Un altro anno di collasso per la vegetazione del Pianeta

Secondo i dati del nuovo report dell’Università del Maryland sullo stato di salute della vegetazione globale, il 2018 è stato il diciassettesimo anno consecutivo di calo drastico, quarto peggiore di sempre dopo 2016, 2017 e 2014

vegetazione

 

 

(Rinnovabili.it) – La vegetazione del nostro Pianeta continua a diminuire a ritmi drammatici, ponendo serie minacce su quella che i climatologi descrivono come principale risorsa naturale per moderare il cambiamento climatico su scale temporali brevi e rispondere con urgenza ai suoi impatti.

Secondo i ricercatori dell’Università del Maryland – che ogni anno censisce l’estensione del verde globale – il 2018 è stato un annus horribilis, il quarto peggiore di sempre. In particolare, l’area coperta da alberi presenti sulla superficie terrestre è diminuita di circa 12-13 milioni di ettari (1 ettaro equivale a 10.000 metri quadrati, ndr). Questa progressiva diminuzione non accenna a fermarsi, nonostante le politiche di tutela imposte da vari Paesi sotto la spinta dei moniti della Scienza, che sottolinea da anni come preservare il verde globale sia priorità assoluta nella lotta al climate change, al pari del taglio dell’uso delle fonti fossili.

 

All’interno della Biosfera, la vegetazione gioca un ruolo cruciale nel bilancio del carbonio agendo da moderatore climatico. Si stima infatti che assorba complessivamente circa il 33% dell’anidride carbonica emessa ogni anno da attività antropiche. Per dare un’idea della quantità di CO2 accumulata nelle foreste in tutto il Pianeta, una eventuale completa deforestazione libererebbe in una sola volta una quantità di gas serra equivalente a quella emessa bruciando l’intera massa di combustibili fossili disponibili all’estrazione in questo momento. Secondo Frances Seymour del World Resources Institute (WRI) che ha seguito lo studio, “la continua distruzione delle foreste mina alla base i tentativi di stabilizzare il clima globale”.

 

Il rapporto dell’Università del Maryland è basato sull’analisi di immagini satellitari ed in particolare individua su una mappa globale digitale la rimozione completa di piante ed alberi utilizzando pixel con una risoluzione massima di 30×30 metri. Queste immagini sono disponibili online e navigabili gratuitamente all’interno del Global Forest Watch. Analizzando i risultati per l’anno 2018 si può notare un piccolo rallentamento nell’incidenza della deforestazione rispetto a 2016 e 2017, che sono stati invece anni di calo senza precedenti a causa degli incendi boschivi diffusi su tutto il Pianeta. 2016 e 2017 hanno visto scomparire rispettivamente 29.7 e 15.8 milioni di ettari di verde su scala globale. Il trend è mediamente di nettissima diminuzione dal 2002, anno di inizio della serie storica

 

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Il dato più allarmante per il 2018 è la scomparsa record di foresta pluviale vergine (la cosiddetta “foresta primaria”) che ha visto sparire 3.67 milioni di ettari, un’area più estesa del Belgio. I ricercatori sottolineano l’importanza fondamentale per la Biosfera di questo tipo di vegetazione più “anziana” ed incontaminata che trattiene maggior quantità di carbonio rispetto a quella più “giovane”, esercitando una forte azione regolatrice sul Pianeta tramite fenomeni di feedback climatico. “La foresta primaria rappresenta uno dei più importanti ecosistemi in natura, ricchi di carbonio e biodiversità. Si tratta di una delle perdite più importanti in atto” sostiene Liz Goldman, co-autrice del report.

 

Storicamente Brasile ed Indonesia hanno condiviso la maglia nera in quanto a perdita di vegetazione tropicale secolare, rappresentando da soli circa due terzi della diminuzione globale. Nel 2018 si sono aggiunte anche Repubblica Democratica del Congo, Colombia e Bolivia, registrando insieme una perdita netta di più di 8 miliardi di metri quadrati.

Il Brasile tuttavia continua a primeggiare in questa triste classifica: la sola deforestazione in Amazzonia – seppur ridotta del 70% rispetto ai livelli del 2005 – ha distrutto 13.5 miliardi di metri quadrati di verde nel 2018. L’Indonesia invece si è fermata “solo” a circa 3.4 miliardi. I dati mostrano infine drastici aumenti della deforestazione in Gana e Costa d’Avorio – con incrementi rispettivamente del 60 e del 26% – principalmente a causa dell’espansione delle coltivazioni di cacao, spinta da un forte aumento della domanda mondiale.

 

La deforestazione è un fenomeno che ha molto più a che fare con l’Occidente di quanto si pensi, sia per quanto riguarda le cause, che le conseguenze che ha sul cambiamento climatico. Va ricordato infatti che i motivi principali della graduale scomparsa di vegetazione sono, insieme all’azione degli incendi, la necessità di far spazio a nuove coltivazioni più remunerative (cacao, soia e soprattutto olio di palma) e l’estrazione mineraria. La maggior parte di questi beni è destinata fatalmente a mercati occidentali. Ancora Seymour chiude il report concludendo che “per ogni ettaro di foresta perduto, ci avviciniamo sistematicamente agli scenari peggiori previsti dall’IPCC”.

 

 

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