Celle a combustibile: ora si indossano e funzionano col sudore

Il dispositivo, realizzato dall’Università di Binghamton, utilizza la Pseudomonas aeruginosa come biocatalizzatore e può essere allungato e tirato senza subire danni

Celle combustibile microbiche

 

Dalla carta alla stoffa, le celle a combustibile diventano indossabili

(Rinnovabili.it) – Le celle a combustibile microbiche dell’ingegnere Seokheun Choi hanno assunto in questi anni le forme più disparate, dai semplici fiammiferi agli Shuriken, le armi a forma di stella usate dai ninja. Il minimo comune denominatore è sempre stato l’utilizzo della carta come materiale di strutturale dei dispositivi. Ora per la prima volta, il ricercatore dell’Università di Binghamton ha fatto compiere un passo in più alle sue “biobatteries”, letteralmente batterie biologiche: le ha intessute direttamente in un pezzo di stoffa elastica, riuscendo ad aumentare potenza e densità di corrente per questa tecnologia.

Le fuel cell microbiche, o pile a combustibile microbiologiche, sono essenzialmente dispositivi elettrochimici che generano corrente sfruttando le reazioni catalitiche dei batteri. I microorganismi sono in grado di ossidare il carburante (come il metanolo) introdotto nelle pile, liberando elettroni. Il nuovo lavoro ha permesso di trasformarle in un tessuto elastico e “strecciabile”, elemento ponte per l’elettronica indossabile del futuro.

 

>>Leggi anche Celle a combustibile microbiche, gli ultimi progressi<<

 

Tra le molte pile e dispositivi di accumulo di energia basati su tessuti flessibili e integrativi, le celle a combustibile microbiche (MFC) sono probabilmente le meno sviluppate per applicazioni elettroniche indossabili perché la citotossicità microbica può porre dei problemi per la salute”, spiega lo scienziato a New Atlas. “Nella letteratura scientifica, il lavoro segnalato sulle MFC indossabili era piuttosto limitato o non disponibile, ma, se consideriamo che gli esseri umani possiedono più cellule batteriche che umane nei loro corpi, il loro uso diretto come risorsa energetica in modo interdipendente con il corpo umano diventa concepibile per l’elettronica indossabile”.

 

Rispetto alle pile tradizionali e ad altre celle a combustibile enzimatico, le MFC possono essere la fonte di energia più idonea per realizzare dispositivi elettronici integrati in stoffe e vestiti perché l’intera cellula microbica come biocatalizzatore fornisce reazioni enzimatiche stabili e una lunga durata. E il sudore generato dal corpo umano può costituire un potenziale carburante per supportare la vitalità batterica, il funzionamento a lungo termine delle celle a combustibile microbico. Il dispositivo realizzato utilizza la Pseudomonas aeruginosa come biocatalizzatore per produrre una potenza massima di 6,4 μW cm -2 e una densità di corrente di 52 μA cm -2, che valori sono sostanzialmente più alti di quelli delle precedenti MFC tessili.

 

“Tutti i componenti della biobatteria sono stati incorporati monoliticamente in un singolo strato di tessuto, controllando con precisione la profondità di ciascun elemento”, continua Choi. “La struttura consiste in un anodo e un catodo collocati in un’unica camera di reazione senza membrana separatrice. La camera anodica è stata specificamente progettata per essere conduttiva e idrofila per la raccolta di elettricità dalle cellule batteriche nel liquido (il sudore)”.

Articolo precedenteEconomia circolare, come renderla misurabile
Articolo successivoProgetto FiberEUse: Le vecchie pale eoliche diventano vasche da bagno

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Leave the field below empty!