Io sono cultura 2019, la bellezza è un antidoto alla crisi

I dati del Rapporto Io sono cultura 2019 realizzato da Unioncamere e Fondazione Symbola con la Regione Marche mostrano con chiarezza dov’è la chiave della nostra ripresa: cultura e creatività muovono l’economia e producono posti di lavoro con uno spiccato orientamento alla sostenibilità

io sono cultura 2019

 

(Rinnovabili.it) – Cosa distingue il Rapporto Io sono cultura 2019, realizzato da Unioncamere con Fondazione Symbola e la collaborazione della Regione Marche? Quantifica il peso della cultura nell’economia, come ha spiegato Fabio Renzi, segretario generale della Fondazione Symbola.

La cultura è un settore produttivo strategico per lo sviluppo dell’Italia. Nonostante gli ultimi anni siano stati segnati da una pesante crisi economica non ancora esaurita, da questa IX edizione di Io sono cultura 2019 emerge un dato su cui riflettere: quando si parla di cultura, sia come core cultura (industrie creative, industrie culturali, patrimonio storico-artistico, performing arts) che come creative driven (ovvero le attività che non fanno parte della filiera, ma sono ad essa collegate come grafici, registi, attori, artisti, organizzatori di eventi, etc.) le cifre sono contrassegnate dal segno più, che tradotto significa maggiore impulso a lavoro, economia, ricchezza. E si parla di un’economia virtuosa, circolare e orientata alla sostenibilità.

 

Giuseppe Tripoli, presidente di Unioncamere, ha presentato una serie di schede esplicative di grande interesse. Innanzi tutto ha ricordato che in Italia ci sono ben 54 siti Unesco (siamo il Paese che ne ha di più): più del 40% delle imprese del core cultura operano nei comuni inclusi in questi siti Unesco. Stupisce, anche se non dovrebbe, il valore generato dal settore cultura, che ha un effetto moltiplicatore sull’economia: nel 2018, sempre dai dati di Io sono cultura 2019, si scopre che il valore aggiunto della filiera è di 265,4 miliardi di euro (in aumento rispetto all’anno precedente).

Ma cosa significa in sostanza effetto moltiplicatore? Significa che vengono attivati i settori più diversi: dal commercio al turismo, dalle produzioni agricole (con un trend in crescita a favore del biologico) ai trasporti, dalla cura e manutenzione del paesaggio, dalla R&S all’edilizia civile al recupero del patrimonio architettonico. In Europa, tra l’altro, siamo i primi della classe come numero di imprese culturali: l’Italia contribuisce per il 14,5%.

 

Parlando di occupazione, nella cultura si registra un +1,5% che corrisponde al 6,1% dell’occupazione totale del Paese (ovvero 1,55 milioni di persone). Le aziende culturali e creative dimostrano una capacità trainante del territorio, anche se purtroppo la forbice Nord-Sud rimane molto allargata. La maggiore concentrazione di occupati è nelle grandi aree metropolitane, soprattutto del Centro-Nord, e riguarda in gran parte lavoratori giovani e qualificati: le prime due regioni a creare valore aggiunto e occupazione sono infatti Lombardia e Lazio, trainate dagli hub culturali di Milano e Roma. Tra le province, Milano guida la classifica in termini di ricchezza, occupazione e posti di lavoro prodotti. La giovane età degli occupati incide positivamente sulla voglia di innovazione: investire in creatività si traduce in una maggiore innovazione di prodotto e di processo, di organizzazione e di marketing. Inutile dire che le imprese industriali che investono in creatività son anche quelle che utilizzano le tecnologie 4.0. La creatività inoltre rende le imprese molto più competitive sotto ogni profilo rispetto a quelle “vecchio stile”: il confronto è schiacciante per fatturato (42% contro 21%), occupazione (33 a 15) ed export (35 contro 26). Io sono cultura 2019 riporta dati confortanti anche sul fronte dell’occupazione femminile. Le imprese femminili nel comparto culturale sono in crescita: sono 52.391, pari al 18% delle imprese del Core Cultura.

 

Io sono cultura 2019,

 

Cultura e creatività come si rapportano alle sfide di oggi, a cominciare da quella climatica? Possono costituire un valore aggiunto? Risposta affermativa per Ermete Realacci. Alla luce dei dati del Rapporto Io sono cultura, «se l’Italia produce valore e lavoro puntando sulla cultura e sulla bellezza, aiuta il futuro e favorisce un’economia più a misura d’uomo e, anche per questo, più competitiva e rispettosa dell’ambiente». Infatti sempre più imprese culturali e creative, sia in Italia che in Europa, ragionano in termini di investimenti in tecnologie pulite, di sostenibilità ambientale ed economica. In qualche caso possono perfino orientare le politiche pubbliche, hanno un’influenza importante nel sensibilizzare e coinvolgere la società civile verso scelte etiche.

 

Creatività è una parola chiave, e deve esserlo anche nel campo formativo, ha affermato Gianluca Vacca, sottosegretario al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali. A questo proposito ha citato il proseguimento del programma S’illumina (da febbraio 2019 denominata Per chi crea), promosso alcuni anni fa dal Mibac e gestito dalla Siae per sostenere la creatività e la promozione culturale nazionale e internazionale dei giovani, a partire dalle scuole. Vacca ha segnalato l’ingresso nel Mibac  di moda e design come elemento organico della vita culturale italiana: un importante riconoscimento per la qualità del Made in Italy.

Come ha affermato Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola, «bellezza, cultura e creatività incrementano ricchezza e occupazione, fanno crescere il soft power dell’Italia». Noi ci piacciamo sempre poco e siamo ipercritici, ma fortunatamente il mondo ci vede molto meglio di come ci vediamo noi. Realacci ha citato a questo proposito una divertente e significativa battuta dell’ex-segretario generale delle Nazioni Unite  Ban Ki  Moon: «Quando indosso una cravatta italiana ho l’impressione che mia moglie mi voglia più bene!».

 

L’Italia ha un patrimonio prezioso e non inquinante: l’intelligenza. Scommettere su innovazione e bellezza significa produrre meno beni ma di qualità, più belli e più durevoli. Il Rapporto Io sono cultura 2019 sottolinea che un’economia a misura d’uomo, quindi meno inquinante e più sostenibile, non significa contrazione della produzione o perdita di competitività. Realacci ha ricordato che ci sono aziende che hanno fatto tesoro di questi principi, come la Nuova Simonelli. Considerata la Ferrari delle macchine da caffè industriali, l’azienda si trova in un posto isolato (Belforte del Chienti, in provincia di Macerata), ma è presente in 120 paesi; il suo orientamento all’innovazione l’ha portata a collaborare con alcune università e ottenere 15 brevetti mondiali; si caratterizza per l’attenzione all’ambiente, all’efficienza energetica (ha raggiunto l’autonomia senza inquinare) e alla tutela dei lavoratori. Alcuni acquirenti che provenivano dall’estero, ammirando il meraviglioso panorama, chiesero ai titolari di Nuova Simonelli chi pagasse i loro giardinieri! L’Italia è anche questo, dobbiamo scommettere di più sulla sua immensa bellezza.  

Articolo precedenteRegno Unito: il 2019 è l’anno del sorpasso delle rinnovabili sulle fossili
Articolo successivoOlimpiadi di Tokyo 2020: podio e medaglie saranno fatti di materiali riciclati

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Leave the field below empty!