Carta dell’Energia, l’UE pronta a rivedere il trattato

I Ventotto hanno incaricato l’esecutivo UE d’avviare i negoziati sulla modernizzazione dell’Energy Charter Treaty. Obiettivo: ripristinare il “diritto di legiferare” in settori come quello ambientale e sanitario

trattato sulla carta dell'energia
Credit: Pasargad Energy Development Co. (PEDC)

 

 

Il Trattato sulla Carta dell’Energia (Energy Charter Treaty) è stato sottoscritto a Lisbona il 17 dicembre 1994

(Rinnovabili.it) – Dopo 25 anni di “onorata carriera” è arrivato il momento di modernizzare il Trattato sulla Carta dell’Energia per tener conto anche dei nuovi obiettivi climatici e di sviluppo sostenibile. Ne sono convinti i Paesi europei che hanno conferito all’esecutivo UE il mandato per avviare i negoziati di revisione.

Il trattato sulla Carta dell’energia (o Energy Charter Treaty – ETC) è un accordo multilaterale firmato nel 1994 da ben cinquantadue Parti Contraenti. L’obiettivo alla base della sua creazione era quello di istituire un quadro per la cooperazione energetica internazionale tra gli Stati europei e altri paesi industrializzati. O, più specificatamente, per realizzare un mercato aperto e concorrenziale in ambito energetico, in grado di fornire protezione legale alle società investitrici.

Le dispute commerciali emerse in questi anni, unitamente ai nuovi obiettivi sostenibili dell’UE, hanno convinto Bruxelles della necessità di riformare la Carta.

 

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“L’ECT modernizzato dovrebbe mirare a facilitare in modo sostenibile gli investimenti nel settore dell’energia, garantire la certezza del diritto e assicurare un livello elevato di tutela degli investimenti”, ha spiegato il Consiglio UE in una recente dichiarazione, sottolineando come uno dei principali elementi delle direttive di negoziato consista nel garantire che gli obiettivi in materia di cambiamenti climatici e di transizione all’energia pulita siano rispecchiati nella revisione del Trattato. “Ciò comporta precisare che l’UE può imporre ai partecipanti al mercato provenienti da paesi terzi di rispettare la legislazione applicabile dell’Unione e degli Stati membri, compresa quella relativa alla politica ambientale e di sicurezza”.

 

Nell’ambito del processo di revisione, Bruxelles si impegnerà soprattutto su due fronti. Il primo riguarda il ripristino del diritto “diritto di legiferare“, ossia il diritto delle sue parti contraenti di adottare misure a tutela della salute, sicurezza, ambiente e altri obiettivi di politica pubblica. Il secondo è strettamente connesso e prevede una posizione in precisa in materia di clausole di protezione degli investimenti (uno dei capitoli più delicati dell’ETC): nel dettaglio l’UE si batterà affinché tali clausole non siano considerate come un impegno da parte degli Stati membri a non modificare le leggi comunitarie o nazionali in futuro. Inoltre in un documento (test in inglese) interno al processo di revisione del trattato, l’Unione europea chiede anche una “riforma fondamentale” dell’ISDS, affinché le disposizioni relative alla risoluzione delle controversie investitore-Stato rispecchino l’approccio comunitario negli accordi di tutela degli investimenti.

 

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Tuttavia, su questo aspetto, gli attivisti europei considerano tali garanzie ancora insufficienti. Il problema – spiegano – è che il sistema di arbitrato dell’UE è “imperfetto” e non sarà sufficiente a salvaguardare l’ambiente, la salute pubblica o i diritti dei lavoratori contro gli interessi delle società private. Spiega Vicky Cann del Corporate Europe Observatory “La protezione degli investimenti nell’ambito dell’attuale sistema UE è un semplice rebranding del famigerato sistema di arbitrato ISDS, un sistema di giustizia parallela in cui gli investitori aziendali intentano azioni legali da milioni di dollari contro governi prima di tribunali privati”.

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