Rinnovabili • First Siena Solutions Conference, si costruisce la sostenibilità

Siena, capitale dello sviluppo sostenibile nel Mediterraneo

Si è aperta questa mattina alla Certosa di Pontignano la First Siena Solutions Conference, prima conferenza internazionale del network promosso dall’Onu

First Siena Solutions Conference, si costruisce la sostenibilitàSviluppo sostenibile coniugato nei suoi paradigmi principali, ovvero ambiente, energia, salute e crescita economica. Questo il cuore pulsante della First Siena Solutions Conference, la conferenza internazionale che si apre oggi nella cornice della certosa di Pontignano, in provincia di Siena, per discutere in maniera proattiva del futuro di una delle regioni del mondo occidentale più preziose e fragili: il Mediterraneo.

Da questa mattina al 5 luglio, l’antico cenobio – oggi Centro Congressi dell’Università degli Studi di Siena – ospiterà una tre giorni dal respiro internazionale, convogliando allo stesso tavolo esperti, rappresentanti di istituzioni e gruppi di ricerca per analizzare le sfide per la sostenibilità del Mediterraneo e per identificare un primo set di potenziali soluzioni capaci di rispondere in modo pratico ed efficace a queste sfide. A presiedere i lavori saranno l’economista Jeffrey Sachs e il Rettore dell’Università di Siena, Angelo Riccaboni, entrambi personaggi fondamentali del più ampio progetto in cui è inserita la Conferenza.

 

L’evento, presentato a Roma solo qualche giorno fa, è infatti il primo appuntamento importante nato in seno all’hub di progetto MED Solutions, il Centro per il Mediterraneo presso l’Università di Siena; l’hub è a sua volta una costola dell’UN Sustainable Development Solutions Network, la rete di esperti e centri di ricerca internazionali che ha stilato un’agenda di azioni fondamentali nel prossimo quindicennio, fino al 2030, per favorire lo sforzo globale per il raggiungimento dello sviluppo sostenibile. Guidato da Sachs e lanciato a settembre 2012 dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon il Network ha preparato nel documento “Action Agenda for Sustainable Development” contenente le 10 priorità per rendere sostenibile il nostro modello di sviluppo globale: crescita economica e lotta alla povertà, inclusione sociale, sostenibilità ambientale, capacità di governare il cambiamento.

 

L’Università di Siena ha aderito a questa rete fin dalla sua nascita, divenendo qualche mese fa centro di coordinamento di MED Solutions. “E’ una grande sfida e insieme un grande onore per l’Università di Siena fare parte del grande progetto del Sustainable Development Solutions Network”, ha spiegato il professor Angelo Riccaboni, rettore dell’Ateneo. “Siamo impegnati da anni negli studi sulla sostenibilità nell’ambito economico ed ambientale. Gli obiettivi sostenuti dal network hanno la prospettiva di un cambiamento che è epocale e che è insieme indispensabile per il futuro dell’umanità. Sostenibilità significa equilibrio e possibilità per le future generazioni di non ritrovarsi più in periodi come quello che stiamo vivendo, negativi sotto il profilo dello sviluppo economico dei paesi e delle opportunità per i singoli individui. Credo che gli studiosi abbiano il dovere di trovare soluzioni; la rete scientifica sotto l’egida dell’Onu consentirà una maggiore forza e il coordinamento di tutte le idee per la loro realizzazione”.

 

In questo contesto, la Conferenza di Siena offrirà un fondamentale momento di dibattito e di studio sullo sviluppo sostenibile, ma soprattutto uno spazio d’elezione per confrontarsi sull’azione vera e propria. Con il bando internazionale chiuso lo scorso 25 maggio, sono state raccolte 38 proposte o “solutions” dedicate ai Paesi del Mediterraneo ed avanzate da enti di ricerca internazionali, Atenei, studenti universitari e singoli studiosi; i membri della rete Sustainable Development Solutions Network insieme ad esperti dell’Università di Siena hanno selezionato 5 progetti – 2 dei quali redatti da studenti – riguardanti in modo particolare la conservazione dell’ambiente terrestre, atmosferico oltre che marino. Si tratta di soluzioni pratiche che intrecciano alla questione ambientale risvolti sociali ed economici, come nel caso del progetto presentato da enti e ricercatori palestinesi e dedicato al miglioramento della produzione agricola nelle zone rurali povere con l’introduzione di pannelli solari e utilizzo di biogas; o ancora, la proposta dell’Università di Palermo, finalizzata al ripristino della Posidonia oceanica attraverso l’impiego di un sistema di plastiche biodegradabili sui fondali marini.

 

Le altre tre solutions selezionate riguardano:

 

– la conservazione delle foreste in Sardegna tramite un progetto di una studentessa dell’Università di Sassari; il progetto mira a promuovere un mercato di pagamenti per l’uso dell’ecosistema della foresta di Ghirghine, nella provincia di Oristano. Le somme reperite da questo mercato tra soggetti pubblici e privati che “comprano” quote di consumo delle risorse, servirebbe a preservare e sviluppare la foresta.

 

– La mitigazione del riscaldamento globale attraverso i “cool roofs”, tetti freddi letteralmente che hanno elevata capacità di riflettere la luce solare; la solution è stata presentata da uno studente dell’Università di Perugia e si propone di misurare l’impatto dell’utilizzo di questa speciale tecnologia di copertura che permetterebbe di limitare l’utilizzo di aria condizionata negli edifici.

 

– La massimizzazione delle potenzialità degli interventi di riduzione delle emissioni su vasta scala, grazie al progetto del Global Footprint Network, che propone di combinare gli indicatori sull’impronta ecologica con altri parametri esistenti, come quelli sullo sviluppo umano di UNDP, per fornire basi di dati affidabili e condivisi.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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