“Minare” bitcoin consuma 30 TWh in un anno

La rete bitcoin utilizza tantissima energia per tracciare le transazioni in criptovaluta. In un anno ne utilizza più di 19 paesi europei

bitcoin

 

Il sistema dei bitcoin ha un consumo energetico insostenibile

(Rinnovabili.it) – Le monete virtuali consumano quantità di energia inimmaginabili: secondo uno studio della piattaforma Digiconomist, “minare” bitcoin per un anno comporta un dispendio di elettricità superiore a quello di 19 paesi europei. La rete dei bitcoin mining, responsabile della verifica delle transazioni effettuate con la criptovaluta, consuma 30,14 TWh all’anno. Con un consumo continuo di 3,4 GW, la rete utilizza cinque volte più elettricità di quella prodotta dal più grande parco eolico in Europa. Il London Array, nell’estuario del Tamigi, ha infatti una potenza di 630 MW.

In base a questi calcoli, è Digiconomist è in grado di affermare che ogni singola transazione di bitcoin utilizza quasi 300 kWh di elettricità, sufficienti ad alimentare circa 36 mila bollitori pieni d’acqua. Il consumo energetico di altre reti che organizzano le transazioni finanziarie sul pianeta non ha paragoni: uno dei due data center del circuito Visa, negli Stati Uniti, si attesta appena al 2% della potenza richiesta dal sistema dei bitcoin. Nel complesso i due data center Visa tracciano circa 200 milioni di transazioni al giorno, mentre la rete bitcoin ne gestisce meno di 350 mila.

 

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La domanda sorge spontanea: perché? Da un lato, la rete bitcoin utilizza tantissima energia per proteggersi dalle frodi: senza un’autorità centralizzata che confermi le avvenute transazioni, il supporto viene dai cosiddetti “minatori”, che mettono a disposizione computer specializzati per sopportare l’elaborazione di calcoli molto complessi. Offrire la propria macchina virtuale alla rete consente di ricavarne dei premi: quasi 250 mila dollari in bitcoin finiscono ai minatori come compenso per la loro opera di supporto all’infrastruttura.

Quando il prezzo dei bitcoin sale, aumenta anche il valore del premio, spingendo più minatori a mettere a disposizione computer nella gestione della rete. Ma poiché il prezzo della criptovaluta non aumenta necessariamente in proporzione con il crescere del numero di transazioni, si crea una specie di paradosso: la rete può consumare quantità di energia per transazione differenti senza apparenti ragioni.

Il valore di un bitcoin ha raggiunto ieri i 10 mila dollari, nel suo terzo picco dopo il 2013 e il 2014. Nel passato, queste crescite si sono spesso concluse con crolli rovinosi, portando gli esperti a descriverli come bolle speculative.

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2 Commenti

  1. Considerando che il 70% delle transazioni passa per un solo miner, quello cinese nel deserto mongolo, tutta salute (ed emissioni di carbone per fare elettricità)

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