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Nio, il cocktail in busta che sembra un cd

Sei in mezzo al mare e vuoi bere un Margarita? Tre giovani imprenditori hanno avuto l’idea di creare un cocktail in busta premiscelato, utilizzabile ovunque

nio cocktail

 

 

Tre giovani imprenditori, Alessandro Palmarin, Massimo Palmieri e Luca Quagliano, hanno deciso di lanciarsi insieme nell’avventura imprenditoriale di NIO – Needs Ice Only. Li abbiamo conosciuti a Milano a Seeds&Chips e nel loro stand ci ha subito incuriosito il loro packaging accattivante: in confezioni che sembrano CD sono contenute miscele di cocktail. Per saperne di più, abbiamo intervistato il cofondatore Alessandro Palmarin.

 

Com’è nata questa idea?

Dopo una cena tra amici, ci siamo chiesti perché si dovesse finire per forza con un amaro, un limoncello o qualcosa di molto basico. A noi piace moltissimo la cultura del cocktail; c’è una “cocktail generation” che cerca cocktail più sofisticati, motivo per cui stanno nascendo i jeans bar e i cocktail bar un po’ dappertutto. Finora, se volevi un cocktail dopo cena, l’unica soluzione era prepararlo da sé in casa (l’1% della popolazione sa farsi un cocktail) o affidarsi a qualcosa di molto semplice, come un gin tonic (ovvero aggiungere acqua tonica al gin secondo il gusto). Oppure si deve prendere la macchina e andare in un buon cocktail bar. Da qui è nata l’idea di NIO, e ci siamo domandati se ci fosse uno spazio di mercato per un cocktail premiscelato: il che significa che non devo avere né competenze né ingredienti, basta aggiungere ghiaccio e il gioco è fatto.

 

Qual è il tasso alcolico?

Quello di un cocktail normale, perché quella è scienza. Patrick Pistolesi, uno dei più famosi bartender a livello internazionale, è il nostro mixologist: un amico che fa parte della nostra società. Patrick seleziona la mixology e gli ingredienti, e noi non facciamo altro che comporli a livello matematico replicandoli per tutto il quantitativo dei nostri cocktail. Questo vuol dire che se tu prendi uno dei nostri Negroni, gli altri centomila Negroni NIO sono uguali.

 

Se in cocktail ad esempio c’è il whisky, dichiarate la marca o scrivete semplicemente whisky?

All’inizio non dichiaravamo la marca perché non avevamo gli accordi con i producer. Abbiamo preferito prima fare la distribuzione e poi tornare da loro con dei numeri, per far sì che ci dessero l’ok. Tutto nasce dal fatto che un cocktail è fatto da due cose: una ricetta molto buona ed equilibrata e ottime materie prime. Non può esistere una cosa senza l’altra, una buona e una pessima, perché il risultato sarebbe sempre pessimo; devono essere tutti e due ottimi. Come ho detto, le nostre ricette le fa Patrick Pistolesi, che è già una garanzia di qualità. Inoltre dovevamo avere la sicurezza che le materie prime che miscelavamo fossero le migliori possibili nel price point che ci eravamo dati: sarebbe troppo facile usare i prodotti migliori disponibili sul mercato a qualsiasi prezzo, perché poi viene fuori un prodotto con un prezzo inaccessibile.

 

Il prezzo è equivalente a quello di un qualsiasi locale?

Il nostro prezzo è molto minore di quello di un cocktail bar: il prodotto che esce sul nostro sito internet costa al massimo a 4,90 euro a cocktail. Un cocktail parte da 6-7 euro nel peggiore cocktail bar della città, e raggiunge i 15-20 euro nei migliori locali. C’è un altro elemento importante oltre alla qualità, che è la “teatralità”, cioè l’aspetto del locale e la gestualità del bartender, ma quello è un accessorio.

 

Chi fa questo tipo di acquisto vuole bere a casa con gli amici, seduto tranquillamente sul divano, senza chiasso: è un atteggiamento mentale diverso.

Infatti è fondamentale sottolineare che noi non vogliamo sostituirci a niente, cioè non vogliamo sostituirci al barman, alle persone che sanno fare i cocktail, o che hanno la passione per farlo. Il nostro prodotto si vuole inserire in tutte le occasioni in cui non è possibile o è troppo costoso avere un barman: sono a casa, sono in giardino, sono in barca, ma voglio comunque quell’esperienza. Se il barman ha la teatralità, noi abbiamo il packaging: ci siamo ispirati moltissimo al CD, uno strumento in disuso associato a un periodo che è stato molto importante per tutti noi – gli anni Settanta-Novanta – in cui è nata la cultura del cocktail. Nelle nostre case siamo abitutati a tenere i CD in fila uno dopo l’altro e i nostri cocktail entrano perfettamente nei porta CD.

 

È stata una buona idea non aver scimmiottato una bottiglia, questa confezione è talmente di rottura che si fa notare per forza.

Infatti la curiosità è tanta. In genere la prima cosa che ci chiedono è se si tratta di un prodotto liofilizzato. Invece è totalmente liquido. Vedendolo così uno immagina che dentro ci sia chissà cosa, additivi chimici o altro. Invece non è così, il nostro prodotto non ha scadenza perché è solo un mixing di spirits. A volte giochiamo proprio sulla curiosità della gente per avere l’opportunità di spiegare di cosa si tratta, e a quel punto la gente s’innamora. Infatti piace alla gente comune, che l’acquista sul nostro sito internet per gustarsi un cocktail a casa, ma il 90% del nostro fatturato è fatto dal business to business: attività commerciali che non hanno o non possono offrire dei cocktail ai loro clienti perché non possono permettersi un barman, o perché il loro barman è bravo ma non troppo, quindi sa fare le cose basiche ma non quelle elaborate. In questo gruppo rientrano anche i ristoranti, e nessun ristorante può permettersi un barman. Con NIO puoi disporre di una cocktail list anche senza un barman e dare ai tuoi clienti l’opportunità di gustare un ottimo cocktail invece del solito amaro o limoncello.

 

Il cocktail va bene anche a fine pasto?

Il cocktail va bene sia come aperitivo che durante o a fine pasto, ormai si è sviluppata una vera e propria cultura nell’accostare i cocktail con il cibo. Si tratta comunque di un superalcolico, quindi bisogna avere uno stomaco preparato, pieno: i cocktail vanno dai 15 ai 25 gradi, non sono così leggeri, ed è preferibile aver prima mangiato qualcosa. Ultimamente si sta sviluppando il concetto di affinamento del cocktail. I nostri prodotti sono già mixati, è molto diverso dal prendere gli ingredienti, metterli insieme e servirli: significa che gli ingredienti del nostro cocktail maturano insieme da quando vengono prodotti a quando vengono serviti. Questo procedimento è simile all’affinamento del vino: più passa il tempo più gli ingredienti si amalgamano, diventano rotondi, cominciano a coesistere tra loro come dei bravi amici che più si frequentano più vanno d’accordo.

 

È possibile personalizzare le confezioni?

Certamente. NIO – Needs Ice Only può personalizzare su richiesta le confezioni per hotel (dove diventano l’evoluzione del frigobar), ristoranti, compagnie aeree, navi, catering, agenzie di eventi, wedding planner: in questo modo, le confezioni diventano anche uno strumento di marketing. Lo stesso se si desidera fare un regalo, sia individuale che aziendale. Questo packaging, inoltre, è estremamente pratico e leggero da trasportare: la parte esterna è in carta patinata, la parte liquida è inserita in uno speciale contenitore di polietilene certificato per conservare il cocktail inalterato nel tempo. Dopo l’uso, i due contenitori possono essere separati e smaltiti nel rispetto dell’ambiente.

 

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.