Dalla ricerca giapponese la nuova batteria per l’energia geotermica

Gli scienziati del Tokyo Institute of Technology e del Sanoh Industrial hanno realizzato un nuovo sistema a celle termiche sensibilizzate, che può convertire direttamente l’energia termica in elettricità

energia geotermica

 

Una nuova tecnologia per sfruttare l’energia geotermica

(Rinnovabili.it) – L’energia geotermica ha un notevole potenziale di crescita a livello globale. Si stima che la quantità di calore contenuto entro 10.000 metri dalla superficie terrestre possieda 50.000 volte più energia di tutte gli idrocarburi mondiali (leggi anche Unione europea, quarta potenza al mondo per la geotermia). Per sfruttare questo potenziale la maggior parte dei sistemi geotermici ad alta entalpia funzionano utilizzano fluidi riscaldati da rocce calde a pochi chilometri sotto la superficie terrestre, che sia acqua naturalmente presente nelle profondità e pompata in superficie, oppure di soluzioni iniettate nel sottosuolo, riscaldate e poi estratte nuovamente.

 

Per funzionare questi impianti hanno bisogno di alte temperature (oltre 180°C) ma un gruppo di scienziati giapponesi è convinto di aver trovato un modo per sfruttare questa fonte direttamente, senza bisogno di un vettore, e a temperature più basse. Il sistema realizzato dagli scienziati del Tokyo Institute of Technology e del Sanoh Industrial è costituito da celle termiche sensibilizzate capaci di generare elettricità sotto i 100°C. Questi dispositivi sono composti di tre strati di materiale inserito tra due elettrodi: uno strato di trasporto di elettroni (ETM), uno strato semiconduttore in germanio e uno strato di elettrolita solido che trasporta ioni rame.

 

Le celle termiche sensibilizzate vanno sepolte presso la fonte geotermica. L’idea è che il calore nel terreno ecciti gli elettroni nel semiconduttore, trasferendoli all’ETM. Da lì possono passare attraverso l’elettrodo in un circuito esterno e infine ritornare all’altro elettrodo e nell’elettrolita dove avvengono le reazioni di ossidazione e riduzione che portano elettroni a bassa energia nel semiconduttore.

 

Un fattore critico per il team, era per quanto tempo il dispositivo avrebbe potuto mantenere questo ciclo. I test hanno trovato la risposta: il ciclo si esaurisce quando lo fanno le reazioni redox a causa del trasferimento dei diversi tipi di ioni rame. Questo significa che per estendere la vita del sistema sarebbe necessario accedere al circuito esterno aprendolo per breve tempo per “ricaricarlo”. Questo, afferma il team, potrebbe consentire alla batteria di fornire energia in maniera “semi-permanentemente”.

Articolo precedenteVentotto multinazionali fissano l’obiettivo zero emissioni per il 2050
Articolo successivoL’energia solare alimenta l’intera rete tranviaria di Melbourne

1 commento

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Leave the field below empty!