I tesori geologici delle Montagne Transantartiche

Il diario di spedizione dei geologi dell’Università di Siena nella XXX° Spedizione del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide

Partenza dalla Nuova Zelanda con aereo militare statunitense
Partenza dalla Nuova Zelanda con aereo militare statunitense

 

(Rinnovabili.it) – Missioni in elicottero sulle Montagne Transantartiche in un raggio di oltre 300 km dalla stazione scientifica italiana Mario Zucchelli a Baia Terranova e di quella americana di McMurdo nel Mare di Ross, una impegnativa missione con un Twin Otter, un piccolo aereo bimotore provvisto di pattini, nel profondo sud, al parallelo 83°, oltre 1100 km dalla base.

Questa l’organizzazione logistica fornita dall’agenzia ENEA alla nostra ricerca, condotta nell’ambito della 30° Spedizione del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide. Siamo un gruppo di quattro geologi dell’Università di Siena che sino al 3 febbraio 2015 e con le risorse logistiche della base italiana e di quella americana di McMurdo si confronterà con la geologia di un’ampia regione (oltre 1000 km) delle Montagne Transantartiche.

La vasta distesa bianca dall’aereo
La vasta distesa bianca dall’aereo

 

 

Dopo un solo “no go” ed un lungo volo di circa 7 ore con il C-130 della United States Air Force che ha attraversato l’Oceano Meridionale per oltre 3800 km, siamo atterrati su una pista sulla piattaforma di ghiaccio di Ross, presso la base McMurdo il 31 gennaio 2014, dalla quale, con un volo di un’ora di Twin Otter, abbiamo infine raggiunto la stazione scientifica Mario Zucchelli nella Baia Terra Nova.

Il progetto di ricerca, finanziato dal MIUR e coordinato da CNR e CSNA, coinvolge anche ricercatori degli atenei di Padova e Roma Tre, e di due centri del CNR (Pisa e Milano) e, per la parte di divulgazione scientifica, insegnanti di scienze o geografia di due istituti di istruzione secondaria (Prato, Pinerolo). Il progetto infatti include inoltre una specifica attività dedicata alla didattica delle scienze con una importante parte di divulgazione e comunicazione nelle scuole. Sui temi riguardanti la storia dei ghiacci antartici nella regione della spedizione è da ora disponibile gratuitamente la seconda edizione di CLAST, una applicazione per iPad (itunes.apple.com/us/app/ clast/) e per web (www.smiledragon.it/SCAMBIO/CLAST/Clast.html) didattica e interattiva sviluppata per spiegare argomenti di geologia e scienze della Terra, un viaggio nello spazio (in Antartide) e nel tempo (negli ultimi 150 mila anni) alla scoperta delle caratteristiche dell’immensa calotta glaciale antartica e della sua evoluzione in risposta ai cambiamenti climatici.

 

Le linee guida della nostra ricerca, radicate in oltre 20 anni di studi in altre regioni antartiche, coincidono con alcune fondamentali domande sulla storia geologica e glaciale dell’Antartide nella regione del Mare di Ross. La ricerca punta a ricostruire eventi salienti di un lungo arco di tempo della storia geologica dell’Antartide, da quelli più recenti di modellamento del paesaggio, legati all’azione erosiva e di trasporto e accumulo dei ghiacci e al sollevamento delle Montagne Transantartiche (la storia degli ultimi 60 milioni di anni), ai processi che hanno formato le rocce fluviali e lacustri con abbondanti resti di rettili, pesci e foreste del Permo-Trias (tra 300 e 200 milioni di anni fa). Grazie a rare tracce conservate in particolari zone ove la deformazione profonda della crosta ne ha garantito la risalita in superficie e alle profonde incisioni in alcune valli glaciali, il lavoro riguarderà anche i processi più antichi (sino a oltre 2,5 miliardi di anni) ricostruibili dell’evoluzione della crosta continentale profonda delle Montagne Transantartiche.

 

Arrivo in Antartide alla Base McMurdo
Arrivo in Antartide alla Base McMurdo

 

La nostra prima missione: Foreste, incendi e …. asteroidi?

 

La nostra prima uscita in elicottero ci ha portati ad Allan Hills, un rilievo montuoso al limite con lo sterminato plateau antartico orientale, circa 200 km a sud della base. Qualche nuvola all’orizzonte ma poco vento e temperature non particolarmente basse (-13 °C), d’altronde è piena estate!

Dopo avere ripreso tutta l’area con una videocamera installata all’esterno dell’elicottero, appena atterrati abbiamo organizzato una battuta a ventaglio camminando suddivisi per una ricognizione di alcune ore. Le rocce, arenarie e conglomerati, prodotti dalla cementazione e compattazione di originarie sabbie e ghiaie, hanno rilevato da subito la presenza di abbondanti resti vegetali fossili (flora a Dicroidium) del Triassico (circa 200-250 milioni di anni fa) e strutture sedimentarie indicative di ambienti fluviali.

 

Tronchi carbonizzati a seguito di incendi
Tronchi carbonizzati a seguito di incendi

 

Con un pizzico di fortuna la nostra ricerca è stata rapidamente premiata con il rinvenimento di numerosi frammenti di tronchi fossili silicizzati immersi nelle arenarie fluviali, ma con una curiosità: molti erano carbonizzati sul lato esposto in superficie ed inoltre erano tutti allineati. Altri tronchi erano invece completamente carbonizzati. La presenza di tronchi fossili e di importanti livelli di carbone testimonia come il clima di quest’area dell’Antartide fosse nel Permo-Triassico molto diverso dall’attuale, in assenza di calotte glaciali, ma con l’esistenza di estese foreste a conifere e di ampie aree paludose come documentano i livelli di carbone… però c’è di più…

La grande quantità di tronchi fossili carbonizzati suggerisce, con grande probabilità, la diffusione di enormi incendi che avrebbero totalmente devastato la foresta permo-triassica per un’area vastissima, come sembrerebbero indicare anche ricerche di scienziati indiani ed americani, basate su evidenze indicative di una combustione ad elevata temperatura conservate nelle tessiture dei resti fossili. A questo punto la domanda è legittima: da cosa sono stati innescati questi incendi?

 

Tronco fossile silicizzato inglobato nelle arenarie fluviali
Tronco fossile silicizzato inglobato nelle arenarie fluviali

 

Le risposte possono essere molteplici. Una risposta è che siano stati innescati da eruzioni vulcaniche, mentre un’altra risposta, più suggestiva ma totalmente da documentare, è che gli incendi possano essere dovuti all’impatto di un asteroide, che avrebbe prima grazie allo shock abbattuto gli alberi della foresta orientandoli, e poi li avrebbe incendiati in toto o sulle parti esposte in superficie non “affogate” e protette nei sedimenti. Vedremo se le nostre future ricerche sia qui in Antartide che soprattutto nella successiva fase di analisi in laboratorio riusciranno a risolvere questo enigma!

 

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Foto del legno fossile

 

 

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Il gruppo di spedizione, dell’Università di Siena, comprende: Gianluca Cornamusini, Matteo Perotti, Sonia Sandroni e Franco Talarico. Gianluca è docente di stratigrafia e sedimentologia presso il Dipartimento di Scienze Fisiche, della Terra e dell’Ambiente ed il Centro di Geotecnologie. Matteo è dottorando nella Scuola di Dottorato di Scienze e Tecnologie Ambientali, Geologiche e Polari. Sonia è ricercatrice di petrologia e tecnico presso la Sezione di Geologia del Museo Nazionale dell’Antartide. Franco è docente di petrologia nel Dipartimento di Scienze Fisiche, della Terra e dell’Ambiente e coordinatore del progetto.

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