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L’Europarlamento approva la direttiva sugli edifici intelligenti

I deputati europei approvano l'aggiornamento della direttiva sulla prestazione energetica in edilizia. Ok a strumenti intelligenti per aumentare l'efficienza energetica degli immobili

edifici intelligenti

 

 

Edifici intelligenti al centro della nuova direttiva europea EPDB

(Rinnovabili.it) – Via libera all’aggiornamento della direttiva sulla prestazione energetica in edilizia (EPDB Directive). La plenaria di Strasburgo ha approvato oggi il provvedimento, compiendo uno degli ultimi passi dell’iter legislativo prima dell’ok del Consiglio e la pubblicazione in Gazzetta. Al centro dell’atto pochi ma essenziali temi: si va dagli edifici intelligenti al concetto di NZEB (Nearly Zero-Energy Building), immobili ad alta efficienza, il cui fabbisogno – basso o quasi nullo – dovrebbe essere coperto in misura significativa dalle rinnovabili.

Il testo originale era stato proposto il 30 novembre 2016 dalla Commissione europea all’interno del Pacchetto Energia 2030, con l’obiettivo di rendere più stringente e ambiziosa la vecchia direttiva 2010/31 / UE.  Come? Definendo nuove strategie di ristrutturazione e riqualificazione energetica e inserendo anche la mobilità elettrica tra gli obblighi per i nuovi edifici. A fine dello scorso anno, Parlamento e Consiglio dell’Unione Europea hanno trovato un accordo provvisorio sul testo di compromesso, lo stesso votato oggi in via definitiva dagli eurodeputati.

 

“Il successo della revisione della direttiva – commenta il relatore Bendt Bendtsen (PPE, DK), del Comitato ITRE dell’Europarlamento – è un chiaro segnale che sugli impegni internazionali in materia di clima e sul completamento dell’Unione dell’Energia stiamo facendo sul serio. Gli edifici hanno un ruolo fondamentale a riguardo: abbiamo stabilito una direzione chiara per il miglioramento del parco immobiliare in Europa. Daremo agli investitori la certezza che il rinnovamento energetico è un’area prioritaria per il futuro.”

 

Cosa cambierà con le nuove norme europee sulla prestazione energetica in edilizia?

Uno dei punti fondamentali è la tabella di marcia verso un parco edilizio altamente efficiente e decarbonizzato: la deadline è fissata al 2050 con tappe intermedie per il 2030 e il 2040. Contestualmente, agli Stati membri è chiesto di redigere delle strategie nazionali a lungo termine che sostengano la riqualificazione degli edifici pubblici e privati in linea con la roadmap stabilita dall’UE. A tal fine saranno creati anche degli indicatori misurabili – come il tasso di rinnovamento o il limite massimo di consumo energetico per metro quadrato – che monitorino i progressi degli Stati membri. Tutte le misure effettive saranno interamente a carico dei governi nazionali.

 

Nel concreto la direttiva si concentra sugli edifici intelligenti e sulle strategie per renderli tali. Il provvedimento prevede che tutti i nuovi immobili (e quelli in cui vengono sostituiti gli impianti termici) si dotino di dispositivi automatici in grado di regolare i livelli di temperatura, anche a livello di singole stanze, inasprendo i controlli. Per raggiungere l’obiettivo di edifici a energia quasi zero o NZEB, la direttiva EPDB incoraggia soprattutto l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) e quelle smart proprie del comparto domotico. A tal fine il testo introduce quello che è stato battezzato con il nome di “indicatore d’intelligenza”: si tratta di strumento – che l’esecutivo europeo dovrà mettere a punto entro la fine del 2019, in grado di misurare la capacità delle abitazioni di migliorare la propria operatività e interazione con la rete, adattando il consumo energetico alle esigenze reali degli abitanti.

 

Arriva inoltre l’obbligo di realizzare almeno un punto di ricarica per le auto elettriche e l’infrastruttura di pre-cablaggio negli edifici, nuovi o ristrutturati, con più di dieci posti auto. Si chiede inoltre alla Commissione di riesaminare il funzionamento dell’intera direttiva entro il 1 ° gennaio 2026. Una volta pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione, entrerà in vigore dopo 20 giorni e gli Stati membri dovranno recepire i nuovi elementi nella legislazione nazionale in 18 mesi.

 

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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