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eVolo 2012: uno sguardo creativo sul futuro

Sostenibilità, innovazione e visioni futuristiche nei progetti per il concorso eVolo 2012. I vincitori: una torre per lo stoccaggio dell'acqua sull'Himalaya, un grattacielo in una montagna ed una Torre discarica.

I vincitori dell’atteso concorso organizzato dal Magazine eVolo, Skyscraper 2012, sono finalmente stati annunciati. Anche quest’anno premiata i giovani talenti, autori di idee creative che sappiano cambiare il nostro modo di intendere l’architettura valorizzando l’innovazione tecnologica, la flessibilità, i nuovi materiali, la sostenibilità ed i contenuti digitali.

La rinomata giuria, composta da importanti personaggi del panorama architettonico internazionale, ha avuto l’onore e l’onere di visionare 714 progetti provenienti rispettivamente da 95 diversi Paesi, per eleggere 3 vincitori ufficiali e 22 menzioni d’onore.

Primo classificato il progetto “Himalaya Water Tower”, del team cinese composto da Zhi Zheng, Hongchuan Zhao and Dongbai Song, e la loro proposta per una serie di super-grattacieli posizionati lungo questa catena montuosa, con lo scopo di raccogliere l’acqua piovana, immagazzinarla, purificarla, congelarla e renderla disponibile per utilizzi futuri.

Al secondo posto si è collocato invece il progetto “Mountain Band-Air”, di Yiting Shen, Nanjue Wang, Ji Xia, e Zihan Wang, destinato alle popolazioni profughe della catena dello Yunnan, con lo scopo di ripristinare l’antico splendore ambientale della catena montuosa restituendo loro un luogo dove abitare.

Terzo progetto classificato il “Vertical Landfill”, di Lin Yu-Ta, il progetto per un grattacielo-discarica, collocabile in qualsiasi grande metropoli con un duplice significato: come monito per la quantità oltraggiosa di rifiuti prodotti e come centrale elettrica per la produzione di energia dagli scarti.

Tra le numerose menzioni d’onore moltissimi progetti dedicati alla sostenibilità dell’abitare subacqueo e alle città galleggianti, nonchè agli edifici temporanei per le più svariate esigenze abitative del futuro.

Himalaya Water Tower

Collocato lungo i 55.000 ghiacciai della catena Himalayana, questo super grattacielo permetterebbe di preservare l’enorme quantità d’acqua dolce presente nella regione. A causa del surriscaldamento globale, le immense lastre di ghiaccio si stanno velocemente assottigliando, causando profondi sconvolgimenti a livello globale e permanenti danni ai villaggi ed alle città limitrofe in un’alternanza di periodi di siccità ed inondazioni.

La soluzione proposta è un grattacielo situato nel punto più alto della catena montuosa dotato della strumentazione necessaria per immagazzinare l’acqua piovana durante le stagioni dei monsoni, evitando così di disperderla al suolo e prevenendo le inondazioni, purificarla e congelarla come acqua potabile per riutilizzarla nei periodi di siccità.

L’Himalaya Water Tower si evolverebbe nel tempo in base alle esigenze degli abitanti, sfruttando la base del grattacielo come bacino di raccolta e le torri superiori per lo stoccaggio dell’acqua ghiacciata.

L’intricata rete di collegamenti che permetterebbe di trasportare l’acqua immagazzinata fino ai villaggi, comprenderebbe un sistema di trasporto ferroviario per le persone e le merci, trovano una soluzione sostenibile anche in tema di mobilità.

Mountain Band-Aid

Il progetto è stato pensato per affrontare l’atavico problema del devastante processo di distruzione degli ambienti naturali per cause umane, dovuto principalmente al fenomeno dell’industrializzazione. L’insediamento è immaginato per la regione cinese dello Yunnan, una catena montuosa ricca di minerali e di conseguenza da troppo tempo perforata dall’azione umana con numerose miniere, che nel corso degli anni hanno costretto le numerose popolazioni della zona a spostarsi, trasformandosi da popolo stanziale a profughi.

In una sola struttura un duplice scopo: la riappropriazione del territorio da parte dell’antico popolo Hmong abitante della zona, senza danneggiare ulteriormente il paesaggio con  l’azione dell’uomo. La struttura si presenta come una grande costruzione estesa in larghezza ed adagiata lungo il fianco della montagna, destinata ad accogliere al suo interno gli sfollati della regione ricreando una sorta di villaggio e riproducendo esternamente l’ambiente naturale. La visionaria figura del grattacielo Mountain Band-Air, si sviluppa secondo un sistema a terrazzamenti, liberamente occupati da percorsi, abitazioni, luoghi di culto ed attività commerciali, destinando una vasta porzione di superficie per la coltivazione e l’agricoltura. Un ingegnoso sistema di recupero dell’acqua piovana e riciclo delle acque grigie, permette agli abitanti di risparmiare la risorsa idrica: un elemento di fondamentale importanza sia per l’irrigazione dei campi, che per lo sviluppo sano della vegetazione naturale che ricopre l’immenso grattacielo.

Vertical Landfill: Monumento alla civiltà

Forse il più alternativo tra i tre progetti vincitori, il Monumento alla civiltà è stato ideato con il preciso intento di sconvolgere l’osservatore, stimolando l’attenzione pubblica sul grave problema dell’inmmenso numero di rifiuti da noi prodotti quotidianamente. In questo caso la struttura si presenta come un’altissima torre fatta letteralmente di scarti, e riproducibile in serie per qualsiasi metropoli del mondo, costruita utilizzando i rifiuti degli stessi abitanti.

Lo stesso designer afferma che “come i grattacieli sono pensati per stupire, il Monumento alla Cività è pensato per sconvolgere. In una città come New York per esempi, riutilizzando l’intera spazzatura annuale prodotta dai suoi abitanti, potrebbo ottenere una torre/discarica alta più di 1.300 metri, tre volte più alto dell’Empire State Building”.

Ovviamente oltre al messaggio trasmesso, il grattacielo vorrebbe fornire anche una risposta al problema, trasformandosi in una centrale per la produzione energetica: sfruttando l’immensa quantità di rifiuti contenuta al suo interno ed il naturale fenomeno della composizione, si potrebbe generare l’energia necessaria ad alimentare il quartiere limitrofo, senza costi aggiuntivi e senza spese di trasporto.

“La crescita in altezza del Monumento, potrebbe servire ai cittadini come monito per aumentare la raccolta differenziata, diminuendo gli sprechi – afferma il progettista – si trasformerebbe in una “Earth-Friendliness Meter”, una Torre per misurare il livello di ecologia dei cittadini. Più bassa è la torre più Ecofriendly è la città, con meno rifiuti e più raccolta differenziata. Potrebbe invertire la rotta abituale della competizione metropolitana mondiale del mondo delle costruzioni, passando dalla battaglia per la realizzazione dell’edificio più alto a quello più basso”.


Le menzioni d’onore

Tra le moltissime menzioni d’onore troviamo la proposta per un immenso complesso subacqueo il “Plastic Fish Tower”, disegnato da un team della Corea del Sud, che propone una soluzione al gravissimo problema della tristemante famosa Great Pacific Garbage Patch (GPGP), l’isola di rifiuti galleggiante nell’Oceano pacifico. I progettisti immaginano una grande sfera sottomarina, in grado di raccogliere i milioni di tonnellate di plastica e rifiuti concentrati in questa zona, per poi trattarli e riciclarli, salvando l’ecosistema marino.

Rientrando in Europa, troviamo la proposta di un team rumeno per un grattacielo antinquinamento, il Coal Power Plant Mutation. E’ immaginato come una struttura sospesa, da collocare sopra alle attuali centrali a combustibili fossili, nel tentativo di contenere i livelli di dispersioni nocive nell’aria, fino alla loro completa sostituzione con le fonti rinnovabili. Dall’aspetto piuttosto alieno, il”grattacielo” sarebbe dotato di numerosi strati per la purificazione dei fumi nocivi delle fabbriche, fino alla loro completa trasformazione in aria pulita.

Tra gli altri progetti menzionati si trovano insediamenti volanti per liberare le metropoli dalla congestione e restituirle al verde, città sostenibili galleggianti sugli Oceani immerse nel verde ed alimentate esclusivamente da fonti rinnovabili o grattacieli componibili formati da moduli abitabili a zero emissioni e ricchi di verde.

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About Author / Alessia Bardi

Si è laureata al Politecnico di Milano inaugurando il primo corso di Architettura Ambientale della Facoltà. L’interesse verso la sostenibilità in tutte le sue forme è poi proseguito portandola per la tesi fino in India, Uganda e Galizia. Parallelamente alla carriera di Architetto ha avuto l’opportunità di collaborare con il quotidiano Rinnovabili.it scrivendo proprio di ciò che più l’appassiona. Una collaborazione che dura tutt’oggi come coordinatrice delle sezioni Greenbuilding e Smart City. Portando avanti la sua passione per l’arte, l’innovazione ed il disegno ha inoltre collaborato con un team creativo realizzando una linea di gioielli stampati in 3D.


Rinnovabili • filiere delle rinnovabili

Decreto FERX, gli stakeholder chiedono più chiarezza e trasparenza

Il Ministero dell'Ambiente pubblica gli esiti della consultazione pubblica sul Decreto Ministeriale FER X, chiusa lo scorso settembre. Dai 46 soggetti partecipanti emerge l'esigenza di conoscere per tempo tutte le informazioni utili alla programmazione degli investimenti nelle rinnovabili. Chiesti chiarimenti sul processo autorizzativo e sulle tempistiche

decreto ferx
Foto di Rabih Shasha su Unsplash

Decreto FERX, nuovi spunti di riflessione

Servono maggiori informazioni sui coefficienti sul prezzo d’aggiudicazione, sui criteri di priorità, sulla documentazione per l’accesso al meccanismo e sulle tipologie di interventi ammessi. In particolare quando si tratta di progetti di “rifacimento” e “potenziamento”. Queste alcune delle principali richieste emerse dalla consultazione pubblica sul Decreto FERX. La scorsa estate il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica aveva pubblicato lo schema del provvedimento per una raccolta di pareri da parte degli stakeholder, con l’obiettivo di condividerne le logiche. Oggi il MASE rende noti gli esiti di tale consultazione puntando i riflettori sugli spunti e le richieste emerse da parte dei 46 soggetti partecipanti. 

Gli esiti della consultazione pubblica

Ricordiamo che il Decreto FERX nasce con lo scopo di definire un meccanismo di supporto espressamente dedicato ad impianti a fonti rinnovabili con costi di generazione vicini alla competitività. Come? Tramite contratti CfD a valere sull’energia elettrica prodotta dagli impianti. Con un accesso diretto per quelli di taglia inferiore al MW, e tramite aste al ribasso per quelli di taglia uguale o superiore al MW. Ed è proprio su queste due modalità che arrivano le prime considerazioni.

Per la maggior parte dei soggetti che hanno risposto alla consultazione, il contingente di 5 GW per gli impianti FER ad accesso diretto non sarebbe sufficiente, soprattutto vista la grande attenzione che stanno ricevendo al livello di investimento i sistemi di piccola taglia.

Per quanto riguarda l’accesso tramite asta, invece, il parere generale condivide i contingenti individuati, che secondo l’ultima bozza pubblicata oggi sarebbero: per il fotovoltaico 45 GW; per l’eolico di 16,5 GW; per l’idroelettrico di 630 MW; per i gas residuati 20 MW. “Tuttavia – si legge nel documento del MASE – congiuntamente alla risposta positiva sono state proposte diverse modifiche (aumento di uno specifico contingente, creazione di nuovo contingente, meccanismi di riallocazione della potenza non assegnata, ridefinizione dei contingenti al fine di favorire lo sviluppo dei PPA, etc.)”. Tra gli spunti emersi c’è la proposta di contingenti separati tra il fotovoltaico a terra e sul tetto.

Proposti nuovi requisiti di accesso e tempistiche

In tema requisiti d’accesso, alcuni soggetti chiedono l’incremento della soglia di potenza per l’accesso diretto, l’aggiunta dei criteri ESG, la reintroduzione del requisito specifico che attesti la capacità finanziaria ed economica di chi partecipa al meccanismo del Decreto FERX.

Con riferimento ai tempi massimi individuati per la realizzazione degli interventi, la consultazione ha evidenziato un forte distaccamento con le aspettative degli operatori. Per quanto detto diversi soggetti propongono per una o più fonti l’innalzamento dei tempi previsti, chiedendo di tenere in considerazione parametri quali, la potenza e/o la tipologia d’intervento, l’ottenimento dei titoli autorizzativi, i tempi di realizzazione della connessione e quelli dovuti agli approvvigionamenti, che sottolineano, potrebbero oltretutto determinare un aumento dei costi, visto anche i meccanismi incentivanti”, si legge ancora nel documento.

Per i tempi di comunicazione della data d’entrata in esercizio dell’impianto, emerge nel complesso l’esigenza di un prolungamento, aggiungendo da più 60 giorni a 12 mesi. Viene anche evidenziata una certa contrarietà all’obbligo per gli operatori di impianti rinnovabili non programmabili che stipula un contratto CfD ad abilitarsi alla fornitura dei servizi di dispacciamento.

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Rinnovabili • batteria ibrida al sodio

Dalla Corea la batteria ibrida al sodio che si ricarica in pochi secondi

Un gruppo di scienziati del KAIST ha sviluppato una batteria a ioni di sodio ad alta energia, ad alta potenza e di lunga durata

batteria ibrida al sodio
Foto di danilo.alvesd su Unsplash

Quando le batteria a ioni sodio incontrato i supercondensatori a ioni sodio

Arriva dalla Corea del Sud la prima batteria ibrida al sodio in grado di battere la tecnologia a ioni di litio a mani basse. Con ottime prestazioni lato di capacità di accumulo, potenza, velocità di carica e durata, come dimostra l’articolo pubblicato sulla rivista scientifica Energy Storage Materials (testo in inglese).

Nel 2020 le batterie a ioni sodio (Na+) hanno raggiunto prestazioni comparabili a quelle degli ioni di litio in termini di capacità e durata del ciclo in condizioni di laboratorio. Da allora il segmento ha continuato a macinare grandi progressi, spinto dall’esigenza globale di trovare una tecnologia di accumulo più economica delle ricaricabili al litio e meno dipendente dalle attuali catene di approvvigionamento dei materiali critici. L’ultimo grande risultato nel campo è quello segnato da un gruppo di scienziati del KAIST, il Korea Advanced Institute of Science and Technology.

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Il team guidato dal professor Jeung Ku Kang del Dipartimento di Scienza e Ingegneria dei Materiali ha messo a punto una batteria ibrida agli ioni di sodio dalle prestazioni eccellenti e in grado di ricaricarsi in pochi secondi. Il segreto? Un’architettura che integra materiali anodici propri delle batterie con catodi adatti ai supercondensatori.

Batteria ibrida al sodio, prestazioni record

In realtà non si tratta di un approccio nuovo. Gli stoccaggi ibridi con Na+ sono emersi negli ultimi anni come una promettente applicazione nel campo dell’energy storage in grado di superare i punti deboli degli accumulatori a ioni di sodio più conosciuti.

Tradizionalmente questo metallo è usato e studiato in due tipi di dispositivi di stoccaggio: batterie e condensatori. Le prime, come spiegato poc’anzi, forniscono oggi una densità di energia relativamente elevata ma sono caratterizzate da una lenta cinetica di ossidoriduzione, che si traduce in una bassa densità di potenza e una scarsa ricaricabilità. I secondi invece hanno un’elevata densità di potenza dovuta all’accumulo di carica tramite rapido adsorbimento di ioni superficiali, ma una densità di energia estremamente bassa.

Tuttavia unire le due tecnologie impiegando catodi di tipo condensatore e degli anodi di tipo batteria, non ha dato subito i risultati sperati. La causa è da ricercare soprattutto nello squilibrio cinetico tra i due tipi di elettrodi.

Nuovi materiali per catodo e anodo

Per arginare il problema il team sudcoreano ha utilizzato sviluppato un nuovo materiale anodico con cinetica migliorata attraverso l’inclusione di materiali attivi fini nel carbonio poroso derivato da strutture metallo-organiche. Inoltre, ha sintetizzato un materiale catodico ad alta capacità e la combinazione dei due ha consentito lo sviluppo di un sistema di accumulo di ioni sodio che ottimizza l’equilibrio e riduce al minimo le disparità nei tassi di accumulo di energia tra gli elettrodi.

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La cella completamente assemblata supera per densità di energia le batterie commerciali agli ioni di litio e presenta le caratteristiche della densità di potenza dei supercondensatori. Nel dettaglio la batteria ibrida al sodio si ricarica rapidamente e raggiunge una densità di energia di 247 Wh/kg e una densità di potenza di 34.748 W/kg. Inoltre gli scienziati hanno registrato una stabilità del ciclo con efficienza Coulombica pari a circa il 100% su 5000 cicli di carica-scarica.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

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L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.