015 al 2016).

 

C’è poi chi prende il largo. Secondo il report ISPRA, nel 2016 la quantità totale di rifiuti speciali portata oltre i confini nazionali – principalmente in Germania – è stata di circa 3,1 milioni di tonnellate, di cui 2,1 milioni “non pericolosi” e 1 milione etichettato come “pericoloso”. Ma l’Italia non esporta solamente: qui infatti arrivano i rifiuti speciali metallici prodotti da Germania, Austria e Ungheria.

Nel complesso, sottolineano gli autori, la poca prevenzione tuttavia rimane il punto dolente della filiera. Oggi il settore delle costruzioni e demolizioni costituisce uno dei flussi più importanti in termini quantitativi, con il 40,6 per cento di tutti rifiuti speciali prodotti a livello nazionale. Il resto lo fanno le attività di trattamento dei rifiuti e di risanamento (27,2 per cento) e il settore manifatturiero (20,7 per cento).

 

 

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