Solare termico: l’eclissi deve finire

Oggi a Roma, al convegno organizzato da Assolterm, si è cercato di capire quali potranno essere gli sviluppi del solare termico nell’orizzonte intermedio post 2020

Siamo nell’anno 2030”, cantava un famoso rapper italiano qualche anno fa, indicando un periodo temporale per l’epoca piuttosto lontano, oggi molto più prossimo a venire. Si tratta di un orizzonte temporale che, in termini di politiche energetico-ambientali, si trova all’incirca a metà delle proiezioni che la comunità internazionale individua come punto di riferimento per scadenze o obblighi da assolvere. Da una parte, infatti, c’è il raggiungimento dei target al 2020 imposti dall’Europa, dall’altra un futuro post 2020 che, sebbene in alcuni casi abbia già guardato al 2050, di fatto è piuttosto incerto. Il periodo di sicuro è piuttosto sui generis per le Fonti di Energia Rinnovabile, in generale, ma ancora di più per le rinnovabili termiche, in particolare, maltrattate rispetto alle sorelle elettriche e con potenzialità ancora troppo poco sfruttate.
A cercare di capire quali potranno essere gli sviluppi di un settore, quello termico, che sembra oggi essere sull’orlo di un risveglio è stato il convegno “Come sarà il mercato del solare termico nel 2030?”, che l’Associazione italiana solare termico (Assolterm) ha organizzato questa mattina a Roma, presso la sede del Gestore dei Servizi Energetici. L’evento cade in un momento in cui, nonostante l’inversione di tendenza rispetto al forte declino registrato fino al 2011, il mercato del solare termico europeo sente il bisogno di trovare nuovi segmenti e una nuova competitività per i prezzi. Secondo quanto emerso dalle statistiche annuali pubblicate dalla Federazione Europea dell’Industria del Solare Termico (ESTIF), infatti, attualmente la capacità totale installata in Europa ammonta a 26,3 GWth, grazie ai quali è possibile produrre circa 18,8 TWh di energia solare termica e risparmiare 13 MMT di CO2, con un fatturato che ha smosso circa 2,6 miliardi di euro nel 2011 e che offre all’industria del settore un ruolo chiave per il raggiungimento degli obiettivi fissati al 2020: 20% dei consumi di acqua calda sanitaria, riscaldamento e raffrescamento nei nuovi edifici e nelle grandi ristrutturazioni.

Concentrandosi su quanto accaduto nei vari Paesi d’Europa, che hanno dovuto fare i conti con crisi economiche, misure stop and go, quadri legislativi inaffidabili e competizioni con altre tecnologie, il mercato tutto sommato ha retto abbastanza bene, raggiungendo una diffusione territoriale che nel 2010 ha toccato il 18,4%. La cosa interessante, poi, è vedere come a livello europeo, e non solo, si sia cominciato a ragionare in termini di comparto termico, con una coscienza di settore che oggi chiede misure chiare e quadri legislativi definiti per potersi affermare e diventare competitiva.
Come illustrato nella panoramica fatta dal Segretario Generale di Assolterm, Valeria Verga, l’Italia continua a essere, in termini assoluti, il secondo mercato europeo dopo la Germania. Il Paese ha registrato una notevole crescita nel settore, tra il 2006 e il 2008, un periodo di stagnazione, dal 2008 al 2010, per poi arrivare a una perdita significativa nel 2011, che oggi, con una capacità totale installata di circa 2 GW, sembra scongiurata.
Che il gigante si stia risvegliando? Forse sì.
Per Gianni Silvestrini, intervenuto al convegno, l’obiettivo deve essere arrivare alla competitività senza incentivi. Alcuni Paesi hanno sistemi di sostegno molto bassi, in alcuni casi addirittura inesistenti, ma grazie alla maturità raggiunta dalla tecnologia, riescono comunque a fare “grandi numeri”. La vera sfida è dunque mettersi nell’ottica di creare un contesto capace di operare in totale autonomia, senza conti energia termici, fondi rotativi, detrazioni o certificati bianchi. L’industria ha, infatti, bisogno di innovazione, integrazione e differenziazione rispetto ai propri prodotti e dovrà avere una visione più ampia di osservazione, nella consapevolezza del ruolo che assumeranno le rinnovabili negli sviluppi energetici futuri. Un aspetto, questo, che l’Italia ancora non ha compreso appieno, continuando a operare in un contesto frammentato e ancora inconsapevole di quale sia la propria forza.
Che alcuni mercati, come quello italiano, stiano attraversando un momento difficile è fuori discussione. Nonostante l’andamento positivo degli impianti di grandi dimensioni per il riscaldamento e il raffrescamento nel settore commerciale e di quelli utilizzati nel teleriscaldamento o per il calore di processo nell’industria, sul piatto della bilancia non può non pesare il calo registrato nei segmenti di mercato più tradizionali, come la produzione di acqua calda sanitaria nelle abitazioni unifamiliari. Come ribadito dal Presidente di ESTIF, Robin Welling, l’obbligo per l’Europa deve essere la semplificazione del sistema, oggi troppo decentralizzato e confuso. Oltre al fondamentale sforzo da parte dei governi per sfruttare a pieno il potenziale di questa fonte di energia rinnovabile, per Welling è necessario guardare le cose con una prospettiva positiva. Il settore gode di una buona immagine che però non si è tradotta in politiche concrete di sviluppo. I benefici, non solo ambientali, sono tanti: un euro investito nel solare termico, torna indietro maggiorato di 40 centesimi. Un’occasione che i governi dovrebbero cogliere al volo.

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