Lo sbiancamento dei coralli colpisce anche a Okinawa

Colpita gran parte della barriera giapponese, il 90% dei coralli è colpito dallo sbiancamento. Secondo il Noaa è un fenomeno che colpirà in tutto il mondo senza più fermarsi

Lo sbiancamento dei coralli colpisce anche a Okinawa

 

(Rinnovabili.it) – L’eccezionale e catastrofico sbiancamento dei coralli che ha travolto la Grande Barriera Corallina quest’anno potrebbe ripetersi senza sosta anche nel prossimo futuro. Il riscaldamento globale e il conseguente aumento della temperatura degli oceani ha distrutto interi ecosistemi nei mesi scorsi. Ma fino ad ora sembrava un fenomeno tutto sommato isolato, per quanto preoccupante vista l’intensità. A smentire questa ipotesi intervengono gli scienziati del programma Coral Reef Watch del Noaa, che disegnano un quadro ben diverso.

Secondo lo scienziato a capo dell’ente, Mark Eakin, l’attuale sbiancamento dei coralli non finirà nel 2017, con il previsto attenuarsi degli effetti di El Nino, ma probabilmente continuerà a colpire in tutto il mondo, senza sosta, alternando tra emisfero nord e sud del pianeta a seconda del variare delle stagioni. Il primo indizio è sotto i nostri occhi proprio in questi giorni. Prima l’Australia, adesso l’isola giapponese di Okinawa 4.000 km più a nord. I primi dati raccolti sul posto parlano chiaro: alcune delle barriere hanno fino al 90% di coralli sbiancati, e di questi il 10% è già morto. Numeri che potrebbero peggiorare rapidamente, ma che bastano per segnare il triste primato di peggior catastrofe dal 1998 nelle acque nipponiche.

 

I coralli iniziano a sbiancare quando le acque circostanti diventano più calde della norma. A meno che le temperature non scendano in tempi relativamente rapidi iniziano a morire. Nelle fasi di medio stress, invece di sbiancare i coralli diventano “fluorescenti” perché aumentano la loro pigmentazione. Tutte questi tre stadi – sbiancamento, fluorescenza, morte – sono stati osservati a Okinawa. La morìa più consistente è avvenuta nella fascia intorno ai 2 m di profondità, mentre sotto i 4 m al momento è più sporadica. In parallelo è stato osservato un mutamento dell’intero ecosistema, con la scomparsa della maggior parte delle specie di pesci, ad eccezione di quelli erbivori che si nutrono delle alghe che proliferano sui coralli morti.

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