Moratoria eolico: una soluzione ‘insostenibile’

Con una corretta gestione e informazione nel percorso di integrazione territoriale degli aerogeneratori, le critiche al settore eolico italiano potrebbero ridimensionarsi

In questi ultimi giorni l’eolico è tornato a far parlare di sé: alcune associazioni ambientaliste, insieme a 33 comitati ed enti territoriali, (tra cui Italia Nostra, Amici della Terra, Lipu, Comitato nazionale del Paesaggio, Comitato per la Bellezza, Verdi Ambiente e Terra Celeste) hanno recentemente scritto una lettera congiunta ai ministri dello Sviluppo economico, dell’Ambiente, dei Beni culturali, dell’Agricoltura, del Turismo e dell’Economia, in merito ai provvedimenti di attuazione del dlgs 28-2011 sulle rinnovabili. Il messaggio in particolare, si riferisce alla decisione del Governo di aumentare a 23.000 MW, entro il 2016 (con 4 anni di anticipo sulle scadenze del 2020), la potenza installata fotovoltaica, che dovrebbe almeno scongiurare l’installazione di nuovi impianti eolici. “Essi, infatti, rappresentano la massima preoccupazione per il paesaggio, perché hanno già causato danni irreparabili in molte zone del mezzogiorno e delle isole ed ora minacciano anche le zone naturali di pregio (sempre meno ventose) del centro-nord”. Nella lettera, le associazioni hanno quindi richiesto al Governo di effettuare un censimento degli impianti già installati e di quelli autorizzati; di procedere ad una moratoria dell’installazione di impianti eolici; di  ridurre di 4.000 MW la quota prevista dal PAN per l’eolico e gli incentivi previsti, e infine, di affrontare il tema della decarbonizzazione del nostro Paese con un approccio multidisciplinare, nell’utilizzo delle FER per la lotta ai gas serra.

Queste istanze, portate avanti con particolare impegno dal fronte ambientalista, hanno rimesso in luce alcuni aspetti critici legati da tempo al settore eolico italiano, probabilmente a causa di una cattiva gestione e informazione nel percorso di integrazione territoriale degli aerogeneratori. Tanto per fare degli esempi: sulla questione dell’impatto visivo, alcuni problemi si potrebbero scongiurare attraverso una scelta accurata della forma, del colore e dei componenti di un “impianto a vento” per  armonizzare la presenza degli impianti eolici nel paesaggio. Per il rumore invece basterebbe migliorare l’inclinazione delle pale e la loro conformazione insieme ad una “revisione” strutturale che preveda l’isolamento acustico della navicella. Infine, per quanto riguarda gli effetti negativi su flora e fauna circostante, occorrerebbe sapere che dai molti studi è emerso che l’unico vero dato riscontrato riguarda il possibile impatto degli uccelli con il rotore delle macchine, che comunque è inferiore a quello dovuto al traffico automobilistico, ai pali della luce o del telefono. D’altro canto, occorre anche considerare che con 700 MW di impianti eolici installati, (che dovrebbero essere realizzati in Italia nei prossimi anni), si eviterebbero – nell’ipotesi che l’energia annua prodotta nel nostro Paese sia pari a 1,4 TWh – 1,4 milioni di tonnellate di CO2 ogni anno. Il gioco questa volta, potrebbe non valere la candela.

 

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