Rinnovabili •

Legambiente: l’edilizia italiana ai raggi X

Analizzati 200 edifici per 21 città con risultati scoraggianti e poca efficienza. Bocciati i progetti di Gregotti, Fuksas e Krier. Promosse Trento, Bolzano, Piemonte e Lombardia.

(Rinnovabili.it) – In occasione della Giornata mondiale dell’Ambiente Legambiente ha pubblicato il Rapporto “Tutti in Classe A”, una vera e propria radiografia del patrimonio edilizio della nostra penisola. Se è vero che una grossa fetta dei consumi energetici e delle emissioni nocive è causata dal comparto edile, è altrettanto vero che gli interventi oggi in atto per migliorare questa situazione sono decisamente troppo pochi per la gravità della situazione.

Armati di una termocamera ad infrarossi, una speciale macchina fotografica in grado di catturare il gradiente termico delle superfici, i tecnici di Legambiente hanno attraversato lo stivale, catturando le immagini di 200 edifici distribuiti in 21 città costruiti dal dopoguerra ad oggi, con risultati decisamente scoraggianti. Un obiettivo chiaro e preciso quello messo in evidenza dal Rapporto: dimostrate i vantaggi delle abitazioni ben costruite, evidenziando le notevoli differenze energetiche, le disparità qualitative e gli svantaggi economici degli edifici mal costruiti.

I CATTIVI ESEMPI

L’analisi termografica ha riguardato anche edifici costruiti in classe A e quelli realizzati dopo l’anno 2000, data cruciale a livello europeo che ha chiarito con la direttiva dei riferimento i parametri da tenere in considerazione per progettare edifici efficienti ed accuratamente isolati, evidenziando le notevoli carenze anche di tutte quelle strutture che si autodefiniscono “biocase”. Da Roma a Venezia, la mancanza di isolamento evidenziata dall’estrema eterogeneità dei colori delle superfici, compare anche nei fotogrammi che ritraggono il Villaggio Olimpico di Torino, la Giudecca a Venezia fino alla periferia di Bari, o al complesso Porta Nuova di Pescara e al quartiere Bufalotta a Roma.

Tra i 91 scatti incriminati, appartenenti ad un gap temporale relativamente recente, non mancano purtroppo costruzioni “firmate”, opera di architetti del calibro di Fuksas, Krier o Gregotti; come le case in via Leoni a Milano, nel quartiere Pista di Alessandria e Bicocca di Milano, dove l’analisi a infrarossi ha mostrato risultati fin troppo simili ad edifici progettati da firme meno prestigiose, con difetti nelle superfici perimetrali ed elementi disperdenti nelle strutture portanti.

“Se in tutti e tre gli edifici analizzati è chiara l’impronta architettonica che si voleva proporre – commenta Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente – è invece da rivedere completamente l’attenzione all’efficienza energetica. Le regole previste dalle direttive europee per l’isolamento degli edifici valgono per tutti, e anche le archistar devono studiare se vogliamo tutti contribuire a migliorare la qualità dell’edilizia italiana”.

Il vero problema da risolvere per ristabilire il giusto equilibrio, riducendo il peso del settore edile italiano, è però rappresentato da tutti gli edifici realizzati nel secondo dopoguerra, ovvero dove vive la maggior parte della popolazione. Tre quarti delle costruzioni italiane sono state erette tra il 1946 e il 1991 e il 30% è in condizioni pessime o mediocri. Mentre gli edifici costruiti tra il 1950 e il 1990 mostrano significativi difetti di dispersione energetica, prevedibili per immobili realizzati in fretta e senza cura.

A dimostrare, però, che migliorare le condizioni di chi abita in queste abitazioni è possibile sono le termografie effettuate su edifici di Pescara, Firenze e Pesaro nei quali sono stati realizzati interventi di isolamento attraverso “cappotti termici”.

LE BUONE PRATICHE

In Classe A si vive meglio. Sembra uno slogan, ma è la realtà testimoniata dalle strutture termofotografate e ben progettate: come il come il Kondominium Rosenbach a Bolzano, gli immobili in via cittadella a Firenze, in via Lumignacco a Udine o in località Fontana a Perugia, che mostrano invece un comportamento omogeneo delle facciate e l’assenza di ponti termici significativi.

Bollette meno care per tutti i progetti che hanno saputo sfruttare l’esposizione e migliorare i materiali, minimizzando i consumi energetici per il condizionamento invernale. I fortunati abitanti di questi edifici arrivano a pagare fino a 2.000 euro in meno all’anno di spesa energetica rispetto a chi abita in una casa di Classe G.

Nel rapporto di Legambiente sono inoltre state inquadrate le pagelle delle Regioni italiane in materia di efficienza energetica, per inquadrare una situazione difficile da gestire che ha portato troppo spesso a situazioni di grave precarietà delle strutture ed inaffidabilità. Promosse le Province di Trento e Bolzano, Piemonte e Lombardia che hanno anticipato il recepimento delle direttive europee e stabilito controlli e sanzioni per la certificazione. Tutte le altre Regioni presentano buchi normativi, sanzioni inadeguate, controlli assenti o a campione.

UN FUTURO IN CLASSE A?

In un momento di crisi come quello attualmente attraversato dal settore immobiliare italiano, diventa indispensabile recepire le richieste dell’Unione Europea imparando a costruire edifici energeticamente “neutrali”, ovvero capaci di rispondere a precise prestazioni, migliorando la qualità della vita dei suoi abitanti.

“Vogliamo incalzare governo, regioni e comuni affinché accompagnino con regole chiare e controlli la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio – spiega Edoardo Zanchini, vice presidente di Legambiente”.

Con il Report “Tutti in Classe A” Legambiente ha approfittato per fare il punto della situazione chiedendo al Governo un intervento tempestivo per intraprendere la strada dell’innovazione. Il primo importante quesito da risolvere è l’omogeneizzazione delle certificazioni regionali, per introdurre un unico criterio di analisi e soprattutto un supporto riconosciuto a livello nazionale che stabilisca anche le adeguate sanzioni per chi non si attiene alla normativa. Questioni di vitale importanza per risolvere il problema dei consumi eccessivi e ridurre l’impiego di fonti fossili, attuabile anche attraverso un sistema che premia le buone pratiche, ovvero gli interventi sul nuovo o sul costruito che migliorano la qualità degli edifici passando ad una classe energetica superiore.

Rinnovabili •
About Author / Alessia Bardi

Si è laureata al Politecnico di Milano inaugurando il primo corso di Architettura Ambientale della Facoltà. L’interesse verso la sostenibilità in tutte le sue forme è poi proseguito portandola per la tesi fino in India, Uganda e Galizia. Parallelamente alla carriera di Architetto ha avuto l’opportunità di collaborare con il quotidiano Rinnovabili.it scrivendo proprio di ciò che più l’appassiona. Una collaborazione che dura tutt’oggi come coordinatrice delle sezioni Greenbuilding e Smart City. Portando avanti la sua passione per l’arte, l’innovazione ed il disegno ha inoltre collaborato con un team creativo realizzando una linea di gioielli stampati in 3D.


Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

Rinnovabili •
About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

Rinnovabili •
About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.