Rinnovabili, benefici sottostimati se si guarda solo alle emissioni medie

Un nuovo studio dimostra che, nel caso degli impianti elettrici, il calcolo basato sulle emissioni medie può portare ad una sottostima anche del 50% dell’impronta di carbonio

emissioni marginali
Credit: Pxhere

Attraverso le emissioni marginali – ottenute su base oraria e geo-referenziate – possono essere raccolte informazioni importanti

(Rinnovabili.it) – Per stimare i benefici derivanti dal passaggio alle energie rinnovabili, è ovviamente necessario confrontare i dati relativi al livello di inquinamento prodotto per unità di energia. Il calcolo viene fatto attraverso l’intensità delle emissioni prodotte dai singoli impianti energetici. Finora, tuttavia, s’è sempre fatto riferimento alla media annua dell’intensità di emissioni, ignorando così il fatto che queste possano variare in base al periodo, al giorno e persino alla posizione della centrale.

 

 

E’ qui che entrano in gioco le emissioni marginali, calcolate su base oraria e tenendo conto della posizione della fonte emissiva. Attraverso uno studio (testo in inglese) pubblicato su Environmental Science & Technology, gli scienziati hanno testato la differenza tra emissioni medie ed emissioni marginali analizzando gli scambi elettrici su PJM, il più grande mercato all’ingrosso di elettricità negli Stati Uniti grazie a circa 800 terawattora di elettricità prodotte ogni anno.

 

 I ricercatori hanno dimostrano che il calcolo basato sulle emissioni medie può portare, nel caso di PJM, anche ad una sottostima di quasi il 50% rispetto alle intensità marginali che spiegano, invece quali centrali elettriche del mercato sono effettivamente interessate. In altre parole, l’uso di valori medi può indurre un policymaker a pensare che un intervento a favore delle rinnovabili porti con sé solo la metà dei benefici reali.  Mentre i funzionari hanno storicamente utilizzato le intensità medie delle emissioni per calcolare l’inquinamento nel settore elettrico, in alcuni casi ciò ha portato a una stima errata degli impatti reali rispetto ad un approccio calcolato invece sulle emissioni marginali”, ha spiegato il co-autore dello studio Inês Azevedo, professore associato presso il Department of Energy Resources Engineering alla Stanford’s School of Earth, Energy & Environmental Sciences.

 

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Oltre a questo, i ricercatori hanno sottolineato anche l’importanza di utilizzare stime aggiornate: “la rete elettrica sta cambiando rapidamente, ma i dati sull’intensità delle emissioni sono spesso rilasciati con un grande ritardo – ha detto Priya Donti, studente alla Carnegie Mellon University e co-autore degli studi – “il nostro lavoro dimostra l’importanza di aggiornare frequentemente questi dati. Questo tipo di strumenti può aiutare a meglio comprendere i reali impatti ambientali dei singoli investimenti e, quindi, a programmare interventi che offrano i maggiori benefici in termini di cambiamenti climatici e salute umana”.

 

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