Rinnovabili •

Camminata energetica

Dalla creatività di studenti di un liceo di Montecatini Terme è nata un'idea avvincente: realizzare delle scarpe che producono energia

Svogliati, chiusi in un mondo tutto loro, sempre intenti a battere improbabili record di velocità di scrittura sul telefonino… Ammettiamolo, i giovani li vediamo un po’ tutti così. Poi capita di lavorarci insieme, e ci si  rende conto che non è proprio vero, i ragazzini che hai immaginato sono a tutti gli effetti giovani uomini, con idee molto precise, e la volontà di realizzarle. O giovani donne, come mi è capitato di incontrare l’anno scorso per la realizzazione di “Hermes”, la scarpa a recupero energetico. In realtà per me, ricercatore del Consiglio Nazionale delle Ricerche con una certa attenzione per la divulgazione scientifica e la didattica, non è stata poi una sorpresa così grande. Il CNR, tra le sue mille contraddizioni, ha una grande forza: la sua rete di oltre 100 Istituti, fortemente radicati sul territorio. Questo vuol dire la possibilità di avere contatti istituzionali con le Imprese, con gli Enti locali e, naturalmente, se si vuole, con la Scuola.I rapporti tra Scuola e Ricerca non sono mai stati facili; la Scuola è un investimento in Cultura, e con la Cultura non si mangia, come ha sciaguratamente dichiarato, pochi mesi fa, un ministro della nostra Repubblica. La Scuola guarda a un futuro che non coincide con la chiusura dei bilanci annuali. La Scuola, quando funziona, dà i suoi profitti in una valuta che non si misura in Euro o in Dollari. Ora, prendiamo le tre frasi precedenti, sostituiamo la parola ‘Scuola’ con la parola ‘Ricerca’, e notiamo come il discorso sia assolutamente identico. Scuola e Ricerca sono aspetti diversi di una stessa speranza nel futuro, senza la quale ogni società civile è destinata, inevitabilmente, al fallimento.

Sono sicuro che proprio questa considerazione, questo parallelo tra due realtà distinte ma mai legate così indissolubilmente come in questi momenti di profonda crisi – crisi morale e culturale, prima che economica – ha spinto i miei colleghi dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali (CNR-IRPPS) a ‘inventarsi’ il concorso InvFactor, per la valorizzazione della creatività giovanile nel settore scientifico e tecnologico. Quando l’anno scorso sono stato informato di questa iniziativa, non feci dunque altro che proporla a tutte le Scuole del territorio con le quali avevamo avuto occasione, negli anni, di collaborare. Dopo pochi giorni, mi vengono a trovare quattro ragazze del Liceo Scientifico “Coluccio Salutati” di Montecatini Terme: “Buongiorno Professore… Avremmo un’idea…”. L’idea era quella di realizzare una scarpa che potesse recuperare parte dell’energia del movimento e accumularla in una batteria per ricaricare il telefonino o il lettore MP3, mentre si passeggia in città o si fa jogging. Tutto molto semplice da raccontare ma, come quasi sempre in questi casi, non banale da realizzare. Che tipo di soluzione avremmo dovuto scegliere, per convertire l’energia cinetica del movimento in energia elettrica? E come integrare questo sistema all’interno della scarpa? E, soprattutto, come riuscire a fare tutto questo in tre mesi, cioè nel tempo previsto dal bando di Concorso di InvFactor per passare dall’idea alla realizzazione del prototipo? Per la realizzazione materiale della scarpa, le ragazze erano abbastanza tranquille. Monsummano Terme, a due passi da Montecatini, è uno dei maggiori centri calzaturieri del nostro Paese. Un grande calzaturificio della zona aveva dato la propria disponibilità a partecipare al progetto, disegnando addirittura una scarpa speciale per alloggiare il convertitore meccano/elettrico. Ottimo… Ma ecco scattare il panico. Già dalla prima occhiata al progetto, ci siamo resi conto di avere a disposizione solamente pochi centimetri cubici per sistemare, all’interno del tacco, il generatore di energia elettrica. E i vincoli, definiti chiaramente dal titolare del calzaturificio, il sig. Claudio Bartoli, erano molto stringenti: niente parti esterne in movimento, nessuna possibilità di aumentare le dimensioni di tacco e suola, necessità di mantenere il rumore al minimo. “Altrimenti, nessuno la comprerebbe, questa scarpa…”

Benissimo. Lavoravamo già da un mese ad un sistema a dinamo, da inserire in un tacco mobile. Si butta via tutto e si ricomincia… E’ anche in queste occasioni che la rete di contatti del CNR mostra le sue potenzialità: da anni il mio Istituto collabora con una piccola ditta locale, la Marwan Technology s.r.l., per la realizzazione di strumentazione laser per l’analisi di materiali, la diagnostica ambientale, la bio-medicina e i Beni Culturali. Un rapido consulto con i colleghi della Marwan ci convince che l’unica soluzione compatibile con i vincoli che ci erano stati posti sarebbe stata quella di realizzare il convertitore meccano/elettrico con un sistema di magnetini mobili all’interno di un piccolo solenoide. Da lì, il resto è storia (Ok, diciamo cronaca…): dopo aver superato la selezione iniziale, arriviamo a Roma per la giornata finale del concorso. La “leading inventor”, Irene Chirico, presenta la scarpa – battezzata “Hermes” in onore del dio greco con le ali ai piedi – davanti al Presidente del CNR e alla commissione di valutazione. Torniamo a casa col premio speciale della giuria per la creatività femminile. Poi c’è l’invito per la Notte dei Ricercatori, sempre a Roma, una presentazione dell’invenzione al Festival della Scienza di Genova, un certo interesse anche da parte dei media e, ultimoimportante riconoscimento, il conferimento a Irene del titolo di “Alfiere della Repubblica” da parte del Presidente Napolitano.

Tutto bene, quindi? Sì e no. Sicuramente sì per l’esperienza, indimenticabile, di quattro ragazze – e della loro insegnante, la Prof. Foti – che hanno visto nel giro di poche settimanerealizzata una loro idea, per la quale hanno ricevuto riconoscimento e attenzione.

Quello che non va bene, è che proprio il successo di questa iniziativa si porti appresso un grosso rischio: quello di pensare che sia effettivamente facile fare innovazione nel nostro Paese, e che questa innovazione – soprattutto nel campo energetico – si possa basare su un’idea, per quanto brillante, di un gruppo di studentesse di Liceo, sviluppata – a costo zero – in tre mesi. I comportamenti individuali sono importanti, nel settore dell’energia. Dobbiamo educare i nostri figli al rispetto dell’ambiente e al consumo consapevole delle risorse. Da questo punto di vista, spegnere le luci della propria cameretta, non consumare inutilmente l’acqua, così come indossare scarpe che ricaricano ‘a impatto zero’ cellulari e lettori MP3, sono tutti comportamenti che indicano una sensibilità al problema e come tali vanno incoraggiati. Però la politica dell’energia è un’altra cosa, e va fatta a livello globale. Insomma, non si può dare la colpa della crisi energetica alla lucina di stand-by dei nostri elettrodomestici, quando la fabbrica che abbiamo dietro casa spreca un miliardo di volte tanta energia, enessuno va a chiedergliene conto. Più in generale, questa sensibilità e questa creatività che andiamo a premiare nei giovani, poi deve essere coltivata nella Scuola, e di seguito nel mondo del Lavoro.

Purtroppo, mi sembra che – InvFactor o no – come paese siamo ancora molto lontani da questo obiettivo.

 

Vincenzo Palleschi è un Fisico, Ricercatore dell’Istituto di Chimica dei Composti Organometallici del CNR di Pisa. Sviluppa sistemi laser per i Materiali, l’Ambiente, la Bio-Medicina e i Beni Culturali

 

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Rinnovabili • filiere delle rinnovabili

Decreto FERX, gli stakeholder chiedono più chiarezza e trasparenza

Il Ministero dell'Ambiente pubblica gli esiti della consultazione pubblica sul Decreto Ministeriale FER X, chiusa lo scorso settembre. Dai 46 soggetti partecipanti emerge l'esigenza di conoscere per tempo tutte le informazioni utili alla programmazione degli investimenti nelle rinnovabili. Chiesti chiarimenti sul processo autorizzativo e sulle tempistiche

decreto ferx
Foto di Rabih Shasha su Unsplash

Decreto FERX, nuovi spunti di riflessione

Servono maggiori informazioni sui coefficienti sul prezzo d’aggiudicazione, sui criteri di priorità, sulla documentazione per l’accesso al meccanismo e sulle tipologie di interventi ammessi. In particolare quando si tratta di progetti di “rifacimento” e “potenziamento”. Queste alcune delle principali richieste emerse dalla consultazione pubblica sul Decreto FERX. La scorsa estate il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica aveva pubblicato lo schema del provvedimento per una raccolta di pareri da parte degli stakeholder, con l’obiettivo di condividerne le logiche. Oggi il MASE rende noti gli esiti di tale consultazione puntando i riflettori sugli spunti e le richieste emerse da parte dei 46 soggetti partecipanti. 

Gli esiti della consultazione pubblica

Ricordiamo che il Decreto FERX nasce con lo scopo di definire un meccanismo di supporto espressamente dedicato ad impianti a fonti rinnovabili con costi di generazione vicini alla competitività. Come? Tramite contratti CfD a valere sull’energia elettrica prodotta dagli impianti. Con un accesso diretto per quelli di taglia inferiore al MW, e tramite aste al ribasso per quelli di taglia uguale o superiore al MW. Ed è proprio su queste due modalità che arrivano le prime considerazioni.

Per la maggior parte dei soggetti che hanno risposto alla consultazione, il contingente di 5 GW per gli impianti FER ad accesso diretto non sarebbe sufficiente, soprattutto vista la grande attenzione che stanno ricevendo al livello di investimento i sistemi di piccola taglia.

Per quanto riguarda l’accesso tramite asta, invece, il parere generale condivide i contingenti individuati, che secondo l’ultima bozza pubblicata oggi sarebbero: per il fotovoltaico 45 GW; per l’eolico di 16,5 GW; per l’idroelettrico di 630 MW; per i gas residuati 20 MW. “Tuttavia – si legge nel documento del MASE – congiuntamente alla risposta positiva sono state proposte diverse modifiche (aumento di uno specifico contingente, creazione di nuovo contingente, meccanismi di riallocazione della potenza non assegnata, ridefinizione dei contingenti al fine di favorire lo sviluppo dei PPA, etc.)”. Tra gli spunti emersi c’è la proposta di contingenti separati tra il fotovoltaico a terra e sul tetto.

Proposti nuovi requisiti di accesso e tempistiche

In tema requisiti d’accesso, alcuni soggetti chiedono l’incremento della soglia di potenza per l’accesso diretto, l’aggiunta dei criteri ESG, la reintroduzione del requisito specifico che attesti la capacità finanziaria ed economica di chi partecipa al meccanismo del Decreto FERX.

Con riferimento ai tempi massimi individuati per la realizzazione degli interventi, la consultazione ha evidenziato un forte distaccamento con le aspettative degli operatori. Per quanto detto diversi soggetti propongono per una o più fonti l’innalzamento dei tempi previsti, chiedendo di tenere in considerazione parametri quali, la potenza e/o la tipologia d’intervento, l’ottenimento dei titoli autorizzativi, i tempi di realizzazione della connessione e quelli dovuti agli approvvigionamenti, che sottolineano, potrebbero oltretutto determinare un aumento dei costi, visto anche i meccanismi incentivanti”, si legge ancora nel documento.

Per i tempi di comunicazione della data d’entrata in esercizio dell’impianto, emerge nel complesso l’esigenza di un prolungamento, aggiungendo da più 60 giorni a 12 mesi. Viene anche evidenziata una certa contrarietà all’obbligo per gli operatori di impianti rinnovabili non programmabili che stipula un contratto CfD ad abilitarsi alla fornitura dei servizi di dispacciamento.

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Rinnovabili • batteria ibrida al sodio

Dalla Corea la batteria ibrida al sodio che si ricarica in pochi secondi

Un gruppo di scienziati del KAIST ha sviluppato una batteria a ioni di sodio ad alta energia, ad alta potenza e di lunga durata

batteria ibrida al sodio
Foto di danilo.alvesd su Unsplash

Quando le batteria a ioni sodio incontrato i supercondensatori a ioni sodio

Arriva dalla Corea del Sud la prima batteria ibrida al sodio in grado di battere la tecnologia a ioni di litio a mani basse. Con ottime prestazioni lato di capacità di accumulo, potenza, velocità di carica e durata, come dimostra l’articolo pubblicato sulla rivista scientifica Energy Storage Materials (testo in inglese).

Nel 2020 le batterie a ioni sodio (Na+) hanno raggiunto prestazioni comparabili a quelle degli ioni di litio in termini di capacità e durata del ciclo in condizioni di laboratorio. Da allora il segmento ha continuato a macinare grandi progressi, spinto dall’esigenza globale di trovare una tecnologia di accumulo più economica delle ricaricabili al litio e meno dipendente dalle attuali catene di approvvigionamento dei materiali critici. L’ultimo grande risultato nel campo è quello segnato da un gruppo di scienziati del KAIST, il Korea Advanced Institute of Science and Technology.

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Il team guidato dal professor Jeung Ku Kang del Dipartimento di Scienza e Ingegneria dei Materiali ha messo a punto una batteria ibrida agli ioni di sodio dalle prestazioni eccellenti e in grado di ricaricarsi in pochi secondi. Il segreto? Un’architettura che integra materiali anodici propri delle batterie con catodi adatti ai supercondensatori.

Batteria ibrida al sodio, prestazioni record

In realtà non si tratta di un approccio nuovo. Gli stoccaggi ibridi con Na+ sono emersi negli ultimi anni come una promettente applicazione nel campo dell’energy storage in grado di superare i punti deboli degli accumulatori a ioni di sodio più conosciuti.

Tradizionalmente questo metallo è usato e studiato in due tipi di dispositivi di stoccaggio: batterie e condensatori. Le prime, come spiegato poc’anzi, forniscono oggi una densità di energia relativamente elevata ma sono caratterizzate da una lenta cinetica di ossidoriduzione, che si traduce in una bassa densità di potenza e una scarsa ricaricabilità. I secondi invece hanno un’elevata densità di potenza dovuta all’accumulo di carica tramite rapido adsorbimento di ioni superficiali, ma una densità di energia estremamente bassa.

Tuttavia unire le due tecnologie impiegando catodi di tipo condensatore e degli anodi di tipo batteria, non ha dato subito i risultati sperati. La causa è da ricercare soprattutto nello squilibrio cinetico tra i due tipi di elettrodi.

Nuovi materiali per catodo e anodo

Per arginare il problema il team sudcoreano ha utilizzato sviluppato un nuovo materiale anodico con cinetica migliorata attraverso l’inclusione di materiali attivi fini nel carbonio poroso derivato da strutture metallo-organiche. Inoltre, ha sintetizzato un materiale catodico ad alta capacità e la combinazione dei due ha consentito lo sviluppo di un sistema di accumulo di ioni sodio che ottimizza l’equilibrio e riduce al minimo le disparità nei tassi di accumulo di energia tra gli elettrodi.

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La cella completamente assemblata supera per densità di energia le batterie commerciali agli ioni di litio e presenta le caratteristiche della densità di potenza dei supercondensatori. Nel dettaglio la batteria ibrida al sodio si ricarica rapidamente e raggiunge una densità di energia di 247 Wh/kg e una densità di potenza di 34.748 W/kg. Inoltre gli scienziati hanno registrato una stabilità del ciclo con efficienza Coulombica pari a circa il 100% su 5000 cicli di carica-scarica.

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

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L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.