Trump censura, gli scienziati diventano clandestini

Se la scienza viene sottomessa alla politica, è ancora scienza? E’ il momento di chiederselo, visto che Donald Trump ha ordinato al suo team di censurare ogni studio “scomodo” dell’Epa

Trump censura, gli scienziati diventano clandestini

 

(Rinnovabili.it) – Se la scienza viene sottomessa alla politica, è ancora scienza? Che validità può avere uno studio scientifico censurato in qualche sua parte (o del tutto), laddove i dati non combaciano con i desideri del politico di turno? La domanda non sembra imbarazzare la nuova amministrazione degli Stati Uniti. Così, ieri Donald Trump ha disposto che qualsiasi report, studio e documento venga prodotto dall’Epa, l’Agenzia per la protezione dell’ambiente, venga controllato dal suo team prima di essere pubblicato.

Lo stesso meccanismo riguarderà il materiale che l’Agenzia federale mette online sul suo sito, inclusi i dati e gli studi già presenti. In queste ore, fa sapere un portavoce dell’Epa, il team di Trump sta revisionando l’intero sito e potrebbe cancellare le prove scientifiche e i dati che provano l’esistenza del riscaldamento globale e il ruolo delle emissioni antropiche. Sentito da Reuters, il capo del team di transizione di Trump per l’ambiente, Myron Ebell, ha confermato che si aspetta che gran parte delle pagine web dedicate ai cambiamenti climatici vengano oscurate, ma che i link agli studi scientifici resteranno disponibili. In che modo, non è dato sapere.

 

Cos’ha fatto finora Trump…

È solo l’ultimo capitolo della crociata di Trump contro la scienza e le politiche climatiche. Dal suo insediamento ufficiale, meno di una settimana fa, il presidente non ha certo perso tempo. Prima ha pubblicato il suo America First Energy Plan, documento programmatico con cui si impegna a “eliminare le politiche dannose e inutili”. Nella lista ci sono il Climate Action Plan di Obama, che nel 2013 aveva stabilito l’obiettivo di raddoppiare la produzione di elettricità da fonti rinnovabili, e il Clean Water Rule, provvedimento che tutela la salute pubblica attraverso la protezione dei corsi d’acqua nazionali, recentemente esteso anche alle terre federali.

In parallelo ha firmato due decreti esecutivi per riprendere i progetti del Keystone XL e del Dakota Access (DAPL), due pipeline di migliaia di chilometri che sembravano ormai opzioni tramontate. Il Keystone XL era stato abbandonato dallo stesso Obama, mentre il DAPL è stato al centro di una forte protesta guidata dalla tribù Sioux Standing Rock, che è riuscita a bloccare tutti i lavori.

 

Trump censura, gli scienziati diventano clandestini

… e cosa sta per fare

Altri decreti esecutivi potrebbero essere annunciati a breve. Uno su tutti potrebbe avere delle conseguenze imprevedibili e difficili da calcolare. Lo riporta il New York Times, che sostiene di aver letto la bozza del documento. In sostanza, Trump sarebbe pronto a chiudere i rubinetti: stop ai finanziamenti a tutte quelle agenzie e organizzazioni internazionali che infrangono una serie di criteri. Uno di questi criteri è il riconoscimento della Palestina come Stato membro, mossa che hanno fatto l’Unesco ma soprattutto l’Unfccc, l’organo sul clima delle Nazioni Unite che anima le varie COP. Sarebbe una vera e propria mazzata: gli Usa contribuiscono con 4 milioni di dollari ogni anno, cioè il 20% del budget totale dell’agenzia. Oltre ai tagli mirati, Trump sarebbe pronto a tagliare del 40% tutti i finanziamenti statunitensi a qualsiasi agenzia internazionale.

Un secondo decreto esecutivo che potrebbe arrivare a breve sulla scrivania presidenziale riguarda i trattati internazionali. Trump ha già bloccato il TPP, l’accordo sul commercio internazionale nell’area del Pacifico, ma la nuova disposizione andrebbe ben oltre. Prevede, riporta sempre il NYT, che tutti gli accordi stretti con più di uno Stato, che non riguardano solo la sicurezza nazionale, debbano essere rivisti. Tra gli accordi, ovviamente, ricade anche quello di Parigi firmato a dicembre 2015 ed entrato formalmente in vigore lo scorso novembre. Non è ancora chiaro con che spirito sarà condotta la revisione, ma potrebbe preludere all’uscita degli Usa dall’accordo, ipotesi che d’altronde Trump aveva già ventilato in campagna elettorale.

 

La “Resistenza”

Mentre la nuova amministrazione americana inaugura una stagione politica in cui sembra che i fatti possano essere messi in discussione da chiunque, contro qualsiasi evidenza, sotto l’etichetta di “fake news”, c’è chi non ci sta e corre ai ripari. È il caso di molte agenzie federali degli Stati Uniti, terrorizzate dall’approccio ultra aggressivo di Trump sui temi dell’ambiente e del clima. Tutte hanno ricevuto la consegna del silenzio: nessun loro dipendente può parlare con i media, dare versioni e pareri alternativi a quelli della squadra del presidente.

Così, visto che gli account social ufficiali sono di fatto bloccati – e in qualche caso sono già stati cancellati dei contenuti – almeno 14 di queste agenzie hanno creato degli account twitter “alternativi”: vale a dire non ufficiali, gestiti da qualche dipendente di quelle agenzie che non si arrende alla marea climatoscettica di Trump. Promettono tutti di continuare a diffondere dati e notizie basate su studi scientifici, aggirando il divieto del presidente.

C’è la Nasa, l’Epa, la Noaa, la Fda, insieme ad altre agenzie e anche alcuni parchi nazionali come quello di Yosemite (qui una lista degli account). Molti si definiscono “Resistance Team”, gruppi di resistenza, altri mettono in evidenza con la sigla “alt” che sono una versione alternativa a quella ufficiale. Facendo il verso a quella ”Alt-Right”, l’estrema destra americana e non solo, che ha in Trump il suo campione.

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