ISDS: nuove cause contro l’Italia per i decreti sul fotovoltaico

La clausola ISDS, che consente alle imprese di denunciare gli Stati, potrebbe costringere l’Italia a risarcire altri investitori esteri per i tagli alle rinnovabili

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(Rinnovabili.it) – Altre due procedure di arbitrato internazionale sono appena state aperte contro l’Italia, frutto del ricorso alla clausola ISDS da parte di investitori esteri dopo il taglio degli incentivi alle rinnovabili. Il meccanismo, acronimo di Investor to State Dispute Settlement, prevede che le aziende di altri Paesi possano citare in giudizio, presso ambigue corti private, un governo che prenda misure in contrasto con il loro diritto al profitto. L’esecutivo italiano ne è un convinto sostenitore all’interno del TTIP, il trattato di libero scambio tra Stati Uniti e Unione europea. L’opinione pubblica continentale, invece, è ampiamente contraria e lo ha dimostrato con una consultazione che ha bloccato il negoziato per mesi. Gli effetti dell’ISDS, infatti, sono potenzialmente catastrofici, poiché qualsiasi normativa scomoda può essere impugnata dalle imprese, che approfittano del conflitto di interessi delle corti arbitrali per chiedere risarcimenti miliardari.

 

L’Italia non si era mai scottata prima del 2014, ma negli ultimi mesi si è vista recapitare, uno dopo l’altro, tre avvisi di garanzia. Il trattato internazionale sugli investimenti impugnato dai querelanti è sempre la Carta dell’Energia. Tutti, infatti, si appellano contro le misure degli ultimi governi, che hanno ridotto gli incentivi alle energie rinnovabili. Il nostro Paese ha abbandonato l’Energy Charter Treaty per una serie di motivi (che abbiamo approfondito in questo articolo), ma non potrà scampare al giudizio dei tribunali privati, perché l’accordo prevede una copertura degli investimenti esteri tramite ISDS fino a 20 anni dopo la rescissione.

 

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Le aziende nostrane hanno utilizzato a piene mani la clausola di risoluzione delle controversie inserita negli accordi bilaterali sugli investimenti siglati nel tempo con Paesi in via di sviluppo. I governi l’hanno sempre «giustificata con la necessità di garantire agli investitori italiani tribunali imparziali in Paesi dal vacillante stato di diritto», spiega Re:Common, associazione che opera per sottrarre al mercato le risorse naturali e riformare la Banca Mondiale. Da anni, però, lo scenario è cambiato: il moltiplicarsi dei trattati di libero scambio ha visto crescere esponenzialmente le cause arbitrali fra Paesi sviluppati.

Il nostro ha avuto la prima citazione nel 2014, ad opera di tre investitori europei ricorsi contro il taglio degli incentivi al fotovoltaico contenuto nel Decreto Romani del 2011.

 

ISDS nuove cause contro l'Italia per i decreti sul fotovoltaico 5«Nel secondo caso – riporta Re:Common – registrato il 7 luglio scorso alla Camera di commercio di Stoccolma, sono la danese Greentech Energy Systems e il fondo lussemburghese Novenergia ad accusare il governo italiano per la stessa riduzione dei sussidi alle rinnovabili».

Il terzo caso ha meno di un mese: l’11 agosto l’Avvocatura dello Stato è stata chiamata a rispondere davanti all’ICSID, il Centro internazionale per il regolamento delle controversie sugli investimenti della Banca Mondiale, dalla Silver Ridge Power BV. Si tratta di una azienda registrata in Olanda, ma in realtà sussidiaria di una multinazionale statunitense specializzata in impianti di energia solare. La compagnia ha messo in atto la pratica del cosiddetto treaty shopping, cioè l’utilizzo di società di comodo basate in Paesi che hanno stretto accordi coperti da ISDS con lo Stato da querelare, al fine di aggirare la giurisdizione nazionale e ottenere più facilmente risarcimenti attraverso le opache corti private.

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