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L’Odissea senza fine della Lottizzazione Nathan di Tivoli

Trent’anni di battaglie burocratiche inconcluse per la famosa Lottizzazione Nathan, il complesso privato previsto in prossimità di Villa Adriana a Tivoli. La parola ai costruttori del Gruppo Impreme di Mezzaroma

Villa Adriana e la Lottizzazione Nathan(Rinnovabili.it) – “Il paradosso del rispetto delle regole”, così Barbara Mezzaroma, AD del Gruppo Impreme, ha riassunto l’odissea dell’ormai famosa Lottizzazione Nathan di Tivoli, in occasione della conferenza stampa indetta per mettere finalmente in chiaro la trentennale vicenda.

 

Per la precisione sono trentatre anni,  dal lontano 1981, che le aree limitrofe alla meravigliosa e  storica Villa Adriana di Tivoli non trovano pace, tra continui rinvii burocratici, macchinazioni politiche ed azioni giudiziarie. Il contenzioso riguarda l’edificazione di un complesso privato collocato a 800 metri dalla Villa ed approvato dal Piano di Lottizzazione del Comune di Tivoli nei primi anni ’80, con una cubatura di circa 233.000 mc.

 

Barbara Mezzaroma e l'arch. Paolo Péortoghesi in occasione della conferenza stampaCOMPORTAMENTO ILLEGITTIMO – Dopo le prime autorizzazioni rilasciate dal Comune, il progetto per la “Lottizzazione Nathan” è passato al vaglio della Regionale, del Ministero dei Beni Culturali, della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio, della Provincia di Roma, subendo diverse trasformazioni in variante e culminando nel 2006 con una sentenza del Consiglio di Stato che ha riconosciuto nella condotta dell’Amministrazione Comunale un “comportamento illegittimo” nei confronti di una “lottizzazione approvata”.

Nel frattempo nel 1999 Villa Adriana venne iscritta nel patrimonio mondiale dell’UNESCO aprendo un ulteriore dibattito sulla cosiddetta Buffer Zone, la “zona cuscinetto” appositamente creata dall’Unesco stessa per tutelare l’area limitrofa ai siti iscritti nell’Heritage List, all’interno della quale ricade la Lottizzazione Nathan.

 

Villa Adriana a TivoliIL PROBLEMA DELLA BUFFER ZONE – A questo punto la situazione si complica coinvolgendo nel dibattito anche WWF ed Italia Nostra che presentarono rispettivamente due esposti in merito alla presunta violazione della Buffer Zone, accusa dalla quale il Gruppo Impreme si difese sottolineando come le prescrizioni dell’Unesco in merito alle “zone cuscinetto” siano indicative ma non vincolanti non prevedendo un raggio preciso entro il quale l’edificazione è effettivamente vietata. Questo contenzioso ha attirato l’attenzione dell’Unesco che ha richiesto al Ministero dei Beni Culturali un chiarimento in merito all’argomento, minacciando la cancellazione del sito archeologico di Tivoli dalla Heritage List.

 Dovendosi confrontare con un sito di valore storico come quello di Villa Adriana è chiaro dunque che ogni tipo di decisione risulta tutt’altro che facile da affrontare, prevedendo una convivenza difficile di indubbio impatto, tuttavia è necessario sottolineare come ad oggi nessun mattone della ‘Residentia Tibur’, il progetto del Gruppo Impreme per la Lottizzazione Nathan, sia stato posato completando però tutte le opere di urbanizzazione a servizio della città di Tivoli.

 

IL PARADOSSO DEL RISPETTO DELLE REGOLE – Il problema è che nel frattempo all’interno della stessa Buffer Zone sono sorte innumerevoli costruzioni più o meno autorizzate dal Comune e con un notevole impatto sul contesto, sfiorando addirittura la possibilità di convertire una porzione di quest’area a pochi chilometri da Villa Adriana, in una delle nuove discariche per Roma (discarica di Corcolle).

 

“Il paradosso – ha sottolineato Barbara Mezzaroma – è che in tutti questi anni, pur in presenza di un diritto acquisito, il nostro gruppo non ha posato nemmeno un mattone, si è attenuto scrupolosamente a tutte le indicazioni delle autorità coinvolte e attende il via libera per iniziare lavori di un progetto che negli anni è stato molto modificato, non solo per ridurre al minimo l’impatto sul territorio, ma soprattutto per riqualificare una zona negli ultimi anni letteralmente deturpata. Noi, però, siamo accusati di essere i ‘cementificatori’! Nel frattempo all’interno della cosiddetta Buffer Zone, attorno a Villa Adriana sono sorte costruzioni di ogni tipo, molto più a ridosso del monumento rispetto a dove sorgeranno le nostre residenze“.

 

Villa Adriana e la Lottizzazione Nathan - l'arch. Polo Portoghesi illustra il progettoL’ULTIMA VARIANTE AL PROGETTO – Diverse sono state le varianti di progetto che hanno decisamente ridimensionato le volumetrie previste per la ‘Residentia Tibur’ nella Lottizzazione Nathan, allontanandole da Villa Adriana e coinvolgendo direttamente anche l’architetto di fama internazionale Paolo Portoghesi che, illustrando personalmente alla stampa il nuovo progetto, ha sottolineato come l’obiettivo sia  “stato fin da principio la correzione del margine dell’insediamento che si attesta su via Galli, un insediamento misto di costruzioni industriali e di unità residenziali che si presenta alla vista in modo disordinato, offrendo ai visitatori di Villa Adriana un’immagine degradata e confusa della città di Tivoli. Rispetto al progetto precedente, peraltro, sono state sensibilmente diminuite la cubatura e l’altezza massima degli edifici, che ora non supera quella dell’antico casale presente nella zona. I diversi corpi di fabbrica sono stati inoltre trasformati da rettilinei in circolari, per rendere il nuovo margine più complesso e variato e rispettare, in qualche modo, la morfologia curvilinea di Villa Adriana”.

 

Dai 233.000 mc previsti dalle prime proposte si è arrivati oggi a circa 191.000 mc suddivisi in due fase costruttive, abbassando di un piano i blocchi residenziali. Il nuovo progetto prevede inoltre la realizzazione di un Belvedere orientato in direzione del sito storico e la creazione di alcune nuove vie d’accesso a Villa Adriana che andranno a potenziale le infrastrutture esistenti.

La trentennale vicenda della Lottizzazione Nathan si presta ad innumerevoli interpretazioni; uno degli errori dei costruttori del Gruppo Impreme è sicuramente stato quello di non intraprendere da subito un dialogo aperto con i media, come sottolineato anche da Barbara Mezzaroma in occasione della conferenza. 

A separare la Lottizzazione Nathan dall’avvio dei lavori, rimane oggi solo l’attesa del rilascio del Permesso di Costruire da parte del Comune, il cui esito positivo o negativo è tristemente ed unicamente legato alle imminenti elezioni comunali.

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About Author / Alessia Bardi

Si è laureata al Politecnico di Milano inaugurando il primo corso di Architettura Ambientale della Facoltà. L’interesse verso la sostenibilità in tutte le sue forme è poi proseguito portandola per la tesi fino in India, Uganda e Galizia. Parallelamente alla carriera di Architetto ha avuto l’opportunità di collaborare con il quotidiano Rinnovabili.it scrivendo proprio di ciò che più l’appassiona. Una collaborazione che dura tutt’oggi come coordinatrice delle sezioni Greenbuilding e Smart City. Portando avanti la sua passione per l’arte, l’innovazione ed il disegno ha inoltre collaborato con un team creativo realizzando una linea di gioielli stampati in 3D.


Rinnovabili • Batterie al sodio allo stato solido

Batterie al sodio allo stato solido, verso la produzione di massa

Grazie ad un nuovo processo sintetico è stato creato un elettrolita di solfuro solido dotato della più alta conduttività per gli ioni di sodio più alta mai registrata. Circa 10 volte superiore a quella richiesta per l'uso pratico

Batterie al sodio allo stato solido
via Depositphotos

Batterie al Sodio allo Stato Solido più facili da Produrre

La batterie allo stato solido incarnano a tutti gli effetti il nuovo mega trend dell’accumulo elettrochimico. E mentre diverse aziende automobilistiche tentano di applicare questa tecnologia agli ioni di litio, c’è chi sta percorrendo strade parallele. É il caso di alcuni ingegneri dell’Università Metropolitana di Osaka, in Giappone. Qui i professori Osaka Atsushi Sakuda e Akitoshi Hayash hanno guidato un gruppo di ricerca nella realizzazione di batterie al sodio allo stato solido attraverso un innovativo processo di sintesi.

Batterie a Ioni Sodio, nuova Frontiera dell’Accumulo

Le batterie al sodio (conosciute erroneamente anche come batterie al sale) hanno conquistato negli ultimi anni parecchia attenzione da parte del mondo scientifico e industriale. L’abbondanza e la facilità di reperimento di questo metallo alcalino ne fanno un concorrente di primo livello dei confronti del litio. Inoltre l’impegno costante sul fronte delle prestazioni sta portando al superamento di alcuni svantaggi intrinseci, come la minore capacità. L’ultimo traguardo raggiunto in questo campo appartiene ad una ricerca cinese che ha realizzato un unità senza anodo con una densità di energia superiore ai 200 Wh/kg.

Integrare questa tecnologia con l’impiego di elettroliti solidi potrebbe teoricamente dare un’ulteriore boost alla densità energetica e migliorare i cicli di carica-scarica (nota dolente per le tradizionali batterie agli ioni di sodio). Quale elettrolita impiegare in questo caso? Quelli di solfuro rappresentano una scelta interessante grazie alla loro elevata conduttività ionica e lavorabilità. Peccato che la sintesi degli elettroliti solforati non sia così semplice e controllabile. Il che si traduce in un’elevata barriera per la produzione commerciale delle batterie al sodio allo stato solido.

Un Flusso di Polisolfuro reattivo

É qui che si inserisce il lavoro del team di Sakuda a Hayash. Gli ingegneri hanno messo a punto un processo sintetico che impiega sali fusi di polisolfuro reattivo per sviluppare elettroliti solidi solforati. Nel dettaglio utilizzando il flusso di polisolfuro Na2Sx come reagente stechiometrico, i ricercatori hanno sintetizzato due elettroliti di solfuri di sodio dalle caratteristiche distintive, uno dotato della conduttività degli ioni di sodio più alta al mondo (circa 10 volte superiore a quella richiesta per l’uso pratico) e uno vetroso con elevata resistenza alla riduzione.

Questo processo è utile per la produzione di quasi tutti i materiali solforati contenenti sodio, compresi elettroliti solidi e materiali attivi per elettrodi“, ha affermato il professor Sakuda. “Inoltre, rispetto ai metodi convenzionali, rende più semplice ottenere composti che mostrano prestazioni più elevate, quindi crediamo che diventerà una metodologia mainstream per il futuro sviluppo di materiali per batterie al sodio completamente allo stato solido“.  I risultati sono stati pubblicati su Energy Storage Materials and Inorganic Chemistry .

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.


Rinnovabili • fotovoltaico materiale quantistico

Fotovoltaico, ecco il materiale quantistico con un’efficienza del 190%

Un gruppo di scienziati della Lehigh University ha sviluppato un materiale dotato di una efficienza quantistica esterna di 90 punti percentuali sopra quella delle celle solari tradizionali

fotovoltaico materiale quantistico
via Depositphotos

Nuovo materiale quantistico con un assorbimento solare medio dell’80%

Atomi di rame inseriti tra strati bidimensionali di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. Questa la ricetta messa a punto dai fisici Srihari Kastuar e Chinedu Ekuma nei laboratori della Lehigh University, negli Stati Uniti, per dare una svecchiata alla prestazioni delle celle solari. Il duo di ricercatori ha così creato un nuovo materiale quantistico dalle interessanti proprietà fotovoltaiche. Impiegato come strato attivo in una cella prototipo, infatti, il nuovo materiale ha mostrato un assorbimento solare medio dell’80%, un alto tasso di generazione di portatori fotoeccitati e un’efficienza quantistica esterna (EQE) record del 190%. Secondo gli scienziati il risultato raggiunto supera di gran lunga il limite teorico di efficienza di Shockley-Queisser per i materiali a base di silicio e spinge il campo dei materiali quantistici per il fotovoltaico a nuovi livelli. 

leggi anche Fotovoltaico in perovskite, i punti quantici raggiungono un’efficienza record

L’efficienza quantistica esterna

Tocca fare una precisazione. L’efficienza quantistica esterna non va confusa con l’efficienza di conversione, il dato più celebre quando si parla di prestazioni solari. L’EQE rappresenta il rapporto tra il numero di elettroni che danno luogo a una corrente in un circuito esterno e il numero di fotoni incidenti ad una precisa lunghezza d’onda

Nelle celle solari tradizionali, l’EQE massimo è del 100%, tuttavia negli ultimi anni alcuni materiali e configurazioni avanzate hanno dimostrato la capacità di generare e raccogliere più di un elettrone da ogni fotone ad alta energia incidente, per un efficienza quantistica esterna superiore al 100%. Il risultato di Kastua e Ekuma, però, rappresenta un unicum nel settore.

Celle solari a banda intermedia

Per il loro lavoro due fisici sono partiti da un campo particolare della ricerca fotovoltaica. Parliamo delle celle solari a banda intermedia (IBSC – Intermediate Band Solar Cells), una tecnologia emergente che ha il potenziale per rivoluzionare la produzione di energia pulita. In questi sistemi la radiazione solare può eccitare i portatori dalla banda di valenza a quella di conduzione, oltre che direttamente, anche in maniera graduale. Come?  “Passando” per l’appunto attraverso stati di una banda intermedia, livelli energetici specifici posizionati all’interno della struttura elettronica di un materiale creato ad hoc. “Ciò consente a un singolo fotone di provocare generazioni multiple di eccitoni attraverso un processo di assorbimento in due fasi“, scrivono i due ricercatori sulla rivista Science Advances.

Nel nuovo materiale quantistico creato dagli scienziati della Lehigh University questi stati hanno livelli di energia all’interno dei gap di sottobanda ideali. Una volta testato all’interno di una cella fotovoltaica prototipale il materiale ha mostrato di poter migliorare l’assorbimento e la generazione di portatori nella gamma dello spettro dal vicino infrarosso alla luce visibile. 

La rivoluzione dei materiali quantistici

Il duo ha sviluppato il nuovo materiale sfruttando i “gap di van der Waals”, spazi atomicamente piccoli tra materiali bidimensionali stratificati. Questi spazi possono confinare molecole o ioni e gli scienziati dei materiali li usano comunemente per inserire, o “intercalare”, altri elementi per ottimizzare le proprietà dei materiali. Per la precisione hanno inserito atomi di rame tra strati di seleniuro di germanio e solfuro di stagno. “Rappresenta un candidato promettente per lo sviluppo di celle solari ad alta efficienza di prossima generazione – ha sottolineato Ekuma – che svolgeranno un ruolo cruciale nell’affrontare il fabbisogno energetico globale“.

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About Author / Stefania Del Bianco

Giornalista scientifica. Da sempre appassionata di hi-tech e innovazione energetica, ha iniziato a collaborare alla testata fin dalle prime fasi progettuali, profilando le aziende di settore. Nel 2008 è entrata a far parte del team di redattori e nel 2011 è diventata coordinatrice di redazione. Negli anni ha curato anche la comunicazione e l'ufficio stampa di Rinnovabili.it. Oggi è Caporedattrice del quotidiano e, tra le altre cose, si occupa quotidianamente delle novità sulle rinnovabili, delle politiche energetiche e delle tematiche legate a tecnologie e mercato.