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Rischi ambientali, EEA: “Proteggere meglio cittadini più vulnerabili”

Nel rapporto pubblicato oggi, l’Agenzia spiega che, nonostante miglioramenti significativi delle condizioni di vita, è necessaria un’azione mirata per proteggere meglio i poveri, gli anziani e i bambini dai rischi ambientali

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Secondo la EEA, impatti dei rischi ambientali strettamente legati a reddito, istruzione ed età anagrafica

 

(Rinnovabili.it) – È necessaria un’azione mirata per proteggere meglio i poveri, gli anziani e i bambini dai rischi ambientali come l’inquinamento atmosferico e acustico e le temperature estreme, specialmente nelle regioni dell’Europa orientale e meridionale. Lo rivela un rapporto della European Environment Agency (EEA) pubblicato oggi, nel quale si avverte che, nonostante miglioramenti significativi delle condizioni di vita sia a livello economico che in termini di qualità ambientale, persistono disparità regionali tali per cui la salute dei cittadini più vulnerabili rimane colpita in modo sproporzionato da questi rischi. La relazione dell’Agenzia richiama l’attenzione sugli stretti legami tra problemi sociali e ambientali in tutta Europa. La distribuzione di queste minacce ambientali e gli impatti che hanno sulla salute umana rispecchiano da vicino le differenze di reddito, disoccupazione e il livello di istruzione, differenze che rendono necessari un migliore allineamento delle politiche sociali e ambientali e azioni locali migliorate per affrontare al meglio la giustizia ambientale.

 

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Ad essere più esposte all’inquinamento atmosferico sono le regioni dell’Europa orientale e quelle dell’Europa meridionale, dove i redditi e l’istruzione sono più bassi e i tassi di disoccupazione superiori alle medie europee. Le regioni più ricche, comprese le grandi città, tendono ad avere in media livelli più alti di biossido di azoto (NO2), soprattutto a causa dell’elevata concentrazione del traffico stradale e delle attività economiche. Tuttavia, all’interno di queste stesse regioni, sono le comunità più povere a essere maggiormente esposte a livelli locali più elevati di NO2. L’esposizione all’inquinamento acustico, invece, è molto più localizzata rispetto a quella all’inquinamento atmosferico e i livelli ambientali variano considerevolmente su brevi distanze. Nel rapporto è emerso che le città con popolazioni più povere hanno livelli di rumore più elevati. Per quanto riguarda le temperature estreme, infine, è emerso che fattori socio-demografici quali livelli bassi di reddito e istruzione, livelli alti di disoccupazione e anzianità della popolazione possono ridurre la capacità delle persone di rispondere e di evitare ondate di calore o di freddo e quindi produrre risultati negativi per la salute, fattore che comporta il verificarsi di malattie e decessi associati a queste problematiche.

 

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Cosa sta facendo l’UE per affrontare il problema? Negli ultimi decenni, sono stati compiuti notevoli progressi per ridurre l’inquinamento atmosferico e gli Stati membri hanno attuato varie politiche per migliorare l’adattamento ai cambiamenti climatici. Ma secondo l’Agenzia si potrebbe fare di più. La politica regionale dell’UE ha dimostrato la sua efficacia nell’aiutare a combattere le disuguaglianze sociali ed economiche. Un certo numero di autorità regionali e cittadine sono anche proattive nel ridurre l’impatto dei rischi ambientali sui membri più vulnerabili della società, agendo su una migliore pianificazione territoriale e gestione del traffico stradale, vietando alcuni combustibili per il riscaldamento domestico, proteggendo i bambini dal rumore degli aerei e della strada con barriere antirumore e strutture protettive nelle aree gioco all’aperto, mettendo in atto anche piani d’azione per migliorare la risposta alle emergenze e aiutare gli anziani e altri gruppi vulnerabili durante ondate di calore o ondate di freddo.

 

Nonostante l’enorme successo delle politiche europee nel corso degli anni per migliorare la nostra qualità di vita e proteggere l’ambiente – ha dichiarato il direttore esecutivo dell’EEA, Hans Bruyninckxsappiamo che possiamo fare di più in tutta l’UE per assicurarci che tutti gli europei, indipendentemente da età, reddito o livello di educazione, siano ben protetti dai rischi ambientali che affrontiamo”.

 

CONSULTA IL RAPPORTO DELL’ENERGY ENVIRONMENT AGENCY

 

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Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

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L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.