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Paesaggi straordinari

Un nuovo rapporto fra città, natura e agricoltura: è questa la sintesi dell’intervento di Roberto Angoli, presidente di R.E.M. Revolution Energy Maker, al seminario sul tema dell’agricoltura urbana e periurbana che si è svolto martedì 18 dicembre nell’ambito del Master Universitario “Paesaggi Straordinari” in Landscape Design.

 

Il Master, organizzato da Naba Nuova Accademia di Belle Arti di Milano in collaborazione con il Politecnico di Milano, nasce con l’obiettivo di approfondire le possibili soluzioni da adottare per conservare, valorizzare e progettare il territorio attraverso criteri ecosostenibili e affronta temi inerenti al paesaggio contemporaneo attraverso un approccio di lavoro multidisciplinare dove le singole figure (architetti, designer, paesaggisti, sociologi, geografi, antropologi, ecc) sono chiamate a collaborare nell’elaborazione delle idee, nella costruzione delle strategie ambientali, nella rappresentazione degli elaborati, nell’indagine delle tecniche da applicare al progetto del territorio.

 

Oltre a Angoli, al seminario del 18 dicembre scorso sono stati invitati, in qualità di relatori, docenti ed esperti: Stefano Bocchi, professore di agronomia e coltivazioni erbacee presso la facoltà di Agraria dell’Università Statale di Milano; Antonio Ferrante, ricercatore presso la facoltà di Agraria dell’Università Statale di Milano, esperto di colture idroponiche fuori suolo; Alberto Massa Saluzzo, esperto di agricoltura di terza generazione e responsabile del portale neorurale.net e Claudio Cristofani, architetto e gestore di 130 orti urbani a Milano.

 

Angoli ha illustrato agli studenti del Master il Progetto agrovoltaico di R.E.M., partendo dalla considerazione che, oltre alla mancanza di “polmoni verdi”, chi vive nelle città sente sempre di più la necessità di avere a disposizione prodotti sani, da agricoltura biologica, magari a km zero, in modo da contenere l’inquinamento e il consumo di energia dovuti al trasporto. D’altra parte la città, per evidenti motivi, ha bisogno di energia elettrica, in grandi quantità; inoltre in futuro, per far fronte alla continua riduzione delle fonti fossili e all’inquinamento sempre più pervasivo, avremo bisogno di mezzi di trasporto pubblici più puliti ed ecologici e la città dovrà dotarsi di mezzi elettrici o quantomeno ibridi, con la conseguente necessità di creare stazioni di ricarica elettrica.

 

Un’energia pulita prodotta da fonti rinnovabili nelle immediate vicinanze della città consentirebbe di evitare dispersioni. Oggi le fonti rinnovabili vengono ancora percepite come non risolutive, poiché non sono in grado di generare energia on demand e perché all’orizzonte non si vedono sistemi di stoccaggio efficienti e a costi sostenibili in grado di accumulare l’energia prodotta su vasta scala. Tuttavia, se si dovesse diffondere l’utilizzo di automezzi elettrici, contestualmente allo sviluppo di una “rete intelligente” (smart grid) di distribuzione energetica, si creerebbe di fatto una gigantesca batteria capace di accumulare energia quando viene prodotta e di restituirla quando serve: si potrebbero cioè sviluppare quelle che oggi chiamiamo “smart cities”.

 

Intorno alle città abbiamo una fascia periurbana caratterizzata da terreni parzialmente adibiti all’agricoltura, in via di dismissione. Si tratta di terreni confinati ad un ruolo borderline, che l’agricoltore è facilmente disposto ad abbandonare e a vendere, in vista di un maggior guadagno.

La diffusione della tecnologia R.E.M. (Revolution Energy Maker) su questi terreni potrebbe favorire un modello di sviluppo sostenibile, in grado di fornire alle comunità energia pulita “zero emission” e prodotti da agricoltura biologica. R.E.M. ha infatti sviluppato l’agrovoltaico, una tecnologia innovativa che prevede impianti che producono energia elettrica a emissioni zero da fonti rinnovabili, mediante un sistema di pannelli fotovoltaici a inseguimento solare sospesi a 5 metri da terra, completamente integrato con l’attività agricola.

 

Il modello di riferimento è quello dell’antica tecnica agricola definita “piantata etrusca”: un sistema che permette la coltura promiscua, sullo stesso terreno, della vite e dei cereali, una “policoltura verticale” intensiva che rispondeva, compatibilmente con le possibilità tecniche dell’epoca, all’esigenza del contadino di ottenere un’elevata varietà di prodotti con la minima spesa; le piantate con le loro alberature, infatti, non fornivano solo grano e vino, ma anche legname da ardere e da costruzione.

Attualmente la tecnologia R.E.M. è in grado di offrire energia pulita ad un prezzo interessante per il cittadino. Ciò nonostante, le energie rinnovabili vengono considerate ancora oggi non competitive rispetto ai tradizionali sistemi di produzione elettrica derivanti dai combustibili fossili, in quanto non raggiungono il costo della “grid parity”, ovvero il costo che viene pagato a chi immette energia nella rete all’ingrosso (pari a circa 4/6 centesimi al kWh). Gli impianti agrovoltaici realizzati nelle aree periurbane permetterebbero di abbattere i costi di distribuzione; in tal modo sarebbe più competitivo per l’utilizzatore finale, sia esso un privato o un’azienda, che può utilizzare immediatamente l’energia prodotta per l’autoconsumo senza costi aggiuntivi.

 

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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