Trump straccia il Clean Power Plan ma il carbone USA annaspa

A soli due giorni dall’annuncio della cancellazione delle norme ambientali per le centrali elettriche, gli USA perdono altri due impianti a carbone. Un’emorragia difficile da fermare

Clean Power Plan

 

La fine del Clean Power Plan non arresterà l’emorragia del carbone statunitense

(Rinnovabili.it) – Il futuro del carbone USA appare più nero e fumoso del previsto. L’industria americana sta affrontando per la prima volta una crisi su larga scala che, nel giro di pochi anni, ha portato oltre 50 società del settore carbonifero americano a dichiarare fallimento. L’ultimo colpo l’ha subito Vistra Energy Corp, lo scorso venerdì: Luminant, la sua controllata, ha comunicato la chiusura di due centrali termoelettriche in Texas per “motivi economici”, dopo aver già annunciato lo spegnimento di un primo impianto a carbone solo sette giorni prima. Insieme le tre strutture fornivano una potenza di oltre 4.200 MW, sufficienti  a fornire elettricità a più di quattro milioni di abitazioni.

 

Cosa sta succedendo al carbone USA? In parte quello che si sta verificando anche nei principali mercati energetici a livello mondiale: il carbon fossile è sempre meno conveniente. Un fattore in parte legato alle nuove politiche ambientali che hanno imposto costosi miglioramenti tecnologici alle centrali termoelettriche a carbone, per ridurne le emissioni.

 

Ecco perché una delle prime mosse della nuova amministrazione Trump per salvare il comparto è stata quella di fare a pezzi il Clean Power Plan di Obama, la legge che fissava standard di emissione per le centrali elettriche. La decisione di annullare il provvedimento è stata annunciata formalmente dal capo dell’Agenzia statunitense per la protezione ambientale (EPA), Scott Pruitt, all’inizio della scorsa settimana: “La guerra al carbone è finita” aveva commentato con grande enfasi Pruitt, salvo poi ricevere, solo due giorni più tardi, la notizia della chiusura degli impianti texani. “È ironico che questa notizia sia arrivata la stessa settimana che l’amministrazione Trump ha scelto di bloccare il Clean Power Plan”, commenta Ilan Levin, direttore del gruppo di pressione anti-inquinamento del Texas, l’Environmental Integrity Project.

 

Le previsioni per il futuro confermano che la crisi continuerà malgrado il piano della Casa Bianca: nel 2018 gli Stati Uniti dovrebbero perdere altri 13.600 MW di capacità dal carbone. Un’emorragia che mostra come le regolamentazioni ambientali non siano l’unico fattore in gioco. Negli USA la convenienza del gas ottenuto dagli scisti, ha spiazzato la concorrenza e nel 2016 è divenuto la prima fonte elettrica del Paese.

 

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Le proiezioni della U.S. Energy Information Administration – EIA

 

Le proiezioni dell’Ufficio analisi statunitense per l’Energia (EIA) mostrano che con o senza il Clean Power Plan di Obama, il gap creatosi tra le due fonti sarà irrecuperabile. Senza regolamentazioni ambientali, la produzione di carbone si stabilizzerà sotto il milione di GWh, competendo direttamente con le fonti rinnovabili. Per questo il governo statunitense sta già elaborando la prossima mossa. Il segretario del Dipartimento dell’Energia (DoE), Rick perry ha domandato alla Commissione federale di regolamentazione energetica (FER) un intervento sui prezzi energetici delle centrali a carbone che offrono il servizio di baseload (fornitura costante in tutte le ore).  La richiesta? Nuove norme che garantiscano a questi impianti di “[recuperare] pienamente i costi di distribuzione” attraverso prezzi regolamentati, per poter “continuare a fornire la sicurezza energetica su cui si basa la nostra nazione”.

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