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Abusivismo edilizio: basta alibi per l’illegalità

Condoni, norme “blocca ruspe”, vecchio e nuovo cemento illegale. Di tutto ciò si è parlato oggi a Roma nel organizzato da Legambiente "Abusivismo edilizio: l’Italia frana, il Parlamento condona"

Abusivismo edilizio: basta alibi per l'illegalità(Rinnovabili.it) – Basta alibi. Bisogna intervenire con decisione. L’abusivismo edilizio ha raggiunto picchi record, e i governi finora non hanno saputo far altro che proporre sanatorie. È la sintesi di quanto emerso al convegno organizzato da Legambiente stamattina in via della Mercede a Roma. L’evento, dal titolo piuttosto battagliero “L’Italia frana il Parlamento condona, ha riunito personalità del mondo politico e giuridico. Nell’occasione è stato anche presentato il dossier 2013 sull’abusivismo edilizio, curato dall’Osservatorio nazionale Ambiente e Legalità di Legambiente.

 

Le statistiche contenute nel documento evidenziano la difficoltà di venire a capo di un fenomeno radicato nel nostro Paese, in particolar modo nelle regioni del Mezzogiorno. Sicilia e Campania detengono il triste primato, “vantando” rispettivamente il 16,6% e il 15,7% degli edifici fuori legge sul demanio marittimo. Seguono a ruota Sardegna e Puglia (14,8% e 14%). Ma il problema non riguarda solo la fascia costiera dello Stivale dal momento che nel 2013, su tutto il territorio italiano, sono stati calcolati 26 mila nuovi abusi. Si tratta del 13% delle nuove costruzioni: più di una casa su dieci.

 

Fra il 2003 – ultimo anno in cui si poteva presentare domanda di sanatoria – e il 2011, il CRESME (Centro Ricerche Economiche Sociali di Mercato per l’Edilizia e il Territorio) ha censito la cifra record di 258 mila case non autorizzate, per un giro d’affari che supera i 18 miliardi di euro. L’abusivismo crea problemi a cascata: è infatti legato ad esso un ciclo del cemento illegale che gonfia le tasche della criminalità organizzata, spesso con il beneplacito delle amministrazioni locali. Ecco spiegato un motivo per cui due regioni in cui i clan sono piuttosto radicati (Sicilia e Campania) hanno scalato la graduatoria. Ciò significa per l’utente minori spese, che si trasformano però in rischi maggiori: dalla sicurezza dei lavoratori impiegati nel cantiere a quella degli inquilini.

«Una trave in cemento armato ha bisogno di 28 giorni di “riposo” per garantire stabilità  – ha spiegato Mimmo Fontana, architetto e presidente di Legambiente Sicilia – Negli immobili abusivi di solito passano 24-48 ore. Un tempo così breve che l’edificio, prima ancora di avere un problema dinamico, ha un problema di natura statica. È già un miracolo che resti in piedi, figuriamoci se può resistere a un terremoto».

 

Tutti concordi, dunque, nel chiedere una reazione politica forte al dilagare dell’edilizia selvaggia. Ma cosa hanno fatto finora governi ed Enti locali per tamponare questa falla nel sistema di tutela del paesaggio e della sicurezza? Ben poco, a giudicare dal rapporto ambientalista. In media, solo al 10% delle ordinanze di demolizione segue poi l’arrivo delle ruspe. Peggio ancora riesce a fare la città di Napoli, con il 4% (700 su 16 mila). In pratica, chi costruisce abusivamente ha la certezza pressoché totale di farla franca e alla peggio, sistema tutto il governo centrale. Negli ultimi trent’anni sono stati votati tre condoni: 1985, 1994 e 2003. Altri 22 tentativi (falliti) sono stati fatti nel recentissimo passato dai governi Berlusconi, Monti e Letta; l’ultimo, per la verità, è ancora in piedi. Proprio in questi giorni infatti è arrivato alla Camera, già approvato dal Senato, un ddl a firma Ciro Falanga, senatore di Forza Italia, che propone un elenco di priorità degli immobili da abbattere, che le procure dovrebbero osservare. Prima di buttare giù una villetta sulla spiaggia o un albergo fronte mare, il magistrato dovrebbe occuparsi delle case non finite, quelle utilizzate a scopi criminali e quelle di proprietà dei boss mafiosi.

 

Abusivismo edilizio: basta alibi per l'illegalità«Si tratta di un tentativo di complicare il lavoro delle Procure – ha puntato il dito Ermete Realacci, presidente della Commissione ambiente della Camera – Così com’è, però, non verrà mai licenziata dalla Camera: accetto scommesse. Però il segnale è stato dato. Ed è un brutto segnale, che pone il governo dalla parte degli abusivi. Dicono che esiste una grossa fetta di abusivismo di necessità. Questo però è spesso un alibi e qualche volta un dato di realtà».

Per riuscire a sciogliere il nodo, secondo Realacci, è necessario scavalcare gli Enti locali, troppo interessati a non svegliare il can che dorme delle proteste e dei ricorsi: «Bisogna che gli immobili fuori legge diventino patrimonio dello Stato, poi una autorità terza che si occupi di fare una selezione. Vanno demoliti per primi quelli non sicuri dal punto di vista antisismico e quelli che deturpano il paesaggio».

 

Il presidente della Commissione ambiente ha anche depositato una proposta di legge: tempi certi per l’acquisizione (60 giorni), 150 milioni da destinare agli abbattimenti, scioglimento dei Comuni che non adottano il piano di demolizione degli immobili abusivi. Una proposta che, a detta dello stesso firmatario, faticherà a vedere la luce. Stessa cosa per il collegato ambientale alla legge di stabilità, che chiede di dedicare 10 milioni all’abbattimento di immobili nelle zone R4, cioè ad elevato rischio idrogeologico. Il provvedimento, sintetizzato dal segretario tecnico del ministro Orlando, Giuseppe Dodaro, immagina anche un meccanismo di premialità per privati e comuni virtuosi che ripristinano invece di costruire ex novo.

La difficoltà di approvare misure restrittive per chi costruisce illegalmente è stata criticata anche da Enrico Fontana, direttore di Libera, che ha tuonato: «D’accordo, il ddl Falanga non esce dalla Camera, ma il problema è che non esce altro. Non è possibile che il meglio che ci possa capitare è la bocciatura di una legge sbagliata. Quel disegno di legge non va respinto, ma deve essere stravolto».

 

Qualche critica, durante il convegno, è piovuta anche sull’operato della magistratura. Aldo De Chiara, avvocato delle Stato presso la Procura di Salerno, ha sottolineato che «se in alcune regioni come Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna la situazione è peggiore che altrove, qualche responsabilità ce l’hanno anche i magistrati». Lo ha detto rispondendo a Domenico Fiordalisi, procuratore capo di Tempio Pausania, che aveva invitato alla cautela perché «dobbiamo capire che il sequestro dell’immobile è un atto che genera tensioni sociali molto forti. Specialmente quando si fa di tutta l’erba un fascio. Esiste non un abuso di necessità, ma un uso di necessità di certe abitazioni».

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • filiere delle rinnovabili

Decreto FERX, gli stakeholder chiedono più chiarezza e trasparenza

Il Ministero dell'Ambiente pubblica gli esiti della consultazione pubblica sul Decreto Ministeriale FER X, chiusa lo scorso settembre. Dai 46 soggetti partecipanti emerge l'esigenza di conoscere per tempo tutte le informazioni utili alla programmazione degli investimenti nelle rinnovabili. Chiesti chiarimenti sul processo autorizzativo e sulle tempistiche

decreto ferx
Foto di Rabih Shasha su Unsplash

Decreto FERX, nuovi spunti di riflessione

Servono maggiori informazioni sui coefficienti sul prezzo d’aggiudicazione, sui criteri di priorità, sulla documentazione per l’accesso al meccanismo e sulle tipologie di interventi ammessi. In particolare quando si tratta di progetti di “rifacimento” e “potenziamento”. Queste alcune delle principali richieste emerse dalla consultazione pubblica sul Decreto FERX. La scorsa estate il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica aveva pubblicato lo schema del provvedimento per una raccolta di pareri da parte degli stakeholder, con l’obiettivo di condividerne le logiche. Oggi il MASE rende noti gli esiti di tale consultazione puntando i riflettori sugli spunti e le richieste emerse da parte dei 46 soggetti partecipanti. 

Gli esiti della consultazione pubblica

Ricordiamo che il Decreto FERX nasce con lo scopo di definire un meccanismo di supporto espressamente dedicato ad impianti a fonti rinnovabili con costi di generazione vicini alla competitività. Come? Tramite contratti CfD a valere sull’energia elettrica prodotta dagli impianti. Con un accesso diretto per quelli di taglia inferiore al MW, e tramite aste al ribasso per quelli di taglia uguale o superiore al MW. Ed è proprio su queste due modalità che arrivano le prime considerazioni.

Per la maggior parte dei soggetti che hanno risposto alla consultazione, il contingente di 5 GW per gli impianti FER ad accesso diretto non sarebbe sufficiente, soprattutto vista la grande attenzione che stanno ricevendo al livello di investimento i sistemi di piccola taglia.

Per quanto riguarda l’accesso tramite asta, invece, il parere generale condivide i contingenti individuati, che secondo l’ultima bozza pubblicata oggi sarebbero: per il fotovoltaico 45 GW; per l’eolico di 16,5 GW; per l’idroelettrico di 630 MW; per i gas residuati 20 MW. “Tuttavia – si legge nel documento del MASE – congiuntamente alla risposta positiva sono state proposte diverse modifiche (aumento di uno specifico contingente, creazione di nuovo contingente, meccanismi di riallocazione della potenza non assegnata, ridefinizione dei contingenti al fine di favorire lo sviluppo dei PPA, etc.)”. Tra gli spunti emersi c’è la proposta di contingenti separati tra il fotovoltaico a terra e sul tetto.

Proposti nuovi requisiti di accesso e tempistiche

In tema requisiti d’accesso, alcuni soggetti chiedono l’incremento della soglia di potenza per l’accesso diretto, l’aggiunta dei criteri ESG, la reintroduzione del requisito specifico che attesti la capacità finanziaria ed economica di chi partecipa al meccanismo del Decreto FERX.

Con riferimento ai tempi massimi individuati per la realizzazione degli interventi, la consultazione ha evidenziato un forte distaccamento con le aspettative degli operatori. Per quanto detto diversi soggetti propongono per una o più fonti l’innalzamento dei tempi previsti, chiedendo di tenere in considerazione parametri quali, la potenza e/o la tipologia d’intervento, l’ottenimento dei titoli autorizzativi, i tempi di realizzazione della connessione e quelli dovuti agli approvvigionamenti, che sottolineano, potrebbero oltretutto determinare un aumento dei costi, visto anche i meccanismi incentivanti”, si legge ancora nel documento.

Per i tempi di comunicazione della data d’entrata in esercizio dell’impianto, emerge nel complesso l’esigenza di un prolungamento, aggiungendo da più 60 giorni a 12 mesi. Viene anche evidenziata una certa contrarietà all’obbligo per gli operatori di impianti rinnovabili non programmabili che stipula un contratto CfD ad abilitarsi alla fornitura dei servizi di dispacciamento.

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Rinnovabili • batteria ibrida al sodio

Dalla Corea la batteria ibrida al sodio che si ricarica in pochi secondi

Un gruppo di scienziati del KAIST ha sviluppato una batteria a ioni di sodio ad alta energia, ad alta potenza e di lunga durata

batteria ibrida al sodio
Foto di danilo.alvesd su Unsplash

Quando le batteria a ioni sodio incontrato i supercondensatori a ioni sodio

Arriva dalla Corea del Sud la prima batteria ibrida al sodio in grado di battere la tecnologia a ioni di litio a mani basse. Con ottime prestazioni lato di capacità di accumulo, potenza, velocità di carica e durata, come dimostra l’articolo pubblicato sulla rivista scientifica Energy Storage Materials (testo in inglese).

Nel 2020 le batterie a ioni sodio (Na+) hanno raggiunto prestazioni comparabili a quelle degli ioni di litio in termini di capacità e durata del ciclo in condizioni di laboratorio. Da allora il segmento ha continuato a macinare grandi progressi, spinto dall’esigenza globale di trovare una tecnologia di accumulo più economica delle ricaricabili al litio e meno dipendente dalle attuali catene di approvvigionamento dei materiali critici. L’ultimo grande risultato nel campo è quello segnato da un gruppo di scienziati del KAIST, il Korea Advanced Institute of Science and Technology.

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Il team guidato dal professor Jeung Ku Kang del Dipartimento di Scienza e Ingegneria dei Materiali ha messo a punto una batteria ibrida agli ioni di sodio dalle prestazioni eccellenti e in grado di ricaricarsi in pochi secondi. Il segreto? Un’architettura che integra materiali anodici propri delle batterie con catodi adatti ai supercondensatori.

Batteria ibrida al sodio, prestazioni record

In realtà non si tratta di un approccio nuovo. Gli stoccaggi ibridi con Na+ sono emersi negli ultimi anni come una promettente applicazione nel campo dell’energy storage in grado di superare i punti deboli degli accumulatori a ioni di sodio più conosciuti.

Tradizionalmente questo metallo è usato e studiato in due tipi di dispositivi di stoccaggio: batterie e condensatori. Le prime, come spiegato poc’anzi, forniscono oggi una densità di energia relativamente elevata ma sono caratterizzate da una lenta cinetica di ossidoriduzione, che si traduce in una bassa densità di potenza e una scarsa ricaricabilità. I secondi invece hanno un’elevata densità di potenza dovuta all’accumulo di carica tramite rapido adsorbimento di ioni superficiali, ma una densità di energia estremamente bassa.

Tuttavia unire le due tecnologie impiegando catodi di tipo condensatore e degli anodi di tipo batteria, non ha dato subito i risultati sperati. La causa è da ricercare soprattutto nello squilibrio cinetico tra i due tipi di elettrodi.

Nuovi materiali per catodo e anodo

Per arginare il problema il team sudcoreano ha utilizzato sviluppato un nuovo materiale anodico con cinetica migliorata attraverso l’inclusione di materiali attivi fini nel carbonio poroso derivato da strutture metallo-organiche. Inoltre, ha sintetizzato un materiale catodico ad alta capacità e la combinazione dei due ha consentito lo sviluppo di un sistema di accumulo di ioni sodio che ottimizza l’equilibrio e riduce al minimo le disparità nei tassi di accumulo di energia tra gli elettrodi.

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La cella completamente assemblata supera per densità di energia le batterie commerciali agli ioni di litio e presenta le caratteristiche della densità di potenza dei supercondensatori. Nel dettaglio la batteria ibrida al sodio si ricarica rapidamente e raggiunge una densità di energia di 247 Wh/kg e una densità di potenza di 34.748 W/kg. Inoltre gli scienziati hanno registrato una stabilità del ciclo con efficienza Coulombica pari a circa il 100% su 5000 cicli di carica-scarica.

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Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

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L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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