Rinnovabili • reti di distribuzione dell’acqua

Come gestire in modo ottimale le reti di distribuzione dell’acqua

Nei prossimi anni, l'industria dell'acqua deve essere guidata verso l'adozione di soluzioni efficienti dal punto di vista energetico e di strumenti avanzati di monitoraggio e comunicazione, progettati specificamente per la futura rete idrica intelligente, supportata dalle soluzioni basate sull’IoT

reti di distribuzione dell’acqua
via depositphotos.com

Nuovi paradigmi di gestione per l’efficientamento energetico e l’aumento della resilienza della risorsa idrica

di Massimiliano Renzi*, Andrea Menapace*, Maurizio Righetti*

La scarsità della disponibilità della risorsa idrica e le problematiche legate alla distribuzione dell’acqua sono diventate argomenti di grande attualità a causa di una sempre crescente domanda di acqua potabile e di acqua per i processi industriali e per l’agricoltura. A livello globale la domanda di acqua potabile è in aumento mentre la disponibilità della risorsa idrica sta diminuendo. Questo ha portato in Italia, come in altre regioni del mondo, ad un aumento dei costi di servizio e ad una diminuzione della fornitura di acqua, con conseguenti potenziali svantaggi sociali, ambientali ed economici.

È stato stimato che in molti sistemi di approvvigionamento idrico in Italia, la perdita di acqua è mediamente il 40% del volume immesso (dati ISTAT, marzo 2020), con circa una perdita di 44 metri cubi al giorno (44000 litri!) per km di rete nei capoluoghi di Provincia. In alcuni casi essa raggiunge livelli molto più elevati, dal 50% al 70%. Una situazione non idilliaca che induce alla battuta: molti nostri acquedotti “fanno acqua”. Le ripercussioni finanziarie e ambientali sono di rilievo, soprattutto considerando gli episodi sempre più frequenti di scarsità idrica che interessano il nostro territorio e che si acuiranno anche nel Nord Italia come uno degli effetti del cambiamento climatico.

Le perdite totali di rete si compongono, oltre che di una parte fisiologica, che incide inevitabilmente su tutte le infrastrutture idriche, anche di una parte dovuta a vetustà degli impianti e a rotture, componente prevalente soprattutto in alcune aree del territorio, e di una parte amministrativa (non propriamente “perdite” quindi), legata a errori di misura dei contatori e ad allacci abusivi. La frequente carenza di strumenti di monitoraggio e controllo dei volumi e dei flussi certo non aiuta a controllare e contenere le perdite.
Vi è da notare infine che i sistemi di trattamento ed approvvigionamento dell’acqua hanno un impatto energetico sostanziale: sempre secondo i dati dell’ISTAT, in Italia nel 2018, il 5% del consumo complessivo nazionale di energia è stato assorbito dai sistemi di pompaggio, distribuzione e trattamento dell’acqua.

Per sostenere la transizione verso un sistema idrico urbano resiliente, intelligente e sostenibile, è obbligatorio un nuovo approccio per la gestione della risorsa idrica, come suggerito dalle più recenti linee guida europee e previsto dall’obiettivo di neutralità climatica dell’UE entro il 2050. Un approccio che tenda a coniugare competenze e conoscenze dell’ingegneria con quelle delle tecnologie innovative e digitali.

Anche la sempre maggiore conoscenza di dettaglio delle reti di drenaggio consente di comprendere al meglio le dinamiche di deflusso, individuare le relative criticità e pianificare gli interventi. I modelli numerici offrono quindi la possibilità di una migliore conoscenza delle dinamiche del sistema idrico, rappresentando un pilastro fondamentale per ogni attività di progettazione e, soprattutto, ottimizzazione gestionale delle reti e degli impianti.

Nei prossimi anni, l’industria dell’acqua deve essere guidata verso l’adozione di soluzioni efficienti dal punto di vista energetico e di strumenti avanzati di monitoraggio e comunicazione, progettati specificamente per la futura rete idrica intelligente, supportata dalle soluzioni basate sull’Internet of Things (IoT). Gli strumenti di misurazione tradizionali e l’analisi del fabbisogno di acqua basati su dati storici non sono più adeguati; sono ad alta intensità di lavoro e mancano di visibilità sui modelli di distribuzione, raccolta e consumo, con il risultato di servizi dispendiosi in termini di tempo, costosi e poco reattivi. Gli utilizzi dell’acqua nel mondo odierno sono sempre più diversificati e sempre più cruciale diventa acquisirne consapevolezza per ottimizzarli a causa della diminuzione di disponibilità della risorsa idrica, in questo contesto le soluzioni IoT risultano particolarmente utili, anche nell’ottica di riqualificazione delle reti.

Questi sono alcuni degli aspetti di cui si occupa il laboratorio di Termo Fluido Dinamica della Libera Università di Bolzano. Il laboratorio, recentemente sviluppato presso il nuovo Parco Tecnologico NOI (Nature of Innovation) di Bolzano, presenta una ampia gamma di attrezzature, strumentazioni e banchi prova che sono pensati per affrontare le nuove sfide nell’ambito del settore delle reti in pressione, dell’idroelettrico, dell’idraulica industriale ed ambientale e dei processi di conversione dell’energia. Tra le attrezzature a disposizione si possono elencare diversi circuiti, sia ad alta portata che ad alta pressione, sistemi di misura fluidodinamica avanzata basati su tecniche ottiche, sistemi per la simulazione ed il test di flussi con trasporto solido e con fluidi non newtoniani. Le attività comprendono anche lo sviluppo di codici numerici che possono essere utilizzati per modellare i fenomeni fisici analizzati e validati grazie ai test sperimentali. Il laboratorio è stato sviluppato grazie al supporto degli stakeholder locali e al supporto della Provincia Autonoma di Bolzano con l’obiettivo di rispondere alle esigenze del tessuto imprenditoriale locale e globale.

Nello specifico delle attività legate alle reti di distribuzione dell’acqua, negli ultimi anni i professori ed i ricercatori della Libera Università di Bolzano hanno condotto diversi progetti, finanziati dalla Provincia di Bolzano e da fondi europei, legati all’efficientamento e all’ottimizzazione nella gestione delle reti di distribuzione dell’acqua, con particolare riferimento alla minimizzazione delle perdite e al recupero energetico tramite l’uso di una modellazione avanzata, l’uso di algoritmi euristici per ottimizzare il design, la programmazione e la gestione, l’uso dell’intelligenza artificiale per la previsione della domanda e l’identificazione di anomalie e l’uso di macchine idrauliche a basso costo.

Sistema di gestione delle rete acqudottistica, basato su soluzione IoT e di telecontrollo

Lo sviluppo di strumenti di previsione accurati e di procedure di ottimizzazione affidabili sono cruciali per la futura gestione delle reti di distribuzione dell’acqua secondo i principi di resilienza e di uso sostenibile della risorsa idrica. Di particolare interesse risultano essere i modelli sviluppati grazie a nuovi strumenti di analisi e basati sull’uso dei dati provenienti dai sistemi di monitoraggio delle reti e di soluzioni di machine learning. I modelli possono essere costantemente aggiornati e calibrati grazie ai dati ricavati dalla rete sensoristica integrata per prevedere la domanda e la disponibilità di acqua nei diversi distretti della rete, ma anche per controllarla in modo ottimale e rilevarne i guasti. Questi strumenti possono essere utilizzati anche per l’ottimizzazione sia dei sistemi di pompaggio che dei dispositivi di recupero dell’energia, permettendo così di massimizzare il recupero dell’energia idraulica residua.

Infatti, anche gli aspetti energetici sono di fondamentale importanza nella gestione delle reti di distribuzione dell’acqua. Sebbene siano già state proposte soluzioni basate su macchine idrauliche per il recupero energetico, la loro applicazione è ancora limitata e impedita da una serie di limitazioni tecniche, economiche e pratiche. Una delle linee di ricerca del laboratorio è quella di affrontare queste sfide legate ai problemi di gestione e di instabilità delle pompe, dei dispositivi di controllo e delle turbine per il recupero energetico, soprattutto in condizioni operative variabili; questi infatti sono alcuni degli aspetti che attualmente limitano l’implementazione di strategie di efficienza energetica all’interno delle reti di distribuzione dell’acqua.

Purtroppo, molto spesso, le turbine idrauliche tradizionali sono difficilmente applicabili in applicazioni di piccolissima taglia, come per gli impieghi di recupero energetico, a causa della complessità e dei costi di impianto e di gestione. Una delle soluzioni percorribili è quella di adottare delle semplici macchine idrauliche, le pompe, invertendo il flusso dell’acqua per produrre energia su piccola taglia: si tratta delle cosiddette “Pumps as Turbines” o PaT. Un ulteriore vantaggio rispetto alle turbine tradizionali risiede nel fatto che le pompe sono disponibili in diverse dimensioni e soluzioni progettuali, il loro costo è nettamente inferiore, il controllo e l’installazione sono più semplici. Purtroppo, ad oggi, non sono disponibili delle metodologie generali per ricostruire il comportamento delle pompe quando queste vengono utilizzate come turbine; ciò comporta che ingegneri e progettisti siano limitati nell’uso delle PaT in quanto il rendimento energetico e, di conseguenza, il vantaggio economico sono difficilmente valutabili e ancora scoraggiano gli investimenti su questa tecnologia.

L’obiettivo della ricerca sviluppata presso il laboratorio di Termo Fluido Dinamica è, pertanto, quello di fornire ai tecnici uno strumento affidabile e generale per prevedere le prestazioni delle PaT, partendo semplicemente dai dati principali delle macchine in modalità pompa, come riportato nelle schede tecniche fornite dai produttori. Tra le varie metodologie sviluppate nell’ambito di questa ricerca i risultati più promettenti e accurati sono stati ottenuti utilizzando la metodologia delle Reti Neurali Artificiali. Tramite una fase di apprendimento supervisionato, sono state fornite le curve prestazionali delle PaT in diverse condizioni di funzionamento e la rete neurale si è dimostrata in grado di prevedere con un’altissima precisione il comportamento in modalità turbina. Tramite l’utilizzo della fluidodinamica computazionale, è stato anche possibile studiare il comportamento del flusso interno alla macchina e proporre modifiche specifiche per migliorarne ulteriormente le prestazioni.

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Banco prova sistema di recupero energetico basato sulle PaTs

Il progetto sulle PaTs ha già avuto un primo impatto applicativo nel territorio dell’Alto Adige: grazie alla disponibilità degli stakeholders locali, è stato possibile valutare l’applicazione di queste macchine nella rete acquedottistica delle città di Egna e di Laives; le PaTs sono state proposte come dispositivi per controllare la pressione nelle tubazioni, limitando così anche le perdite d’acqua della rete, e contemporaneamente come dispositivi di recupero. Si è dimostrato che la soluzione proposta garantisce un notevole ritorno energetico ed economico, tanto che il comune di Egna, partner del progetto, sta valutando l’introduzione delle PaT nella rete idrica locale.

In conclusione, l’obiettivo finale del progetto è quello di fornire gli strumenti e di dimostrare l’applicabilità delle soluzioni necessarie per affrontare le sfide future delle reti di fornitura dell’acqua e per guidare le analisi dei rischi e dei costi degli investimenti nelle infrastrutture idriche.

*Libera Università di Bolzano

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
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Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
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Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.