A Hong Kong il fotovoltaico perovskite–silicio batte ogni record

La nuova promessa del solare e il materiale storico del fotovoltaico s’incontrano in una cella che raggiunge il 25,5% di efficienza. L’ibrido del PolyU è anche più economico dei pannelli oggi in commercio

A Hong Kong il fotovoltaico perovskite–silicio batte ogni record

 

(Rinnovabili.it) – La società di ricerca LUX Research ha predetto per il fotovoltaico in perovskite una competitività commerciale tra 3-5 anni. I tempi potrebbero però divenire ancora più stringenti dopo l’ultima invenzione uscita dai laboratori del Politecnico di Hong Kong (PolyU). L’ingegnere elettronico Charles Chee Surya e i suoi colleghi hanno raggiunto un’efficienza di conversione del 25,5% con una cella solare in tandem perovskite-silicio. Un valore che, almeno per ora, non ha concorrenti a livello mondiale.

 

Come è realizzato il fotovoltaico perovskite-silicio

Il fotovoltaico perfetto è quello che riesce ad assorbire tutte le lunghezze d’onda dell’energia solare incidente. Un materiale simile ovviamente non esiste, ma possono essere create combinazioni che assolvano almeno in parte al compito. Una di queste combinazioni vede protagonista la perovskite composta da metilammonio-triioduro piombo (tra le più promettenti in campo solare) e il tradizionale silicio policristallino. Insieme formano una coppia completare che può essere sfruttata nelle celle in tandem: la perovskite è posta superiormente in modo da poter raccogliere i fotoni di breve lunghezza d’onda, mentre lo strato inferiore è rivestito in silicio per assorbire le lunghezze d’onda più elevate.

 

I tre approcci del PolyU

Il team di ricerca di PolyU ha sfruttato questo accoppiamento attraverso tre approcci innovativi. In primo luogo, ha ridotto i difetti del cristallo con un processo di ricottura a bassa temperatura in ossigeno secco; quindi ha costruito una sorta di sandwich a tre strati (fatto da due fette di triossido di molibdeno contenente oro all’interno) così sottile da essere abbastanza trasparente e permettere il passaggio della luce. Infine, imitando la morfologia superficiale dei petali di rosa, è stato applicato un film opaco sullo strato superiore per intrappolare un maggior numero di fotoni.

I ricercatori del PolyU sostengono che grazie alla loro nuova cella il costo dell’energia solare possa scendere fino a 0,31 euro per Watt, rispetto agli attuali 0,50 euro /Watt del silicio cristallino.

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2 Commenti

  1. La nuova cella descritta in questo articolo non è propriamente una ‘nuova invenzione asiatica’ in quanto sfrutta un’idea datata da almeno una decina di anni ovvero la tecnologia di produzione delle celle Tandem. Come quasi sempre avviene, quando si parla di vera innovazione scientifica, i veri autori sono stati, ancora una volta, gli europei e precisamente gli Svizzera della Oerlikon ( poi copiati dall’americana Applied Materials ). Tuttavia è certamente lodevole l’impegno profuso dal Politecnico di Hong Kong in quanto non è assolutamente semplice produrre celle di questo tipo e comunque, benché ispirati dalle celle Tandem, hanno saputo realizzarne una con struttura e materiali diversi arrivando ad una efficienza di conversione del 25.5%. L’efficienza di queste celle è anche dovuta al fatto che, siccome diversi fotoni di diversa frequenza riescono ad interagire coi reticoli della cella, non solo si ha una maggior produzione di elettroni liberi ma al tempo stesso quei fotoni non hanno modo di disperdere la propria energia in calore perché l’hanno utilizzata per staccare l’elettrone dalla banda di valenza. Queste celle quindi, risultano essere più “fredde” a parità di energia ricevuta e, come per tutte le apparecchiature elettriche, un contenimento delle temperature determina un aumento del rendimento ( si riduce la componente di entropia ). La Oerlikon e la Applied Materials dimostrarono inoltre che il numero massimo di giunzioni non doveva superare 3 e che l’aggiunta di altri strati avrebbe incrementato il rendimento di pochi punti millesimali determinando però, al tempo stesso, un aumento notevole dei costi di produzione non giustificati da quell’aumento risibile di rendimento. Questo è comprensibile e comune anche ad altre apparecchiature elettriche e persino chimiche, infatti una colonna di distillazione ha un’efficienza di separazione che si esplica nei primi cinque o sei piatti, tutti gli altri piatti aggiunti in colonna non fanno che aumentare dimensioni e costi dell’apparecchiatura a fronte di incrementi minimi nell’efficienza di separazione della miscela. Se si potesse utilizzare un numero infinito di giunzioni il rendimento massimo di conversione sarebbe dell’86 % ma questo è un dato meramente teorico ed inattuabile in pratica. Faccio comunque osservare che un prototipo multigiunzione di dieci anni fa ha raggiunto una efficienza del 40% ! Tuttavia l’industrializzazione di questa cella si è poi rivelata essere praticamente impossibile. Di veramente innovativo, in questa cella, è l’utilizzo della perovskite e questo dimostra come l’utilizzo di materiali diversi da quelli abitualmente adoperati, possa determinare guadagni in efficienza e prestazioni che si traducono poi, inevitabilmente, in guadagni economici per chi ha investito in ricerca e sviluppo. Lo capiranno anche qui in Italia un giorno ? Un ultima osservazione andrebbe fatta sul vetro che ricoprirà queste celle una volta montate sul pannello fotovoltaico perché infatti è inutile spendere risorse in ricerca e sviluppo per incrementare il rendimento della cella quando poi questa verrà magari coperta da un vetro che non è all’altezza della cella stessa. Mi spiego meglio. I vetri dei pannelli fotovoltaici non sono vetri qualunque, essi devono possedere caratteristiche ottiche ( trasparenza, indici di riflessione, rifrazione … ) tali da costituire una barriera ottica alle radiazioni elettromagnetiche del Sole che sia la più bassa possibile ma mi risulta ( purtroppo ) che l’industria del vetro non abbia seguito di pari passo l’evoluzione fotovoltaica delle celle e non abbia sviluppato vetri dalle performance migliori negli ultimi vent’anni. Si rischia così di avere celle altamente performanti poste dietro a vetri la cui tecnologia è essenzialmente quella di sempre. Ennesima dimostrazione del fatto che il fotovoltaico, se vuole veramente progredire, dev’essere necessariamente un’industria di sistema.

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