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Responsive Surfaces, sostenibilità poliedrica

Superfici intelligenti che rispondono a differenti stimoli ambientali, modificando la propria forma. Se pensate come involucro di un edificio potrebbero essere una soluzione innovativa per il risparmio energetico

Responsitive Surfaces, sostenibilità poliedrica

 

(Rinnovabili.it) – Classe ’89, una triennale in Design degli interni al Politecnico di Milano, una magistrale in Design, Comunicazione Visiva e Multimediale a La Sapienza di Roma e una passione per il multimedia e gli allestimenti: si chiama Cecilia Lalatta Costerbosa e dal 3 al 5 ottobre parteciperà alla Maker Faire di Roma, ospitata quest’anno dall’Auditorium Parco della Musica. Centomila i partecipanti alla kermesse dedicata ai makers di tutto il mondo; oltre cinquecento i progetti selezionati. Un appuntamento che nella Capitale si ripete per la seconda volta, con un enorme successo di appassionati del settore e di curiosi, e che quest’anno si svolgerà all’interno dell’Innovation Week, la tre giorni dedicata alle nuove frontiere della rivoluzione digitale, al via il 27 settembre. Selezionata per il suo progetto, Cecilia sarà tra gli exhibitor con il suo prototipo Responsive Surfaces: a Parametric Hybrid Wall for Exhibition Design. “Sono superfici in grado di modellare la propria forma in funzione di determinati stimoli ricevuti dall’ambiente circostante –spiega Cecilia-. Uno di questi, la luce. Ogni volta che i sensori fotosensibili posti sulla superficie registrano variazioni di luce, i moduli si aprono e si chiudono”. Architetture poliedriche ed adattabili a più contesti, dal campo della domotica all’allestimento, come struttura per padiglioni smart. Poi, la possibilità del progetto di incontrarsi con le energie rinnovabili. “Queste superfici, nel nuovo concept, possono essere anche strumento di recupero energetico grazie ai pannelli fotovoltaici direttamente installati all’interno dei moduli. Se, ad esempio, pensati come sovra facciate, quindi progettati con un sistema di celle fotovoltaiche, la superficie diventa uno strumento di risparmio energetico e sensibile al tema dell’ecosostenibilità”.

 

prototipo_respo_srfCOME NASCE UNA SUPERFICIE RESPONSIVA L’idea di Cecilia nasce seguendo la filosofia del DIY (Do It Yourself), ci si sporca le mani e si impara a rendersi autonomi nei processi di produzione. “Per la laurea magistrale ho sviluppato un prototipo di Superficie Responsiva: pensavo ad un allestimento nell’ambito dell’Exibition design. Creare un’istallazione effimera, dinamica e cinetica, ma con le caratteristiche strutturali di una allestimento temporaneo. Immaginavo padiglioni facilmente montabili e smontabili che avessero a livello strutturale qualcosa di interattivo”. A questo punto arriva la conoscenza del movimento dei makers. “Grazie ai loro consigli mi sono resa conto che il mio prototipo poteva essere ottimizzato”.

 

L’IMPORTANZA DELL’OPEN SOURCE Dallo sviluppo del concept alla realizzazione fisica del prodotto, la giovane designer voleva che il progetto rimanesse sempre all’interno dell’open source e che fosse low cost. “Avendo avuto la possibilità di inserire la stampante 3D nel processo, con tutti i vantaggi del rapid protptyping, quindi modellando un oggetto 3D e stampandolo con software open source e free online, totalmente customizzabile”. Tutto l’ambiente di questi artigiani digitali è legato al concetto di open source, filosofia che ha contribuito al boom del movimento dei makers: un continuo scambio di idee, conoscenze e tecniche, anche attraverso i Forum: luoghi virtuali in cui tutto è condiviso e non sembrerebbe esserci competizione. Un esempio è il forum RepRap. “Tutto nasce dal concetto di brevetto e copyright, ma in questo caso si va oltre: ci sono tante idee e un guadagno intellettuale e prestazionale più che economico. Per arrivare al mio progetto avevo bisogno di informazioni. Le ho dovute cercare online, sui vari forum, dove si conoscono virtualmente molte persone disponibili e informate. A titolo gratuito c’è uno scambio di conoscenze e tecniche. Molti sono interessati prima di tutto all’avanzamento e all’innovazione e non a riempirsi le tasche”. C’è chi ha progettato software e li ha resi disponibili sul web –open source appunto – lasciando l’opportunità ai fruitori di fare una donazione sul proprio sito.

 

Elementi stampati

 

UN FUTURO DA MAKER Per ora quello di Cecilia è un oggetto che rimane a livello di prototipazione: attualmente è caricato su portali online in cui si può prendere e perfezionare. “Mi piacerebbe che qualcuno riuscisse a vederlo in un’ottica che non ho visto io, rendendolo un prodotto funzionale e utile pur stravolgendolo”. Perché così tanta fiducia ed entusiasmo? “A 24 anni è un’ottica per crescere. Io per l’avanguardia, l’innovazione, la scoperta, sono disposta a spendere energie. Nel momento in cui si procede con idee e contributi gratis non vorrò mai specularci”. Attualmente Cecilia lavora come collaboratrice- ricercatrice con il Dipartimento di Ingegneria Informatica, automatica e gestionale e con il Dipartimento DATA (Dipartimento di Pianificazione, Design, Tecnologia dell’Architettura, per lo sviluppo di smart environments: Ambienti che studiano e sviluppano tecniche ai fini di ottimizzare i processi produttivi per la realizzazione di prodotti di design. “La via della ricerca mi appassiona molto ma il lato pratico delle cose mi attira: sogno uno studio con altre persone sempre nell’ambito dell’Exhibition design”. Cosa ti aspetti dalla Maker Faire? “Trovare persone interessate al mio progetto e link con altri progetti per ottimizzare un prodotto finale che sia il più possibile innovativo”. 

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • filiere delle rinnovabili

Decreto FERX, gli stakeholder chiedono più chiarezza e trasparenza

Il Ministero dell'Ambiente pubblica gli esiti della consultazione pubblica sul Decreto Ministeriale FER X, chiusa lo scorso settembre. Dai 46 soggetti partecipanti emerge l'esigenza di conoscere per tempo tutte le informazioni utili alla programmazione degli investimenti nelle rinnovabili. Chiesti chiarimenti sul processo autorizzativo e sulle tempistiche

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Foto di Rabih Shasha su Unsplash

Decreto FERX, nuovi spunti di riflessione

Servono maggiori informazioni sui coefficienti sul prezzo d’aggiudicazione, sui criteri di priorità, sulla documentazione per l’accesso al meccanismo e sulle tipologie di interventi ammessi. In particolare quando si tratta di progetti di “rifacimento” e “potenziamento”. Queste alcune delle principali richieste emerse dalla consultazione pubblica sul Decreto FERX. La scorsa estate il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica aveva pubblicato lo schema del provvedimento per una raccolta di pareri da parte degli stakeholder, con l’obiettivo di condividerne le logiche. Oggi il MASE rende noti gli esiti di tale consultazione puntando i riflettori sugli spunti e le richieste emerse da parte dei 46 soggetti partecipanti. 

Gli esiti della consultazione pubblica

Ricordiamo che il Decreto FERX nasce con lo scopo di definire un meccanismo di supporto espressamente dedicato ad impianti a fonti rinnovabili con costi di generazione vicini alla competitività. Come? Tramite contratti CfD a valere sull’energia elettrica prodotta dagli impianti. Con un accesso diretto per quelli di taglia inferiore al MW, e tramite aste al ribasso per quelli di taglia uguale o superiore al MW. Ed è proprio su queste due modalità che arrivano le prime considerazioni.

Per la maggior parte dei soggetti che hanno risposto alla consultazione, il contingente di 5 GW per gli impianti FER ad accesso diretto non sarebbe sufficiente, soprattutto vista la grande attenzione che stanno ricevendo al livello di investimento i sistemi di piccola taglia.

Per quanto riguarda l’accesso tramite asta, invece, il parere generale condivide i contingenti individuati, che secondo l’ultima bozza pubblicata oggi sarebbero: per il fotovoltaico 45 GW; per l’eolico di 16,5 GW; per l’idroelettrico di 630 MW; per i gas residuati 20 MW. “Tuttavia – si legge nel documento del MASE – congiuntamente alla risposta positiva sono state proposte diverse modifiche (aumento di uno specifico contingente, creazione di nuovo contingente, meccanismi di riallocazione della potenza non assegnata, ridefinizione dei contingenti al fine di favorire lo sviluppo dei PPA, etc.)”. Tra gli spunti emersi c’è la proposta di contingenti separati tra il fotovoltaico a terra e sul tetto.

Proposti nuovi requisiti di accesso e tempistiche

In tema requisiti d’accesso, alcuni soggetti chiedono l’incremento della soglia di potenza per l’accesso diretto, l’aggiunta dei criteri ESG, la reintroduzione del requisito specifico che attesti la capacità finanziaria ed economica di chi partecipa al meccanismo del Decreto FERX.

Con riferimento ai tempi massimi individuati per la realizzazione degli interventi, la consultazione ha evidenziato un forte distaccamento con le aspettative degli operatori. Per quanto detto diversi soggetti propongono per una o più fonti l’innalzamento dei tempi previsti, chiedendo di tenere in considerazione parametri quali, la potenza e/o la tipologia d’intervento, l’ottenimento dei titoli autorizzativi, i tempi di realizzazione della connessione e quelli dovuti agli approvvigionamenti, che sottolineano, potrebbero oltretutto determinare un aumento dei costi, visto anche i meccanismi incentivanti”, si legge ancora nel documento.

Per i tempi di comunicazione della data d’entrata in esercizio dell’impianto, emerge nel complesso l’esigenza di un prolungamento, aggiungendo da più 60 giorni a 12 mesi. Viene anche evidenziata una certa contrarietà all’obbligo per gli operatori di impianti rinnovabili non programmabili che stipula un contratto CfD ad abilitarsi alla fornitura dei servizi di dispacciamento.

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Rinnovabili • batteria ibrida al sodio

Dalla Corea la batteria ibrida al sodio che si ricarica in pochi secondi

Un gruppo di scienziati del KAIST ha sviluppato una batteria a ioni di sodio ad alta energia, ad alta potenza e di lunga durata

batteria ibrida al sodio
Foto di danilo.alvesd su Unsplash

Quando le batteria a ioni sodio incontrato i supercondensatori a ioni sodio

Arriva dalla Corea del Sud la prima batteria ibrida al sodio in grado di battere la tecnologia a ioni di litio a mani basse. Con ottime prestazioni lato di capacità di accumulo, potenza, velocità di carica e durata, come dimostra l’articolo pubblicato sulla rivista scientifica Energy Storage Materials (testo in inglese).

Nel 2020 le batterie a ioni sodio (Na+) hanno raggiunto prestazioni comparabili a quelle degli ioni di litio in termini di capacità e durata del ciclo in condizioni di laboratorio. Da allora il segmento ha continuato a macinare grandi progressi, spinto dall’esigenza globale di trovare una tecnologia di accumulo più economica delle ricaricabili al litio e meno dipendente dalle attuali catene di approvvigionamento dei materiali critici. L’ultimo grande risultato nel campo è quello segnato da un gruppo di scienziati del KAIST, il Korea Advanced Institute of Science and Technology.

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Il team guidato dal professor Jeung Ku Kang del Dipartimento di Scienza e Ingegneria dei Materiali ha messo a punto una batteria ibrida agli ioni di sodio dalle prestazioni eccellenti e in grado di ricaricarsi in pochi secondi. Il segreto? Un’architettura che integra materiali anodici propri delle batterie con catodi adatti ai supercondensatori.

Batteria ibrida al sodio, prestazioni record

In realtà non si tratta di un approccio nuovo. Gli stoccaggi ibridi con Na+ sono emersi negli ultimi anni come una promettente applicazione nel campo dell’energy storage in grado di superare i punti deboli degli accumulatori a ioni di sodio più conosciuti.

Tradizionalmente questo metallo è usato e studiato in due tipi di dispositivi di stoccaggio: batterie e condensatori. Le prime, come spiegato poc’anzi, forniscono oggi una densità di energia relativamente elevata ma sono caratterizzate da una lenta cinetica di ossidoriduzione, che si traduce in una bassa densità di potenza e una scarsa ricaricabilità. I secondi invece hanno un’elevata densità di potenza dovuta all’accumulo di carica tramite rapido adsorbimento di ioni superficiali, ma una densità di energia estremamente bassa.

Tuttavia unire le due tecnologie impiegando catodi di tipo condensatore e degli anodi di tipo batteria, non ha dato subito i risultati sperati. La causa è da ricercare soprattutto nello squilibrio cinetico tra i due tipi di elettrodi.

Nuovi materiali per catodo e anodo

Per arginare il problema il team sudcoreano ha utilizzato sviluppato un nuovo materiale anodico con cinetica migliorata attraverso l’inclusione di materiali attivi fini nel carbonio poroso derivato da strutture metallo-organiche. Inoltre, ha sintetizzato un materiale catodico ad alta capacità e la combinazione dei due ha consentito lo sviluppo di un sistema di accumulo di ioni sodio che ottimizza l’equilibrio e riduce al minimo le disparità nei tassi di accumulo di energia tra gli elettrodi.

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La cella completamente assemblata supera per densità di energia le batterie commerciali agli ioni di litio e presenta le caratteristiche della densità di potenza dei supercondensatori. Nel dettaglio la batteria ibrida al sodio si ricarica rapidamente e raggiunge una densità di energia di 247 Wh/kg e una densità di potenza di 34.748 W/kg. Inoltre gli scienziati hanno registrato una stabilità del ciclo con efficienza Coulombica pari a circa il 100% su 5000 cicli di carica-scarica.

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Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

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L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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