Architettura riciclata, dal Polimi la yurta di vecchi sci

    Il Politecnico di Milano ha trovato il modo per dare una nuova vita ai vecchi sci realizzando yurte di architettura riciclata da inviare in Guinea Bissau

    Architettura riciclata, dal Polimi la yurta di vecchi sci

     

    (Rinnovabili.it) – Ogni anno nell’arco alpino vengono dismesse 1500 tonnellate di sci. Le attrezzature sportive ormai usurate o obsolete sono complesse da riciclare, infatti essendo realizzate con materiali composti hanno bisogno di venire sottoposte ad altissime temperature per venire distrutte. Da oggi forse non sarà più così: uno studio del Politecnico di Milano, che ha collaborato con l’Università di Grenoble e la Scuola edile di Lecco, ha trovato la formula per trasformare i vecchi sci in yurte d’emergenza, dando vita ad uno dei più interessanti esempi italiani di architettura riciclata.

     

    “Le opportunità sono notevoli: immaginare nuovi cicli per ogni genere di materiali specie per quelli difficili da scomporre (come gli sci) vuol dire far parte della natura e rispettarne la ciclicità. Invece che riciclo infatti, chiamerei questo processo “upcycle”, un termine che rispecchia il grado più alto del semplice riciclo, la sua elevazione”, spiega il professore Marco Imperatori, che ha seguito il gruppo di progettazione.

     

    Il progetto milanese di architettura riciclata a base di sci dismessi

    Il progetto “Architecture for refugees, Resilience Shelter Project” è stato sviluppato dai tre tesisti Elisa Mutti, Ilaria Polese e Federico Lumina, sotto la supervisione del professore Marco Imperatori. Dagli studi delle prestazioni meccaniche e delle possibili connessioni tra i vecchi sci è nato il micro rifugio di tre metri quadrati ottenuto assemblando in sole quattro ore gli sci donati dai noleggi della Val Seriana. Questa tensostruttura coperta con un telo impermeabilizzante è stata smontata in mezz’ora, dimostrando la completa reversibilità del progetto di architettura riciclata, immaginato nel totale rispetto dell’ambiente.

    L’illuminazione e la ventilazione naturale sono garantite dal lucernario zenitale, un foro nella parte alta che lascia traspirare la struttura. La costruzione verrà inviata Guinea Bissau ai Padri Missionari Oblati di Maria, per creare una villaggio di yurte in cui alloggeranno i volontari bergamaschi. In questo modo il progetto, nato come sperimentale, troverà una funzione pratica e dopo la fine della missione sarà trasformato in una chiesetta.

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