Rinnovabili • emissioni CO2 della produzione energetica

Primo stop nelle emissioni CO2 della produzione energetica

Nel 2019 le emissioni del settore energetico globale sono rimaste “stabili” a 33 gigatonnellate, mentre l’economia continuava a crescere

 emissioni CO2 della produzione energetica
Creative Commons Zero – CC0

 

La IEA pubblica i dati ufficiali sulle emissioni CO2 della produzione energetica mondiale

(Rinnovabili.it) – Primo dato incoraggiante nella sfida globale alla decarbonizzazione. Nel 2019, a dispetto delle previsioni di metà anno, le emissioni CO2 della produzione energetica non sono cresciute. Non sono ovviamente neppure diminuite, ma il dato – identico a quello 2018 – va letto comunque come una buona notizia. Le 33 gigatonnellate di carbonio rilasciate nel 2019 interrompono, infatti, un trend preoccupante: gli ultimi due anni, a dispetto dell’Accordo di Parigi sul clima e degli impegni promessi, le emissioni della produzione energetica erano cresciute in maniera costante, allontanando la speranza di poter raggiungere in breve tempo il definitivo picco di CO2.

La speranza si riaccende oggi, soprattutto perché il calo nel dato emissivo si è accompagnato a quello di una crescita del 2,9 per cento dell’economia mondiale.

 

I numeri sono quelli presentati dall’Agenzia internazionale dell’Energia – IEA che spiega come dietro il nuovo stallo vi sono una serie di concause. Il fattore di maggiore valenza è rappresentato dall’abbandono del carbone nelle economie sviluppate: in America del nord ed Europa, rinnovabili e gas naturale hanno preso il posto di molte vecchie centrali termoelettriche a lignite ed antracite, riducendo le emissioni della produzione elettrica (leggi anche Record delle energie rinnovabili in Europa mentre il carbone affonda). Allo stesso tempo è aumentata la produzione nucleare e il clima più mite ha aiutato diverse nazioni a contenere il consumo energetico invernale.

“Ora dobbiamo lavorare sodo per assicurarci che il 2019 sia ricordato come il picco definitivo delle emissioni globali, non solo un’altra pausa nella crescita”, ha affermato il dott. Fatih Birol, direttore esecutivo della IEA. “Abbiamo le tecnologie energetiche per farlo e dobbiamo farne uso tutti. L’Agenzia sta costruendo una grande coalizione incentrata sulla riduzione delle emissioni, che comprende governi, aziende, investitori e tutti con un autentico impegno per affrontare la nostra sfida climatica”.

 

Uno sguardo più da vicino ai dati dell’Agenzia permette di osservare come in tutte le economie avanzate, le emissioni CO2 della produzione energetica siano scese ai livelli di fine anni ’80, quando la domanda elettrica era di un terzo inferiore ad oggi. Il più grande calo, in tal senso, si è registrato negli Stati Uniti, con un meno 140 milioni di tonnellate di CO2. Nel contempo, le emissioni nell’Unione europea sono diminuite di 160 milioni di tonnellate, mentre il Giappone ha raggiunto un calo di 45 milioni di tonnellate. Le emissioni del settore energetico nel resto del mondo sono invece cresciute di quasi 400 milioni di tonnellate nel 2019. “Questa fermata positiva nella crescita della CO2 è motivo di ottimismo per poter affrontare la sfida climatica in questo decennio”, ha aggiunto Birol. “È la prova che sono in atto transizioni ad energia pulita – ed è anche un segnale che abbiamo l’opportunità di spostare in modo significativo l’ago delle emissioni attraverso politiche e investimenti più ambiziosi”.

 

>>leggi ancheFotovoltaico 2020: scendono i prezzi, aumenta l’efficienza<<

 

La IEA ha colto l’occasione del lancio dei dati 2019 per annunciare un vertice internazionale sulle energie pulite, che si terrà a Parigi il 9 luglio 2020. l’appuntamento riunirà i principali ministri di governo, amministratori delegati, investitori e altre principali parti interessate di tutto il mondo con l’obiettivo di “accelerare il ritmo del cambiamento attraverso soluzioni ambiziose e reali”.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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