Una startup UK vuole trasformare le ex miniere in batterie a gravità

La società scozzese Gravitricity realizzerà entro l’anno un impianto d’accumulo che sfrutta pesanti cilindri sospesi su vecchi pozzi minerari

batterie a gravità

 

“Batterie a gravità”, l’accumulo delle rinnovabili parla scozzese

(Rinnovabili.it) – Le miniere abbandonate del Regno Unito potrebbero presto essere utilizzate come gigantesche “batterie a gravità“, in grado di reagire alle richieste della rete in meno di un secondo. Questo, perlomeno, è il progetto della startup scozzese Gravitricity che ha appena ricevuto una sovvenzione di 650.000 sterline da Innovate UK per realizzare il primo impianto pilota.

 

L’idea è di utilizzare vecchi pozzi minerari per costruire un sistema di stoccaggio energetico bastato su giganteschi pesi. Il meccanismo alla base di questa sorta di “batterie a gravità” è molto simile a quello degli impianti idroelettrici a pompaggio: quando l’energia è abbondante e supera la domanda, il surplus elettrico è utilizzato per alzare i pesi dal basso del pozzo verso l’alto, lasciandoli cadere invece quando la richiesta della rete torna ad alzarsi. Tuttavia, a differenza dell’accumulo basato sull’idroelettrico, spiega la società, il sistema dovrebbe essere in grado di rispondere alle fluttuazioni della domanda quasi istantaneamente.

 

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Dal momento che ci affidiamo sempre di più alle fonti rinnovabili – commenta l’amministratore delegato di Gravitricity, Charlie Blaircresce la necessità di trovare delle modalità per stoccare quell’energia […] Finora ci si è concentrati molto sulle batterie, ma la nostra idea è diversa. La tecnologia si basa su un semplice principio: alzare e abbassare un peso per immagazzinare energia”.

 

Nel dettaglio, Gravitricity impiegherebbe un peso cilindrico di 3.000 tonnellate, sospeso in un pozzo da cavi attaccati a verricelli. “Questo peso può essere rilasciato quando richiesto – in meno di un secondo – e i verricelli diventano generatori, producendo rapidamente una grande quantità di elettricità o rilasciandola più lentamente a seconda di ciò che è necessario”. Secondo Blair, il sistema ha una vita stimata di 50 anni ed un’efficienza tra l’80 e il 90 per cento. Ogni unità può essere configurata per ottenere una potenza di picco tra 1 e 20 MW, con una durata dell’output compresa tra 15 minuti e 8 ore. Al momento la giovane società sta esaminando una serie di pozzi minerari in disuso – sia nel Regno Unito che in Sudafrica – e spera di avere un dimostratore su scala entro la fine dell’anno e un primo impianto attivo e funzionante entro il 2020.

 

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1 commento

  1. Veramente interessante come idea di recupero di strutture esistenti; va valutata bene la fattibilità è il costo reale di mantenere e modificare i pozzi . Ci sono tante miniere sulle Alpi e sugli Appennini che potrebbero essere utilizzate se funziona ammesso che si possano installare pannelli solari vicini onde ridurre le perdite di trasmissione e o conversione

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